Io non mi accontento

Pubblicato il 04-10-2012

di Elena Goisis

di Elena Goisis - “Chi si accontenta gode”: è un antico detto che porta in sé una sua sapienza. Ci mette in guardia dal rincorrere chimere, dal desiderare la vita di altri o, peggio, il marito, la moglie d’altri... Sottolinea, soprattutto, il valore di ciò che ci è vicino, di ogni attimo del presente, da non trascurare in nome dell’attesa di chissà quale futuro.

Ci insegna che nella vita nulla è dovuto, nulla è scontato; anche le piccole cose a nostra disposizione, i piccoli gesti di chi vive attorno a noi hanno una loro preziosità, pur se feriale, quotidiana. E sarebbe triste accorgercene solo quando li perdiamo.

Ma un proverbio non è un assoluto, spesso ha anche l’altra faccia della medaglia, quella meno positiva. E il nostro proverbio rischia di incentivare l’immobilismo, il quieto vivere o il vivere un’esistenza a metà.

Lo dico pensando ad alcuni momenti della mia vita nei quali mi sono chiesta se dovevo farmi andar bene a tutti i costi la situazione in cui mi trovavo, o le persone alle quali mi accompagnavo, o il modo in cui svolgevo il mio compito, benché sentissi che qualcosa mancava.
Io ho scelto di non accontentarmi.

Ho scelto di ascoltare il mio disagio e di fare verità, ponendomi la fatidica domanda: cosa mi manca? La risposta non sempre è a portata di mano, non sempre ha tempi brevi e soluzioni semplici. Ma, posta la domanda, i giochi si fanno scoperti e la ricerca comincia. Una ricerca che chiede di non avere fretta, di accettare l’incertezza dell’attesa, di dare un nome al nostro volto più scomodo, di vagliare più direzioni senza preconcetti, di ascoltare consigli senza sentirsi in obbligo di seguirli…

Una vera ricerca che riguarda la vita, che non è un oggetto di consumo ma un dono da portare a pienezza. Ed è un servizio reso ai nostri cari, che hanno diritto al meglio di noi.

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok