La tentazione

di Giuseppe Pollano

 

La tentazione dell'uomo è di sentirsi dio e perciò di credersi onnipotente, di vedere in tutte le proprie intenzioni, in tutti i propri desideri, la volontà del Signore. L'uomo, anche il più santo, non può escludere l'azione del demonio, che lo tenta continuamente per portarlo fuori dalla sua strada. Questo demonio è capace di “aiutare” l'uomo a fare cose che nessun santo è stato capace di fare, per poi deviarlo verso la strada della non santità; lo vuol far credere dio, onnipotente, farlo peccare d’orgoglio per poi annientarlo. Perché il demonio non canti vittoria, l'uomo, anche se ha tanti talenti, non smetta mai di sentirsi creatura che ha bisogno del riposo donatogli dal suo creatore; creatura che lascia lo spazio agli altri “santi” per fare la loro parte; creatura che, pur facendo tutto il bene di questo mondo, ha bisogno di pregare, di tacere affinché il suo Signore parli dentro di lei. Allora questo santo uomo dormirà rendendo gloria al Signore e gli offrirà il sonno; si nutrirà per rinnovare le proprie forze e lottare meglio per chi è misero, cercherà continuamente consiglio per non portare avanti le proprie idee, ma quelle del Signore; si lascerà avvicinare da tanti poveri per avere un linguaggio semplice e non innalzarsi troppo e accetterà i consigli dei suoi amici per non sentirsi arrivato.

 

La tentazione è una importante categoria della vita. Quando si parla di tentazione si pensa subito alla morale e alla religione. In realtà è opportuno allargare la visuale, perché la tentazione è un fatto più generale dell’esperienza umana.

 

 

1) che cosa è la tentazione

Innanzitutto bisogna collegare il termine tentazione al verbo tentare, non però nel significato di indurre qualcuno al male, ma a quello più generale di provare. In questo senso la tentazione va intesa come una prova, una verifica per capire bene quanto una persona o un oggetto resistono ad uno sforzo, ad una violenza, a qualche cosa che cerca di rovinare e spezzare. Pensiamo anche solo alle prove meccaniche a cui si sottopongono nei laboratori delle provette per verificarne il punto di rottura alle sollecitazioni meccaniche.

Tutte le realtà hanno dei limiti, e anche per la persona umana vale la stessa cosa: anche noi sappiamo resistere fino ad un certo punto a delle sollecitazioni e poi cediamo. Tutti abbiamo quindi punti di rottura psicologici e morali, e qualche volta ci accorgiamo che li stiamo avvicinando. Frasi come “non ce la faccio più”, “non resisto”, se dette seriamente sono preoccupanti e dimostrano che abbiamo dei limiti. Un suicidio è la soluzione estrema di una rottura irreversibile.

Nel linguaggio morale la tentazione è la prova che riguarda l’attaccamento di una persona a ciò che per lei vale. È soltanto il valore che ci attira e che crea in noi un attaccamento tale che non vogliamo perderlo. Ed è giusto che sia così.

I valori sono molti. Paolo, parlando dell’amore di Gesù, pone la questione proprio sotto questo punto di vista: che cosa potrebbe separarmi da te? (Rm 8,35). Con la sicurezza del suo grande animo risponde che niente, nessuna prova, nessuna tentazione potrebbe strapparlo via da Gesù, tanto che morirà cordialmente per lui.

Dunque ci sono valori a cui sei attaccato. Nello stesso tempo, però, non sai fino a che punto. Diciamo “amo”, ma solo quando una forza diversa cerca di strapparci dalla cosa o dalla persona che amiamo possiamo capire quanto amiamo davvero. Senza la prova l’amore è qualche cosa di generico e insicuro, solo nella misura in cui sono capace di rimanere attaccato, ho il diritto di dire che sono fedele. La fedeltà infatti è la capacità di rimanere attaccato ad un valore quando qualcosa mi dis-trae da esso, è la resistenza alla forza che vorrebbe separarmi dal valore. Quindi la fedeltà implica fatica e sforzo. Soltanto chi può dire di sé che è fedele ad un valore, ha anche il diritto di dire che è una persona affidabile. Fin che la vita non ci tenta, non sappiamo se siamo persone fedeli e di cui fidarsi; qualche volta nella vita si è convinti di essere fedelissimi e affidabilissimi, e poi restiamo molto delusi da noi stessi perché constatiamo che è bastato così poco per tradire, per tirarsi indietro.

