Alberto Dal Poz e Roberto Benaglia all'Università del Dialogo

Pubblicato il 22-04-2021

di redazione Unidialogo

Un imprenditore e un sindacalista a confronto con le trasformazioni del mondo del lavoro.

Nulla sarà più come pri­ma. L'automazione dei processi produttivi, la rivoluzione digitale, l'intelligenza artificiale, la richiesta di nuove competenze non sono concetti astratti, ma aspetti che già incidono e che saranno determi­nanti nel mondo del lavoro. Una tra­sformazione radicale fatta di luci e om­bre che deve essere conosciuta, gestita e guidata. Ne sono convinti Alberto Dal Poz, presidente di Federmecca­nica, e Roberto Benaglia, segretario generale della Fim Cisl, ospiti dell'U­niversità del Dialogo: un industriale e un sindacalista interpellato non come controparti, ma come osservatori at­tenti delle trasformazioni in atto.

Cosa sta avvenendo in concreto?

Dal Poz- Oggi abbiamo a disposizione a buon mercato degli strumenti di cal­colo che permettono di disegnare, di progettare, di raccogliere dei dati, di usare sensori avanzatissimi. Il settore manifatturiero in generale è oramai ampiamente investito da queste inno­vazioni, ma il discorso vale per tutti gli ambiti. È una rivoluzione. Penso soprattutto a tutti i sensori di cui pos­sono essere dotate le nostre macchine, i nostri stampi, i nostri strumenti di produzione: hanno bisogno di con­tenuti digitali a corredo che significa non solo investimento in macchinari, ma anche in competenze e formazione dei nostri lavoratori. Un aspetto cru­ciale.

Innovazioni così radicali stravolgo­no il mondo del lavoro: perdita di posti, figure professionali che cam­biano. Cosa stiamo perdendo?

Benaglia- È difficile calcolarlo, ma dico che non dobbiamo arrenderci. Di cer­to posso dire che rischiamo di perdere moltissimi posti, se non attrezzeremo i lavoratori. La formazione diventa decisiva perché le macchine non van­no da sole. Non dobbiamo pensare o immaginare a un futuro dove i robot gestiranno da soli tutto, con lavoratori sempre più disoccupati. Il vero tema è accompagnare le persone in questo cambiamento e riuscire a specializzar­le, a formarle e a dare a loro la spinta, la competenza a partire dalla scuola. Sicuramente sarà un processo seletti­vo dove molti lavoratori ce la faranno e altri no. Per questo sono importan­tissimi anche nuovi strumenti di tutela del lavoro.

Quali?

Benaglia- Sono sicuramente utili le leg­gi che bloccano i licenziamenti, che evitano la mano libera, ma io dico che la vera tutela contro i licenziamenti è dare ai lavoratori competenze adegua­te. Oggi abbiamo a che fare con una bestemmia sociale: da una parte un tasso altissimo di disoccupazione so­prattutto giovanile, dall'altra la realtà di una azienda su tre che non riesce a trovare i profili che cerca. È assurdo. La produttività non la si aumenta solo con i macchinari o dicendo ai lavora­tori: lavorate di più. Bisogna lavorare meglio e per farlo servono compe­tenze, una formazione continua. Per questo, il tema del rapporto tra scuola – lavoro è oggi una priorità perché un Paese che spende in competenze è un Paese che tutela meglio i lavoratori.

In un contesto così, il divario tra ge­nerazioni rischia di aggravarsi. Da una parte giovani digitali, dall'altra adulti e anziani che arrancano. Che risposta può dare l'impresa?

Dal Poz- La diseguaglianza digitale è un problema generale. Un lavoratore che è fortemente dotato su mestieri tradizionali, qualora non fosse capace di usare sistemi digitali anche sempli­ci rimarrebbe davvero indietro. Dob­biamo cercare di rispondere a livelli diversi, anche come soggetti istituzio­nali. Per esempio nell'ambito del con­tratto che abbiamo firmato insieme a tutte le parti sindacali lo scorso feb­braio è previsto proprio la costituzione di una commissione nazionale di for­mazione per quanto riguarda questi temi. Dobbiamo seguire questa strada.

In uno scenario digitale che fine fa il valore della manodopera, l'impor­tanza del lavoratore slegato dal mac­chinario?

