Meditando Paolo (1/7)

Pubblicato il 17-11-2011

di Giuseppe Pollano


Il capitolo 8 della lettera ai Romani ci presenta una grande sintesi di tutta la redenzione: lo Spirito che ci afferra, la trasformazione che ci è richiesta, la speranza missionaria ne sono il contenuto. Prima riflessione su “la vita secondo lo Spirito”.

di Giuseppe Pollano

Ceramica raffigurante San Paolo
Tre realtà caratterizzano la nuova alleanza: lo Spirito, dal quale tutto deriva nello stupendo disegno di Dio che è la redenzione e la santificazione umana; la trasformazione profonda che ci è chiesta per diventare amici dello Spirito, per essere adatti a lui, trasformazione che richiede un impegno forte, una scelta morale mai finita, dunque l’aspetto eroico del cristianesimo; infine la missione, intesa come l’espressione concreta della speranza che c’è in noi e che noi vogliamo condivisa con gli altri.
Per approfondire il cammino della redenzione ci rivolgiamo a san Paolo, un forte per definizione, scegliendo, tra le sue lettere, quella più possente, la lettera ai Romani, e di questa il capitolo più imponente, il capito ottavo. Il cristianesimo va pensato in grande: non c’è pericolo di trovare un punto di stop, c’è il pericolo di pensarlo in piccolo.
Non seguiremo Rom 8 versetto dopo versetto, ma collegando i versetti in maniera organica per far emergere i tre temi - lo Spirito che ci afferra, la trasformazione che ci è richiesta, la speranza missionaria - uno dopo l’altro.


LA VITA SECONDO LO SPIRITO

LO SPIRITO CI LIBERA DALLA LEGGE INTERIORE A CUI SIAMO SOGGETTI

Non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù. Perché la legge dello Spirito, che dà vita in Cristo Gesù, ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. (Rom 8,1-2)
Paolo in Rom 7,15-25 ha messo in evidenza il dramma dell’uomo che si sente profondamente diviso nella sua coscienza e nella sua esistenza, tra un’istanza nobile ed alta ed una degradante. È una legge interiore che Paolo definisce “la legge del peccato e della morte”. Lettera ai RomaniNon si tratta di una legge nel senso legale della parola, fatta di articoli e codicilli, si tratta di una forza ineluttabile, obbligante che preme sull’uomo, gli indica e propone il bene ma non gli dà la forza per compierlo. Quindi una condizione disperante, percepita dagli uomini: non si può evitare né il peccato né la morte. Questa legge ci mette nella peggiore delle situazioni: conoscere il bene e non avere le energie per attuarlo è profondamente umiliante, anzi è lo stato più angoscioso dell’uomo che pensa, come ci ricorda anche Ovidio, contemporaneo di Gesù (morto nel 17 d.C.) che cantò la vita frivola della nobiltà romana: video meliora, proboque, deteriora autem sequor (vedo le cose migliori, e l’approvo, e poi mi lascio andare al peggio). Questo verso non è una formula superficiale, è una formula angosciata.

Siamo perciò in presenza di una legge interiore necessitante, tragica, che non esime l’uomo dalla responsabilità di fare il bene, semplicemente gli impedisce di giungere là dove vorrebbe, alla giustizia morale, che è l’aspirazione più nobile e più profonda, comune a tutti gli uomini.
L’uomo dunque con le sue sole forze non può vivere il suo destino di santità.
Arrivati a questa soglia drammatica, chi ci salva? Lo Spirito. Ecco il cambiamento che rovescia la situazione: prima eri sotto la legge del peccato e della morte, ora, tramite lo Spirito, ne sei libero.
Ma il tormento dovuto alla legge del peccato e della morte, nella misura che noi cristiani non ci lasciamo sostenere dallo Spirito, è anche nostro. D’altronde chi di noi potrebbe dire di aver fatto sempre il meglio che vedeva? Quando non siamo stati sufficientemente impegnati e fedeli, sebbene avessimo lo Spirito, abbiamo pensato come Ovidio.