Ecco perché la tentazione è assolutamente indispensabile e in particolare quando i valori sono essenziali, come nella vita cristiana dove il valore è Gesù Cristo. Paolo pone la sua domanda (Rm 8,35) quando ha già superate innumerevoli prove e tentazioni, quindi è sicuro della sua risposta. Noi, molto più umilmente, potremo rispondere di sperare che nulla ci separi da Gesù, ma dobbiamo provare. Potrà separarmi da te questa prova che prima non avevo e che mi proietta in questa condizione diversa in cui faccio fatica a vivere? Soltanto se la supero, posso dire che ho conosciuto la misura dell’amore di Gesù.

Questo criterio non vale solo per l’amore verso Gesù, ma in ogni amicizia e amore. Avrete probabilmente fatto esperienza nella vostra vita di un legame che si è rotto e della sofferenza che ha provocato quando, ad esempio, un’amicizia è venuta a mancare perché l’altra persona, di fronte ad una certa prova, se ne è andata. E’ un’esperienza dolorosa per chi subisce l’abbandono, perché si accorge che era più fedele dell’altro, e questo per un lato è bello ma per l’altro è la delusione più grande che si possa subire nella vita: mi fidavo! Tra noi e Dio non c’è paragone in fatto di fedeltà, lui stesso nella bibbia si definisce come Dio fedele, “anche se tu manchi, io non ti mancherò mai perché sono fedele a me stesso e all’amore che ho per te. Non ti tradirò mai, non potrai mai dire che sono stato un Dio infedele”. Questa sua splendida caratteristica di Dio è quella che ci assicura, perché noi, non essendo impeccabili, sappiamo già che abbiamo avuto e avremo dei momenti di infedeltà verso Dio, che ci rimane fedele.

La tentazione misura a che punto di fedeltà siamo. Una vita cristiana in crescita dovrebbe poter dire che nel passato bastava poco per distogliere da Dio, far vacillare, mentre oggi quelle cose non bastano più, l’attaccamento a Dio è diventato più reale. Il segno del progresso cristiano non è l’insieme dei nostri sentimenti belli e delle nostre esperienze belle di preghiera e fraternità, ma se la mia capacità di rimanere attaccato a Cristo è cresciuta, cioè se laddove nel passato qualcosa facilmente mi strappava da Gesù, oggi non si strappa più. Questo è l’unico vero segno della tentazione vinta (cfr. Lc 4,2).

 

 

2) che cosa comporta la tentazione

Dobbiamo riconoscere che non abbiamo un solo valore, Gesù Cristo e basta; ognuno di noi è attaccato a più valori contemporaneamente (tutte le realtà personali e le cose che in vario modo amiamo) e dobbiamo anche ammettere che tutti questi valori non sono sempre in armonia, qualche volta entrano in conflitto. Noi ci muoviamo in mezzo a continue tentazioni, la nostra fedeltà è sempre collaudata, specialmente nel nostro tempo dove abbiamo tutto a portata di mano. Questo però non deve farci sospirare che è una continua fatica, perché è anche bello scegliere Gesù in situazioni in cui si sarebbe potuto scegliere altro. D’altronde questo è un modo concreto per dimostrare a Gesù che gli voglio bene. Anche due persone che si vogliono bene continuamente chiedono l’una all’altra piccole prove di fedeltà.

Avendo in origine molti valori, non siamo sicuri di quali siano veramente i più radicati. Ad esempio, in partenza potevo anche dire che non avrei mai perso una messa, ma era una affermazione teorica, di buona volontà; come mi comporto oggi se devo scegliere tra messa o week end in campagna? Due si sposano e dicono che non si tradiranno mai. E’ bello avere questa intenzione, ma è poi l’esperienza della vita che dice se questa intenzione era davvero un valore di fondo.

Ci vuole il collaudo, solo la tentazione che incontri ti fa capire quali sono i valori più grandi per te, perché quelli meno importanti cedono. Te ne accorgi dopo che cosa veramente ti interessa. In altre parole, le prove, proprio perché ci obbligano a scegliere, ci riducono all’essenziale, ci fanno capire per esperienza ciò che forse non sapevamo, che cosa ci interessava davvero. Vado all’eucaristia e lascio il week end. Ma perché vai all’eucaristia? Perché incontro i miei amici. Se l’amico X non arriva, quella messa incomincia a diventare noiosa, e a metà messa esco a cercare il mio amico. Le situazioni si sono combinate in modo che io pian piano ho scartato tutto quello che non mi interessava veramente: l’unica cosa che mi interessava era incontrare l’amico X. Qualcosa mi aveva detto di rimanere per l’eucaristia, di rimanere attaccato a Cristo, ma c’era un altro valore che tirava di più, e dall’insieme delle tentazioni o trazioni ho capito cosa volevo davvero. In questo caso il valore è un po’ compromesso, perché si va all’eucaristia per incontrare Cristo insieme alla comunità.

