Vite ritrovate

Pubblicato il 14-01-2015

di Redazione Sermig

a cura della redazione - La crisi e le nuove povertà. Due storie di rinascita...

Nives

Mi chiamo Nives ho 70 anni sono residente a Torino dal 1942, sono di origine calabrese. Tutto ciò che scrivo è vero, perché le bugie saltano fuori. Ho vissuto la mia vita onestamente. Sono stata impiegata amministrativa e campionessa di dattilografia. Ora sono pensionata. Abitavo in un bellissimo alloggio. Ero felice, fino a quando non arrivò la brutta notizia: dovevo lasciare l’alloggio e trovarne un altro per sfratto. Iniziai a cercare casa, un piccolo affitto sarei stata in grado di pagarlo, ma la mia pensione non mi consentiva di pagare le spese di inizio di una nuova locazione: caparra, mensilità anticipate. L’assistente sociale mi ha spiegato che il servizio non poteva aiutarmi perché la mia pensione risultava troppo alta. Non volevo recare disturbo a nessuno e così per dormire ho iniziato ad andare nelle pensioni arrivando a spendere tutto ciò che avevo solo per la notte e una piccola colazione. Pur saltando la cena e mangiando a pranzo un po’ di pane non riuscivo ad arrivare alla fine del mese. Così ho iniziato a dormire al pronto soccorso. Se trovavo un portone aperto salivo, senza farmi sentire, sino all’ultimo piano sedendomi sui gradini, sino alle cinque del mattino. Troppe volte ho trattenuto il solito bisogno per ore, per poi andare in qualche giardino a liberarmi, come fanno i cani. Però portavo sempre con me sacchetti di plastica e giornali: non ho mai lasciato sporco! Ho avuto freddo, tanto male alla schiena. Durante il giorno mi rifugiavo in qualche chiesa per ore, per i bisogni corporali dovevo entrare nei bar, ordinare qualcosa e andare in bagno.

Una delle tante mattine ero seduta su una panchina ai giardini, si è avvicinata a me una signora, mi ha guardato e mi ha detto: “Posso sedermi?”. Le ho risposto: “Certo, la panchina è di tutti”. Iniziò a parlare, mi raccontò di sé delle difficoltà che stava incontrando a casa con i figli e allora anche io mi sentii di parlarle di me. Dopo mesi è stata la prima persona con cui ho dialogato. È questa signora che mi ha accompagnato all’Arsenale della Pace.

Per qualche mese ho abitato al Sermig e grazie all’ospitalità ho potuto risparmiare quanto mi serviva per far fronte alle spese di inizio affitto di un alloggio. Con la casa, con la piccola pensione che ho, mi sento di nuovo una persona che ha la sua dignità.

Emilia

Mi sono sposata molto giovane e ho avuto subito una bambina che è il mio orgoglio. Purtroppo quando mia figlia aveva sei anni mio marito è mancato. Ho sempre lavorato in varie aziende come operaia, poi ho fatto il corriere. Il lavoro non mi è mai mancato. Circa un anno e mezzo fa mi sono ritrovata senza lavoro. Non volevo assolutamente che mia figlia sapesse che mi trovavo in difficoltà. Per mia figlia sono sempre stata un punto di forza, un appoggio sicuro.

Ho incominciato a capire che non avrei potuto più sostenere un affitto. La proprietaria dell’alloggio, purtroppo, era anche lei una vedova e non me la sono sentita di metterla in difficoltà. Quindi ho lasciato l’alloggio. Però avevo conservato una chiave del portone di casa e così ho potuto dormire per qualche giorno nelle cantine del fabbricato in cui abitavo. Con mia grande difficoltà, anche vergognandomi, mi sono rivolta ai servizi sociali, sono arrivata a chiedere aiuto per mangiare perché non avevo più niente.

La prima volta che mi sono seduta ad un tavolo della Caritas ho avuto proprio la visione totale di come era diventata la mia vita. Ero al fondo, non avevo più nulla. Mi guardavo intorno e mi chiedevo cosa ci facevo là con quelle persone, perché pensavo che per arrivare a questo punto, o hai sbagliato tutto nella tua vita o la vuoi una situazione così. Ho detto basta, non posso più farcela. Avevo paura di lasciarmi andare, di cadere in un buco nero, che non lo vedi. Ho pensato anche di non farcela più a vivere, ad andare avanti. C’è mancato un soffio davvero.

Io credo che bastava solo un’altra notte in quello scantinato, solo un’altra notte. Ho avuto la grande fortuna che le assistenti sociali mi sono state di grande aiuto, mi hanno indirizzato presso il Sermig dove ho capito tante cose, ho avuto modo di riflettere, di pensare tanto. Mi sono detta: scusa, ho vissuto una vita con tanto coraggio, ho avuto tanta forza e adesso mi lascio andare così? Non è possibile, non sono più io, da oggi in poi comincio a lottare di nuovo.

E ce l’ho fatta. Nell’arco del tempo sono riuscita a trovare un nuovo lavoro, sto ricostruendo tutto quello che si era distrutto, soprattutto sono cambiata dentro. Mi sento una persona nuova, semmai dovessi parlare con qualcuno che sta vivendo una situazione terribile come la mia, gli direi di non mollare mai, mai, mai.

Speciale Riparto da me 5/5 - NP gennaio 2014

Ognuno ha una storia fatta di gioie e slanci, ma anche di ferite e condizionamenti. Eppure, il passato non è una prigione. Chi lo accoglie, chi ha il coraggio di fare pace, può diventare una persona migliore. A volte, un maestro.

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