Il paese di Leonardo, da (gratta e) vinci

Pubblicato il 10-08-2012

di Gian Mario Ricciardi

di Gian Mario Ricciardi - È il grande inganno: vincere. Così, nell’Italia al tempo della crisi, cresce del 30% la febbre del gioco. Ci sono quattrocentomila slot machine. Disseminate in bar, tabaccherie, sale corse, improbabili oasi gioco, centri commerciali sono la tentazione avvelenata per migliaia di persone.

In fondo, con lo spread che sale e scende, il lavoro che diminuisce, l’incertezza che cresce, ci si aggrappa alla cabala. Così come furoreggiano gli opuscoli con l’oroscopo, i maghi che fingono di leggere il futuro, le mani, le carte, il gioco è diventato una scialuppa di istantaneo salvataggio per tante persone depresse dalla crisi o da problemi familiari, obbligate da una vita sfortunata a vedere trionfare sempre e soltanto gli altri, relegate a ruoli non da protagonisti nei piccoli paesi e nei quartieri che improvvisamente credono di aver trovato l’arma segreta. L’Italia è prima nel mondo per le lotterie istantanee: nel 2010 il gratta e vinci ha razziato quasi il 20% del mercato inghiottendo 12 miliardi di dollari. Al secondo posto la Francia con 5,6 miliardi, terza la Cina con 4,7.

Certo la parte che va allo Stato serve a far crescere i servizi, ma a che prezzo!
Eravamo un popolo di navigatori e santi, ora siamo un popolo di giocatori. E il fenomeno diventa sociale. Un milione e ottocentomila i giocatori, almeno ottocentomila quelli a rischio e quel che è peggio quasi seicentomila sono bambini, adolescenti, ragazzi passati troppo velocemente dalla simulazione di successi su internet alla dura realtà del gioco di strada.
Basta fare un giro veloce per i bar dei paesi, o quelli nei quartieri. Ci sono uomini e donne di tutte le età, di ogni classe sociale, che infilano nella gettoniera euro su euro e provano ad inseguire la combinazione vincente.
Nel 2011 sono stati bruciati così 80 milioni di euro, due manovre Monti, 1.331 euro per ogni italiano contando anche i neonati.

Si sogna e si gioca: stregati, per il 50%, dalle macchinette infernali (molte delle quali truccate o controllate con i metodi più incredibili da organizzazioni criminali, mafia, ’ndrangheta, cosa nostra, sacra corona unita, camorra), per il 14,3% dal gratta e vinci, per l’8,5% dal lotto. Il grande inganno diventa un grande pericolo. E anche la Chiesa chiede di “fermare il gioco d’azzardo”. Lo fa il cardinal Angelo Bagnasco. Già, perché è dalle mille sentinelle dei centri Caritas che stanno arrivando le storie più incredibili: di chi si è mangiato tutto, soldi e stipendio; di chi ha fuso il patrimonio; di chi ha fatto anche di peggio, s’è venduto la dignità, si è messo nella mani degli strozzini inquinando mortalmente la famiglia, i figli, la vita. Quando il gioco ti prende l’anima o smetti o sei finito.

Negli ambulatori della asl (da Asti a Roma) aumenta il numero dei giocatori compulsivi che chiedono aiuto dopo aver sfasciato famiglie e vite; si moltiplicano i gruppi dei giocatori anonimi su stile e regole degli alcolisti anonimi, ma quello che importa è altro: è il perché di tutto questo. Il perché di tutto questo è il fallimento di tutti noi che nel vulcanico trasformarsi della società non abbiamo saputo salvare (e trasmettere) i valori fondamentali della vita, abbandonando i più deboli nel tritacervelli dell’incertezza, lasciandoli soli nelle steppe dell’indifferenza.

Illustrazione: Giampiero Ferrari

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