La tentazione allora serve a capire chi sono, perché io sono quello che io amo.

Può anche accadere che uno si accorga che proprio un motivo ideale essenziale per cui vive o morirebbe non ce l’ha. Questo è normale per la nostra cultura che si accontenta di mettere insieme un po’ di persone e cose che ci interessano, ma non lo è per il cristianesimo.

Il cristianesimo sceglie, come ha scelto Gesù verso di noi, un amore forte come la morte (Ct 8,6): io ti scelgo, Gesù, in questa misura, perché tu hai scelto me prima che io esistessi mettendo come misura la tua vita, tanto da morire per me e, poco che ti capisca, mi attacco a te, mio supremo valore, nella stessa tua misura. So che non sarà facile e so anche che certe volte non lo farò.

Noi facciamo una vita cristiana molto facile, non abbiamo grandi contrasti e persecuzioni, quindi non sappiamo fino a che funto siamo cristiani fedeli. Come mi comporterei lo posso già capire da come mi comporto di fatto, perché ci sono tante occasioni pratiche in cui devo fare delle scelte. Vado in un ambiente di persone scettiche che mi accettano come amico, e mi accorgo che lì mi adatto troppo, non dico parole da cristiano. Ho due pesi e due misure? Se è così devo mettere in questione la mia fedeltà: Signore, se mi basta questo perché la mia personalità si addormenti un po’, perché io non senta il bisogno o non trovi il coraggio di dire di te, allora devo mettermi in questione. Il vero cristiano porta dentro l’attitudine a voler essere fedele anche di fronte alla tentazione del rispetto umano, del non voler creare problemi, del non esporsi, del non perdere l’amicizia o la simpatia.

Non possiamo essere persone di mezza misura, lasciamo che la tentazione ci chiarifichi, ci faccia capire quanto è il proprio zelo. La tentazione, quando Dio la permette, ci serve moltissimo per metterci in questione e forgiarci. Ecco perché Gesù di fronte a noi come siamo, ci sfida: “Mi ami? Allora se vuoi seguirmi prendi la croce” (Mt 16,24). La mia inclinazione non è questa, ma Gesù vuole vedere se il mio attaccamento a lui non mi spaventa e non si spezza. Gesù non pone questa domanda per spaventare, ma per chiederci di amarlo nella misura in cui lui ci ha amati, è una richiesta di amore. Gesù vorrebbe che il nostro amore equivalesse al suo: amami perdutamente.

Con la tentazione mi capisco e le tentazioni vinte sono la misura con cui amo il Signore. Tutto il resto è pura teoria, discorsi, parole. Non si impara ad amare Gesù quando si fanno grandi celebrazioni, ma nella tentazione.  

 

 

3) come si presenta la tentazione

La tentazione sostanzialmente si presenta in due modi. Ciò che ti tira via da Gesù o è una cosa molto seducente o che ti fa soffrire. Seduzione e sofferenza sono le due maniere in cui siamo tentati di staccarci da Gesù Cristo come il grande valore.

La seduzione è tutto quello che si attacca a desideri e valori che tu hai. Li incanta, li attira, li soddisfa, in modo che tu sei talmente preso da questa soddisfazione che ti pare che ormai c’è tutto, e se anche ti accorgi che non è il gusto di Gesù, non te ne importa più di tanto. Il tuo attaccamento a Gesù, che è un amore che costa, ha ceduto perché la seduzione ti ha preso. Tipico caso in cui la seduzione attira un cuore è quello di Giuda, il quale, scelto e amato da Gesù, tuttavia è stato sedotto da trenta denari. Ci pare impossibile il tradimento di Gesù per così poco da parte del nostro fratello Giuda, ma tu credi veramente che qualunque seduzione a cui tu cedi sia poi tanto più importante di quei trenta denari? La tua ambizione, il tuo orgoglio, la tua sensualità, la tua avarizia cosa credi che siano in confronto a Gesù? Niente. Ma siccome siamo tanto fragili la seduzione ci incanta e ci attira. Poi ci spiace molto e siamo mortificati, ma accade.

