Eliminare la fame nel mondo:

Pubblicato il 19-01-2012

di Mauro Palombo

E’ possibile, nonostante tutto, agire per eliminare la fame nel mondo. È possibile influire su ciò che la genera. Il Sermig, oggi tramite la C.I.S. – Ass. Cooperativa Internazionale per lo Sviluppo (che gestisce le attività a favore del Terzo Mondo), lo fa ormai da 41 anni. Più di 2100 progetti di sviluppo nei 5 continenti, in collaborazione con partner in Italia e in tanti angoli del mondo che ha bisogno, milioni e milioni di vite salvate. Tutto ciò grazie alla generosità della gente comune ed alla progressiva messa a punto di un metodo.
di Mauro Palombo


Emergenze da non abbandonare

L’idea di fame richiama subito le tante “emergenze” che, di quando in quando, balzano, temporaneamente, agli onori di tutte le cronache. Ma quante di queste emergenze sono invece povertà croniche “riscoperte”?
Intervenire sul problema fame implica perciò adottare un approccio duplice: agire sulle conseguenze, ma soprattutto lavorare per tempo sulle cause.
Ciò che ha generato l’emergenza, inoltre, sovente colpisce alla radice le condizioni di vita di una intera comunità, spingendo specie i più deboli e vulnerabili - bambini rimasti soli, anziani, famiglie povere - in situazioni estreme. Anche il coinvolgersi in una fase di emergenza può portare allora ad un impegno che continua, per un tempo non breve, secondo un metodo, e con attenzione alle condizioni dell’ambiente.
L’aiuto che guarda lontano è infatti quello adeguato alle esigenze locali, attento fin dall’inizio a mettere in moto energie. Una presenza che vuol capire meglio la situazione, intenderne le complessità, le possibilità di operare, incontrando chi nella comunità locale può e vuole a sua volta responsabilizzarsi ed essere propulsivo.


Capaci di fare e di essere

C’è fame di sviluppo. 2,5 miliardi di persone nel Terzo Mondo dipendono dall’agricoltura per la propria vita; tra di loro la fame ha la maggior parte della sua incidenza.
Creare condizioni di sicurezza alimentare implica prioritariamente promuovere programmi di sviluppo rurale. Creare la capacità per i piccoli coltivatori di produrre sapendo che produrre a volte non basta in sé; molte barriere di interessi si frappongono tra il lavoro di un agricoltore e il ricavo che ne potrebbe derivare. Si tratta allora anche di organizzare un accesso al mercato.
Consentire ai piccoli produttori della campagna di poter vendere i loro prodotti nella città, superando i molti intermediari che trattengono gran parte del prezzo finale. Aiutare a individuare le produzioni più idonee al momento; diversificare le fonti di reddito (dalla agricoltura al microallevamento…); aggiungere trasformazioni al prodotto raccolto, per conservare quanto più possibile presso i produttori i margini di valore aggiunto. Fino a organizzare iniziative di “commercio equo e solidale” che, raggiungendo i nostri Paesi, sono veicoli piccoli ma importanti di un contatto diretto.
Ma sviluppo rurale non è solo produrre. Alla base c’è anzitutto la scolarizzazione, adatta ai luoghi e tarata sulla realtà di vita. Poi i servizi essenziali: poter stabilmente e in quantità sufficiente disporre di acqua sicura per il consumo umano – liberandosi da malattie tanto gravi quanto prevenibili; aver accesso a servizi sanitari di base – che liberino dalla miseria generata dalla malattia; strade con cui collegarsi…
Senza far fronte a esigenze basilari come queste, l’emergenza resta la dimensione quotidiana del sopravvivere.
Senza sviluppo nelle campagne, vita e rinnovamento dei villaggi, non si può arrestare, invertire, l’inurbamento selvaggio nelle bidonvilles, luoghi di disperazione e miseria cieca. Ma anche da qui può partire, non senza fatica, il riscatto – abitazione, scuola, lavoro… - di tante vite bruciate, spesso a un tiro di sasso da grattacieli e strade opulente che le respingono.

Un metodo

Avere a disposizione risorse è essenziale, ma non sufficiente; ogni singolo intervento deve articolarsi secondo un metodo, che affronti i problemi alla radice, promuovendo soluzioni efficaci, innovative del contesto in cui si inserisce, basate su una partecipazione comunitaria. E la tecnologia può offrire un grosso contributo, da quella più semplice, che dà soluzioni riproducibili e autogestibili, a quella più avanzata.

Contrastare la povertà è prioritariamente investire sulle donne e sui giovani, con programmi a lungo termine radicati nel tessuto sociale. Due terzi degli analfabeti nel mondo sono donne: istruzione la più approfondita possibile, salute, vuol dire sostenere la loro consapevolezza e quindi la loro capacità di organizzare la propria vita e quella delle loro famiglie. Offrire opportunità economiche è anche dare opportunità di riscatto e aprire alla partecipazione più piena alla vita della comunità.
Un progetto può avere successo solo se il beneficiario ne è il protagonista vero, se costruito assieme a lui, attorno alla sua realtà e alla sua originalità. È necessario che cresca attorno al progetto una comunità, fondata su valori autentici e profondi, che si responsabilizza per dare radici e continuità dando spazio alla voce di tutti, anche quella dei più deboli.
Non si tratta certo di progettare il futuro di una comunità, ma di metterla in condizione di progettarselo autonomamente. Con fiducia e speranza.
Una comunità rurale resa capace è anche il miglior garante della preservazione di ecosistemi e biodiversità, divenuta consapevole di quanto il proprio ambiente sia la propria fonte di vita, non solo per l’oggi ma nell’orizzonte di tutto il tempo a venire. E padrona di strumenti e metodi per far coesistere razionalmente utilizzo delle risorse e loro rinnovamento.

Passi di un cammino
In ultimo ogni intervento, ogni progetto, vuole essere strumento di condivisione, un modello operativo che viene definendosi, l’apertura di nuovi rapporti, in cui anche altre iniziative potranno poi incamminarsi.
I risultati, nel tempo, vogliono contribuire anche a provare la validità di una seria strategia di cooperazione, fatta di passi non tanto eclatanti quanto ben mirati (cfr. percorso fotografico). Strategia che chiede di essere rilanciata a tutto campo, se la comunità internazionale intende davvero ottenere gli obiettivi – già non troppo pretenziosi - che ha accettato di darsi.
Tutto questo chiama in causa ognuno di noi, non solo come sostenitore di interventi e progetti. Dare concretezza, passo dopo passo, al sogno di un mondo che non “fa senza” di nessuno, in cui nessuno è “di troppo”, interroga ciascuno anche nel ridefinire per la propria vita significati e priorità. Fuori da un modello unico per cui si conta solo come giulivi e utili consumatori. Recuperando spazi di libertà e di autenticità, cercando quanto davvero è necessario per una vita in unità con sé stessi e gli altri.
Difficile chiamare questo “un sacrificio”.

Scheda: Tra fame e spreco

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