Mossi dallo Spirito: Giorgio La Pira

Pubblicato il 31-08-2009

di Giorgio Ceragioli


Le persone che vivono in modo speciale possono definirsi in molti modi: straordinarie, pazze… o forse sante. Tra loro, l’ex Sindaco di Firenze, uno dei “maestri” del Sermig.

a cura della redazione

 

Le persone che vivono in modo speciale possono definirsi in molti modi: straordinarie, pazze… o forse sante. Certamente con la voce potente della testimonianza ci insegnano che nella normalità della vita anche noi possiamo scegliere che direzione prendere, come impegnarci.

Giorgio La Pira, uno dei “maestri” del Sermig, è stato uno di questi “pazzi”.
Alla fine del 1973 Ernesto Olivero, animatore del Sermig, gli scrisse raccontandogli il sogno di dare concretezza alla profezia di Isaia: “Forgeranno le loro spade in vomeri,
le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra” (2,4). Pubblichiamo di seguito la risposta autografa di La Pira. Cinque anni dopo iniziava il cammino che avrebbe portato il Sermig a trasformare un ex Arsenale Militare in Arsenale della Pace.

 

 Caro Olivero,
rispondo 4 mesi dopo! Mi perdoni?
Ed ecco la risposta: - sì, al “disarmo di Isaia” non c’è alternativa: l’ARA PACIS (come fu al tempo di Augusto) costituisce oggi – e sempre più – il senso unico della storia: costituisce la Nuova Frontiera che Kennedy vide, e che Giovanni XXIII indicò per primo nel 1958 (in certo senso) alla intiera famiglia dei popoli!
Trasformare in piani economici (per i popoli in via di sviluppo) le spese militari: 300 miliardi di dollari annui!
Solo così si potrà risolvere il “peso della crescita demografica (7 miliardi di uomini fra 20 anni)” e si potrà immettere nel circolo storico l’immenso apporto di talenti che Dio dona agli uomini!
Grazie per quello che fate.
Fraternamente

La Pira
16/3/74

a cura della redazione
di Nuovo Progetto



1. ERA UN PAZZO

Ho conosciuto un uomo. Era un pazzo. La gente non osava mandarlo in manicomio perché era un grande. E poi, non dava fastidio: era buono, sorrideva. Si chiamava La Pira di cognome, Giorgio di nome.
Che fosse pazzo era indubitabile.
Dava i paletò ai poveri. No, non lo scriveva sui libri: lo faceva sul serio. E poi, credeva nella gente; sì, ci credeva proprio, non solo a parole.

Tanto strano che faceva pregare le suore per la pace. Scriveva ai conventi di clausura e chiedeva preghiere per i suoi viaggi, per le sue iniziative, per tutto.
Pensate poi: aveva organizzato gli incontri del Mediterraneo, a Firenze (*): metteva insieme arabi e italiani, gente di ogni Nazione, per cercare, insieme a tutti, la pace.
Le sue pazzie non si manifestavano solo nelle cose stravaganti o personali, ma anche nel suo lavoro quotidiano. Da sindaco di Firenze requisì, per primo in Italia, le case per la gente che non aveva un alloggio. Sempre da sindaco di Firenze, lui democristiano convinto, si metteva la fascia tricolore sulla pancia e andava fra gli operai, cercando di salvare le fabbriche dalla chiusura.

E poi, uomo politico, non rubava. Uomo di fede, non parlava male della Chiesa. Uomo di cultura non si atteggiava a maestro. Uomo di pace, combatteva per tutte le cause perse. Uomo di preghiera, era anche tutto quello che si è detto prima.
L’ho visto a Firenze, nella sua città di adozione - era siciliano - alcune volte. Da lontano, come sindaco, all’apertura di una mostra. Da vicino, ad un congresso della San Vincenzo. Da vicinissimo, in alcune assemblee.

Credeva nei giovani; temeva la bomba atomica; portava sempre le calze bianche e i vestiti un po’ sgualciti; rideva volentieri e aveva la battuta pronta.
Era un amico per molti giovani, anche a settant’anni compiuti.
Ma era pazzo: perché aveva fede e ci credeva tanto da viverla. Più pazzo di così credo sia difficile esserlo.

Giorgio Ceragioli

* Incontri che agevolarono, in particolare, la mediazione tra Francia ed Algeria sino all’indipendenza di quest’ultima (n.d.r.)

