Libertà, cuore della democrazia
Pubblicato il 04-12-2024
La libertà come radice e cuore della democrazia: un patrimonio per nulla scontato da custodire, promuovere e amare. È partita da qui la riflessione del filosofo Michele Nicoletti, ospite dell’Università del Dialogo del Sermig lo scorso 3 dicembre all’Arsenale della Pace di Torino. Michele Nicoletti, sposato con tre figli, docente ordinario di Filosofia politica presso l’Università di Trento - recentemente è stato tra i protagonisti della Settimana sociale dei cattolici italiani, svoltasi a Trieste – ha dialogato con i giovani presenti sul tema “Libertà, cuore della democrazia”. Ecco alcuni spunti della serata.
«La sfida non è difendere o promuovere la democrazia, ma piuttosto amarla. E l’amore – si sa – richiede impegno, cura, disponibilità. La democrazia non è una semplice forma di governo, ma una forma di vita. Noi tendiamo a pensare che la specie umana sia molto individualista, ma ognuno di noi ha bisogno di cure e attenzioni sin dalla propria nascita. La democrazia è la stessa cosa: non si autogenera, ma è il frutto di decisione e impegno, deve essere scelta, voluta e desiderata».
«Al cuore della democrazia c’è la libertà, da intendere non come assenza di impedimenti, ma come possibilità di governarsi da sé. Nell’antichità i liberi si distinguevano perché potevano scegliere della propria vita, l’esatto opposto degli schiavi. Se il senso profondo è proprio l’autogoverno, altrettanto importante è la fiducia negli altri: anche loro possono prendere delle decisioni valide per realizzare pienamente se stessi. Questo discorso vale per gli individui e per i popoli».
«Nella democrazia non si può fare a meno dell’altro e della sua libertà. Vale anche nell’amore dove non può esserci coercizione e obbligo. L’amore vero si fonda sullo stare insieme liberamente. Quando non c’è libertà, non c’è rapporto tra pari ma dominio e sottomissione. Nella democrazia ho un bisogno essenziale della libertà altrui».
«Oggi un segnale preoccupante è l’astensione dal voto. Quando le persone non si sentono effettivamente ascoltate e coinvolte, o le risorse vengono spese in modo inadeguato, il rischio è la disaffezione che si accresce per l’incapacità effettiva di fare sentire le proprie ragioni. La risposta è ripartire da grandi ideali e al contempo da pratiche concrete e quotidiane: nella mia esperienza di professore universitario percepisco che molti ragazzi vogliono realizzarsi senza trascurare la vita comunitaria. Siamo circondati da un senso di forte competizione che ci spinge a credere che ci salveremo da soli. Ma la realtà è diversa. Oggi la politica non aiuta a immaginare il futuro che ancora non c’è, ma nel passato è successo. I nostri padri sognavano un mondo migliore per i loro figli, ora sembra che il futuro sarà per tanti motivi peggiore. La difficoltà a pensare il futuro coinvolge anche la politica. Ma senza pensiero del futuro non c’è democrazia».
A cura della redazione UDD
Foto: Renzo Bussio