LA POSSIBILITÀ DI UNA ESISTENZA “SPIRITUALE”

Infatti ciò che era impossibile alla Legge, resa impotente a causa della carne, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e a motivo del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne, perché la giustizia della Legge fosse compiuta in noi, che camminiamo non secondo la carne ma secondo lo Spirito. (Rom 8,3-4)
Ciò che era impossibile alla legge, resa impotente a causa della debolezza umana, Dio lo ha reso possibile. Ecco lo stupendo regalo che Dio ci ha fatto: non ci regala una legge morale da seguire, ma manda il proprio Figlio, uomo come noi a motivo del peccato, ma senza peccato, in modo che ciò che per la legge è giusto si realizza finalmente in noi che camminiamo secondo lo Spirito. Con pochi termini Paolo inquadra questa straordinaria verità.
A renderci possibile il bene, la lealtà, la sincerità, la generosità, l’onestà che sentiamo in noi non sono bastati i profeti, non è bastata la Legge ebraica, è venuto niente di meno che il Figlio! Il Padre lo trae dal suo cuore, essendo l’abitazione del Verbo il seno del Padre, e lo colloca in condizione umana, perché questo Figlio conosca tutto di noi fuorché il peccato. In questa condizione pienamente fraterna egli vive secondo la sua intrinseca santità, perché è persona divina.
Inizia così la possibilità di una tutt’altra esistenza non nelle piccole cose, ma là dove l’uomo è dinanzi alle grandi scelte, quelle che ti fanno essere chi sei: le tue scelte etiche profonde, quelle che sprigionano da te il meglio, l’eroismo, la forza, il senso di essere in questo mondo non solo per te ma per gli altri. Là dove ti qualifichi così, lì il tuo cristianesimo nasce, lì Dio si impegna con te. La scelta cristiana è forte e quando si insinua nella piccola vita quotidiana non vuole affatto dire che si riduca, si banalizzi il cristianesimo.

Oggi si tende ad attenuare le differenze, si sente dire “tu sei cristiano, io no, ciascuno ha la sua lettura del mondo”. Questa affermazione non è inesatta, ma è superficiale, appunto perché il cristiano è afferrato da Dio e, grazie alla forza dello Spirito, comincia una tutt’altra esistenza in questo mondo. È ciò che intende Paolo quando afferma che noi cristiani camminiamo secondo lo Spirito. Il verbo camminare è inteso come prendere tutta l’esistenza vissuta.
Il cristianesimo perciò si differenzia da una ideologia e da una religione fatta di gesti sacri e buoni, ma che si limita a questo intervento o chiede al più di dare un assenso ad una dottrina di verità che fa da sfondo alla vita, ma che non morde nel vissuto e lascia le persone come prima. Se fosse questo il cristianesimo, diventerebbe una religione con cui cerchiamo di soddisfare il nostro bisogno di trascendenza, come tutte le altre religioni.

Il cristiano cammina secondo lo Spirito: sono cambiate le proporzioni. Prima il soggetto della mia vita ero io stesso, e lo dovevo essere, dovevo avere la mia coscienza, la mia intelligenza e la mia capacità per assumere le mie responsabilità; ma ora è venuto lo Spirito, che è soggetto, persona come me, anzi molto più di me, è Dio. Che cosa accade nell’incontro tra lui e me? Poiché mi rispetta, non viene a catturarmi o a spegnere la mia libertà, ma mi propone di agire insieme. Se io accetto con un’alleanza morale e quotidiana la sua proposta, inizia una interazione: la sua soggettività, la sua intelligenza, la sua sapienza, la sua forza, la sua capacità di amare, di decidere, di fare, entra in me. Divento, come usiamo dire, spirituale, forte aggettivo che non significa immateriale, ma che lo Spirito è in me.

Noi siamo spirituali nella misura in cui l’alleanza con lui, il grande soggetto che guida noi piccoli soggetti, è da noi osservata, anzi aumentata. Allora saprò cose che non sapevo, saprò Dio. Vicki, Santo SpiritoNon perché avrò letto un libro in più, ma perché dentro di me una misteriosa luce che – come direbbe Agostino – è più illuminante di ogni luce, mi convince. Conosco perciò Dio dal di dentro, perché lo Spirito di lì viene e mi dice chi è Dio e, se lo voglio, mi fa crescere sempre più in questa conoscenza: so Dio come Dio sa Dio.

La portata della vita dello Spirito mi supera all’infinito, e quindi non solo so Dio. Lo Spirito mi dilata il cuore, posso amare di più Dio, posso volere il bene degli altri come Dio lo vuole, amare come Dio ama e perciò non con un tipo di amore che si esaurirebbe presto. Lo Spirito nella vita di ogni giorno mi fa camminare, mi fa porgere la mano al povero, mi fa congiungere le mani quando prego.
Se sono in equilibrio, se sono buono, se sono padrone di me stesso, se sono casto nella vita non è quindi per mio merito, perché senza lo Spirito sarei ancora sotto la legge interiore, condannato ad essere tutto l’opposto. Se egli vive in me e nella misura che vive in me, io cammino con lui.


Giuseppe Pollano
tratto da un incontro all’Arsenale della Pace
testo non rivisto dall'autore



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