 

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2. LE «QUATTRO SCELTE» DI LA PIRA

La Pira rifletteva continuamente sui «segni dei tempi» e sul «contesto storico» in cui ci troviamo a vivere e operare. Poiché, per agire, è indispensabile capire e scegliere le vie da seguire, egli invitava a domandarsi quali scelte prioritarie devono essere evidenziate per dare alla vita senso e valore. Per lui non esistevano dubbi: alcune scelte, infatti, sono assolutamente indispensabili per incidere «qualitativamente, profondamente, come forze orientatici, in tutti i livelli della nostra azione sacra e profana di ogni giorno».

E nella prospettiva dei compiti e dei problemi che si pongono ai cristiani d’oggi, egli riteneva che le scelte fondamentali «possono essere ristrette a quattro»:
1) La scelta di Pietro (cioè la scelta di Cristo, dell’uomo Dio).
2) La scelta della samaritana (cioè quella della Grazia).
3) La scelta di Cesarea (quella della Chiesa).
4) La scelta di Isaia (cioè la scelta della pace universale e dell’unità e promozione dei popoli).

Per La Pira tutta la problematica che la vita pone alla coscienza dell’uomo trova spiegazione nel Vangelo; ecco perché la scelta fondamentale, da cui le altre dipendono, è la prima; è riconoscere Gesù Cristo come Dio e uomo cui è finalizzata tutta l’opera della creazione, insieme alla rigenerazione soprannaturale di ogni uomo e al mistero di salvezza e di intima partecipazione alla vita di Dio stesso.
È la scelta qualificante cui sono chiamati tutti gli uomini che vogliono essere cristiani. Senza Cristo, centro della vita e della storia, sbandamenti e incertezze ci impediscono di agire in modo autentico, efficace e costruttivo.

La scelta della samaritana è quella dell’acqua viva, dissetante che zampilla fino alla vita eterna: è la scelta della grazia, «essenza del cristianesimo, perfezionatrice, perché sanante ed elevante, della persona umana e della società umana».
Se gli uomini del nostro tempo, dice La Pira, riflettessero sul significato del colloquio di Gesù con la samaritana al pozzo di Giacobbe, molti problemi, anche di ordine sociale, troverebbero la loro esatta impostazione e soluzioni concrete. Tutta la vita di La Pira, in verità, con la fecondità che la distinse (fu studioso, uomo di preghiera e di incessante carità, politico, intelligente e intraprendete sindaco di Firenze), dimostra quanto può diventare operante l’attività di chi, nell’intima unione con Dio, ripone tutte le sue risorse.

Veniamo ora alla terza scelta: quella della Chiesa. Secondo La Pira, per capire il mondo contemporaneo, bisogna saperne cogliere l’irresistibile impulso verso l’unità e la giustizia. L’uomo in questo cammino può trovare orientamento e guida proprio nella funzione evangelizzatrice della Chiesa che il Concilio Vaticano II, recepito da La Pira con estrema consapevolezza, presenta come maestra e luce illuminante.

Anche in questa luce va interpretata la scelta di Isaia: pace, unità e fraternità fra tutti gli uomini e tutti i popoli. È questa la scelta imposta dalla «svolta della storia» e dal «salto qualitativo» degli avvenimenti del nostro tempo con cui dobbiamo confrontarci. Nella mente di La Pira sono chiarissimi gli impegni che tutto ciò comporta. I cristiani del nostro tempo devono proporsi di contribuire all’indispensabile opera di «riedificazione della cristianità, dei popoli e delle nazioni cristiane cadute schiave del razionalismo, del materialismo, del laicismo, dell’ateismo».

Cerchiamo dunque di rimeditare queste riflessioni suggerite da La Pira: esse dimostrano chiaramente che la Chiesa, «città di Dio» nella parte ancora pellegrinante sulla terra, esercita una missione attrattiva come strumento di unità e pace nel mondo.

Armando Sabatini
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3. CHE COSA CI PUÒ INSEGNARE GIORGIO LA PIRA?

“Cercare sempre ciò che unisce”. Ci sono dei valori essenziali su cui gli uomini possono sempre incontrarsi e mettersi d’accordo al di sopra delle proprie barriere ideologiche: non distruggere la terra, combattere la guerra, combattere la fame ed ogni tipo di miseria. Su questi temi gli uomini di qualsiasi parte possono incontrarsi e discutere. Possono, come diceva lui, sedersi attorno ad un tavolo e ragionare insieme, da uomo a uomo. “Io non vedo differenza - diceva - nel colloquio coi grandi, i politici, o la gente semplice. Anche i grandi sono sempre uomini e si può parlare da uomo a uomo”

da un’intervista a Fioretta Mazzei, segretaria e consigliera di La Pira
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