Haiti l'isola che c'è

Pubblicato il 26-11-2024

di Mauro Palombo

Haiti resta il Paese più povero dell’emisfero occidentale, profondamente sottosviluppato, estremamente fragile: da troppo tempo un “Paese alla deriva”, risucchiato in un vortice di miseria, violenza, degrado ambientale, autoritarismo e instabilità politica.

Il punto davvero degno di nota è che, anche in questo inestricabile groviglio di orrore, c’è chi cerca di portare vita. La ragione fatica a trovare una via, l’amore va oltre. Non in astratto, ma con una precisa volontà, consapevolmente costruita.
Ed è possibile!

Sull’isola, più precisamente a Jèremie, è di casa il padre camilliano Massimo Miraglio. In attesa del completamento dell’ospedale di cui è responsabile, dopo il disastroso sisma del 2021, padre Massimo ha gestito un vasto programma di cliniche mobili nelle zone montagnose dell’entroterra – ampiamente sostenuto dal Sermig – con uno staff di medici e infermieri. Il lavoro nelle comunità delle montagne è poi continuato, per prendersi cura di questa gente, isolata, spesso senza sacerdoti che potrebbero guidare le piccole comunità locali a unire gli sforzi per uscire dalla miseria.
Quindi, stabilire legami e lavorare sui bisogni più urgenti: abitazioni, strutture comunitarie, alimentazione, accesso all’acqua… un tempo di ricostruzione, della vita in rovina innanzitutto.

Padre Massimo da alcuni mesi è parroco a Pourcine, nei pressi del Pic Macaya, seconda montagna di Haiti, 2.347 metri: zona di fitte foreste, ricca d’acqua, di biodiversità, di uragani… e molto isolata. Per arrivarci sono tre ore di fuoristrada, e poi quattro a piedi: la gente quindi non ha modo di portare a un mercato in pianura qualche prodotto della terra. Dalla cura delle anime, a quella delle vite – 4.000 persone in 17 frazioni – il passo, si sa, è breve.

Manca tutto, ovviamente.
La Chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso è en plein air; quando sarà un edificio o simile, vi ospiterà anche la scuola elementare, e ci sarà una scuola materna.
Nelle due versatili stanze della Canonica, l’”ambulatorio” ha già preso inizio… Tra le tante, una la priorità strategica: acqua sicura per il consumo umano.
La base su cui costruire, intanto che si ridimensionano rapidamente le molte malattie, anche letali, portate dall’acqua contaminata, attinta qua e là. È praticabile una buona soluzione: un piccolo acquedotto, di alcuni km, che convogli a caduta l’acqua da sorgenti in alta montagna, fino a un serbatoio nel villaggio, diramandosi poi verso alcune fontane per la distribuzione.

Opere di presa, condotte, valvole, serbatoio, fontane: non è un lavoro da poco, considerata anche la difficile logistica; ma si può anche contare su un certo supporto tecnico di cooperatori che ancora operano in zona. La gente di Pourcine, assieme, si farà carico di molto lavoro: il contributo di tutti sarà un passo fondativo di una nuova comunità, pronta a vivere in armonia sulla sua terra, non costretta a lasciarla per le bidonville delle città. Un esempio, per tanti.

Gli altri protagonisti… siamo tutti noi: già partiti due cloratori alimentati da fotovoltaico, vogliamo poter offrire le risorse che mancano per realizzare quest’opera così importante, e farlo al meglio, perché il bene va fatto bene, per portare tutto il bene possibile.
Anche dove possibile non sarebbe!
Non vi pare davvero una buona notizia?
 

Mauro Palombo
NP agosto / settembre 2024

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