Nel mondo a piedi nudi

Pubblicato il 10-08-2012

di Renato Bonomo

di Renato Bonomo - Affrontare i problemi partendo dal basso della terra, dalle immondizie della vita. Anche Luigi XIV è nato scalzo! Il più grande re di Francia, forse uno dei più grandi sovrani che la storia abbia conosciuto, che si è fatto costruire a Versailles una reggia senza eguali, che si faceva chiamare il Re Sole poiché capace di illuminare coloro che lo avvicinavano, è nato scalzo! Se approfondiamo il discorso sulla nascita di ciascuno, possiamo effettuare un ragionamento per meglio comprendere alcuni caratteri della nostra esistenza. Come tutti sulla Terra, Luigi XIV è nato nudo e scalzo, senza possedere nulla se non la propria vita che comunque non si era potuto dare da solo. Nascere però in quella famiglia e in quel contesto gli ha permesso di ricevere in abbondanza istruzione, privilegi, cure, cibo, ricchezze e potere che erano impossibili agli altri figli del suo tempo. In fondo, tutto ciò che ha avuto gli è stato dato per via di alcune circostanze e non per meriti propri. Se, per assurdo, fosse nato in un contesto del tutto diverso avrebbe sicuramente ricevuto poco o nulla di ciò che ha effettivamente avuto.

Si può obiettare che Luigi, crescendo, ha mostrato un certo talento che gli ha permesso di meritare molto di ciò che ha posseduto. Ciò è vero ma solo in parte. Lo stesso Luigi non sarebbe potuto diventare il Re Sole se non avesse goduto in continuità di certe condizioni favorevoli come una famiglia che lo sostenesse, una salute che lo accompagnasse, una schiera di istitutori a sua disposizione. È importante avere talento ma bisogna tenere presente le necessarie condizioni perché questo talento si possa sviluppare (e se riflettiamo scopriamo che tali condizioni ci sono quasi sempre date). Quanto nella nostra vita è propriamente nostro, ossia dipende al 100% da noi? Quanto invece ci è dato, ossia dipende dal concorso di altre persone e di altre realtà? Se capiamo questo passaggio capiamo che dobbiamo rivedere il rapporto con noi stessi, con le cose e con gli altri. Molto dell’invincibile sicurezza circa una nostra presunta autonomia di vita e di pensiero verrebbe ridimensionata e saremmo più disposti a ringraziare e a riconoscere la necessaria presenza dell’altro come condizione per la formazione della nostra identità.
Questo è un modo per scendere dai tacchi e rimanere scalzi. Per il Sermig questo ha significato soprattutto pensare la restituzione. Nel corso della nostra storia sono stati proprio ragionamenti come questi a farci comprendere, quanto sia importante essere scalzi. A volte essere scalzi è una scelta, a volte è la vita stessa ad importi di esserlo. Ciascuno di noi può scegliere infatti di essere scalzo, lasciando da parte il desiderio di potere, l’avidità, l’indifferenza per mettersi a servizio di chi si è trovato obbligato a vivere scalzo per via della fame, della mancanza di istruzione e di cure, della privazione dei diritti e della dignità, della violenza della guerra.

Proprio il prolungato camminare a piedi nei nostri pellegrinaggi è stato fondamentale per rafforzare le nostre convinzioni in tal senso. Lasciare la macchina, le comodità per abbracciare la fatica e la pazienza del viaggio ci hanno insegnato che solo provando la fatica possiamo capire che cosa essa sia, la mia e quella degli altri, soprattutto mediante il silenzio. Solo gli impegni e le esperienze vissute con e per creano unità e condivisione. D’altronde camminare scalzi significa non aver paura di incontrare nel tuo viaggio le immondizie del mondo: è proprio solcando la stessa terra che è pestata dagli ultimi che è possibile farsi loro prossimo. I nostri servizi si sono sviluppati seguendo questa logica: sono i casi del Brasile e della Giordania in cui l’essere scalzi ha significato anzitutto diventare brasiliani con i brasiliani e giordani con i giordani. Ci ha fatto comprendere la necessità di crescere senza ricercare favori o la protezione dei potenti, senza aggredire ma ricercando il dialogo, vivendo la solidarietà come giustizia e non come elemosina, cercando la pace fondata sulla reciprocità e non sull’imposizione. Ma se è la terra degli ultimi che abbiamo voluto calpestare non possiamo dimenticare che quella stessa terra è anche sacra come quella pestata dai piedi nudi di Mosè a cui Dio chiese di togliere i sandali. Essere scalzi ha segnato la nostra formazione spirituale che si è approfondita anno dopo anno vivendo come priorità irrinunciabili la povertà di spirito, la disponibilità, la fiducia e l’abbandono nel Signore. La nostra icona è Maria, il suo sì è scalzo perché essenziale ma totale, umile ma pieno. Il nostro sì vorrebbe essere così, nella Chiesa e per la Chiesa ma non solo. Per noi essere scalzi è un modo profetico per costruire ed entrare nel regno di Dio, ma è anche una chiave per aprire le porte del mondo, per ricostruire i rapporti tra le persone, per ripensare la politica e la società, per progettare il futuro, per rinsaldare la famiglia, per crescere i nostri figli diventando prima di tutto noi genitori esempi credibili.

NPSPECIAL - CAMMINARE SCALZI 2/7

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