Benaglia Rispondo con un gioco di parole. Più che di manodopera, oggi c'è bisogno di mente d'opera nel sen­so che certamente rimarranno molti lavori anche manuali. I macchinari sono chiamati dalla robotica a svolge­re soprattutto lavori faticosi, pericolo­si, ripetitivi. Non è che l'operaio do­vrà diventare un'appendice del robot, ma dovrà governarlo. E questo non è semplice, bisogna essere pronti. Il la­voratore deve metterci più competen­ze, più conoscenza, la mente d'opera appunto, la sua capacità di elaborazio­ne. È un processo da accompagnare. I lavoratori non devono sentirsi da soli, vanno tutelati insieme e vanno create delle comunità dentro le aziende capa­ci di stare insieme nel modo migliore.

Dal Poz- Concordo. Il punto è la gestio­ne di questo passaggio. Anche nelle aziende più piccole, non quelle che assemblano un'automobile ma produ­cono prodotti estremamente semplici ci sarà bisogno di una nuova gestione del lavoro e quindi probabilmente sarà la macchina stessa che si utilizza a di­ventare non un nemico del lavoratore ma il suo alleato. Perché questa fusione di competenze, fra quello che sa fare il lavoratore e quello che può fare il mac­chinario, sarà la chiave di volta che renderà il lavoro più sicuro e l'intero sistema maggiormente competitivo. La questione va vista anche in positivo.

Ma in futuro ci sarà realmente lavoro per tutti?

Benaglia- Questa sicuramente è una questione centrale sul futuro del la­voro. Non esistono più le grandi cit­tà-fabbrica, adesso ci sono fabbriche di diverso tipo, ma la manifattura è anco­ra un posto nella quale l'occupazione è sostanzialmente stabile. Il problema è che il mercato del lavoro è diventato molto ampio soprattutto nei servizi di tutti i tipi: informatici, finanziari, ser­vizi molto qualificati ma anche servizi moderni a bassa qualifica. Il caso più eclatante è quello dei riders, un vero e proprio business gestito da telefonini e algoritmi. Direi che dobbiamo fare i conti con una divaricazione tra lavoro qualificato e lavoro poco qualificato. Non basta aumentare l'occupazione, bisogna portare il lavoro poco quali­ficato ad essere tutelato, promosso e meglio retribuito. Se no rischiamo una disuguaglianza che non farà bene alle nostre città e non farà bene alla coesio­ne del Paese.

Dal Poz- Una volta qualcuno mi ha chiesto se di fronte alle nuove tecno­logie fossero giustificati alcuni atteg­giamenti del luddismo, il movimento della rivoluzione industriale dell'Otto­cento che prendeva di mira le macchi­ne, accusate di togliere posti di lavoro. La situazione un po' si ripresenta. Io ho risposto in questo modo: ma se un robot toglie un lavoro gravoso ai lavo­ratori, in qualche modo elimina loro il rischio di farsi male e di affaticarsi ec­cessivamente. E questo è un valore. Ma c'è una sfumatura in più: cosa diciamo di tutti i lavoratori che hanno proget­tato quel robot? Quelli che l'hanno costruito? Quelli che l'hanno traspor­tato? Quelli che l'hanno installato? Quelli che durante la vita del robot stesso lo personalizzano per adattarlo a nuove esigenze? E quelli che un do­mani lo porteranno via per smaltirlo? Dove li mettiamo?

Quali saranno le priorità del dopo pandemia?

Benaglia- Dovremo vigilare molto sul tema della disuguaglianza. Sarebbe tremendo vedere un Paese che si divi­de tra chi ce la fa e chi non ce la fa. Dobbiamo fare di tutto per evitare una guerra tra poveri. Il Recovery plan può essere uno strumento. Non ci sono for­mule magiche ma c'è la grande tradi­zione dell'economia che funziona: fare investimenti, cioè portare le imprese a investire di nuovo in questo Paese, costruire infrastrutture, semplificare, sburocratizzare e sostenere fortemen­te il lavoro. Ci sono due categorie di lavoratori che stanno uscendo peggio di altri dalla pandemia: i giovani e le donne. Dobbiamo pensare soprattutto a loro.

Cosa dire a dei giovani che si affac­ciano oggi al mondo del lavoro? Che consiglio darebbe?

Dal Poz- La passione è la chiave di vol­ta. Arricchite la vostra vita di esperien­ze che vi possano completare e che a loro volta arricchiranno il vostro cur­riculum. Se fate uno sport, se avete un hobby, se vi dedicate al volontariato, se amate fare qualcosa, scrivetelo quan­do parlate di voi stessi. Non trascurate mai le lingue straniere. E poi gode­tevi la vostra giovinezza perché nes­sun momento della vita. Conoscere il mondo e il prossimo, costruire adesso quello che sarete da adulti, sapere con certezza che un domani farete tesoro di quello che avrete imparato.

NP Maggio 2021

A cura della Redazione (Deregistrazione dell'incontro UDD del 22/04/2021)

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