L’aspetto della seduzione che si attacca a tutti i nostri desideri è oggi, almeno nella nostra cultura, prevalente rispetto alla sofferenza: siamo sedotti da molte cose, ed è bene che ciascuno faccia il conto di quali sono in fondo le cose che lo seducono di più. La persona ambiziosa si stacca molto da Gesù che è venuto per servire, che chiede di essere umili di cuore come lui.

Di fatto il punto dove la seduzione minaccia di vincerti o ti ha già vinto riguarda tutti, ed è umiltà riconoscerlo. Nessuno può dire che non si lascia vincere dalla tentazione, infatti Gesù è stato in questo molto drastico “se un occhio ti scandalizza, cavalo, perché è meglio arrivare al regno con un occhio di meno che andare all’inferno con due”. Gesù teme molto che per la nostra debolezza ci stacchiamo da lui. In un mondo che non fa altro che saziare l’occhio, se sei credente ti rendi conto che ciò ti mette alla prova e che delle volte ti basta veramente poco per staccarti da Gesù. Ma non ti rassegni e allora capisci che il tuo cristianesimo deve essere più armato (prendi l’elmo della fede, …).

L’altro aspetto della tentazione è la sofferenza. Noi possiamo staccarci da Gesù e mettere in questione Dio perché la sofferenza ci pesa e ci scandalizza. La seduzione passa, la sofferenza no. La sofferenza che c’è in noi, che può anche essere ingiustamente o innocentemente subita, fa gridare: dove sei Dio? Perché a me questo e non a chi ti offende apertamente?

Siamo nel punto più scoperto del cristianesimo attraverso il quale tutti dobbiamo passare, ma dietro a Gesù crocifisso e innocente. D’altra parte anche nella vita di tutti i giorni c’è chi è crocifisso ed è innocente.

Un uomo può essere comprato dal denaro o piegato dalla tortura, ma la posta in gioco è sempre la stessa: il valore, se si cede, al quale rinunciare. Il cristiano si aspetti pure che seduzione e sofferenza mettano alla prova il suo attaccamento di amore a Gesù, confortandosi a pensare che Gesù uomo, prima di noi, ha affrontato le stesse prove. E’ stato veramente tentato nel deserto, nel corso della sua vita pubblica, al Getzemani per evitare la passione, sa cosa vuol dire rimanere attaccati al valore più grande al di là di ogni seduzione e sofferenza. Questo ci conforta perché posso dirgli che sto faticando molto a rimanere fedele a lui in questo momento di fronte a questa sofferenza o a questa seduzione, che se non mi dà una mano, mi stacco da lui. Glielo confesso, perché so che lui mi aiuta perché è l’amico che mi tende la mano prima che possa sprofondare. Spesso la nostra vita deve fare questi slanci di confidenza quando si sta per andare a fondo.

 

 

4) chi la propone

Il cristianesimo non conosce solo le tentazioni, ma anche il tentatore (Gn 3,1-7; Mt 4,3; Gv 13,2; 1Cor 7,5; etc.). Le tentazioni in parte vengono da noi stessi che, per come siamo fatti, possiamo venire sedotti o atterriti da qualche cosa. Ma la rivelazione cristiana ci avverte che esiste una creatura perversa, che ha fatto una scelta rispetto a Dio che lo porta a dare testimonianza a Dio combattendo contro di lui. Non può non farlo, perché satana non è ateo, quindi o con o contro. Avendo scelto il contro, è sempre attivamente contro Dio. Il suo progetto è sovvertire il disegno di Dio per quanto riguarda l’uomo, che è un disegno di vita, di felicità, di ottimismo, di salvezza.

In che modo agisce il tentatore? Puntando sull’uomo una forza negativa che non lo salvi ma lo distrugga, che lo scoraggi, che lo faccia disperare, insomma l’insieme del negativo rispetto al disegno Dio, in modo da cancellarlo.

Il tentatore c’è, ha affrontato Gesù, affronta ogni persona umana. Quando diciamo non ci indurre in tentazione chiediamo a Dio che ci aiuti a superare la tentazione che viene dal tentatore e da cui nessuno è esente dalla tentazione.

La tentazione diretta di satana è molto varia.

In parte egli, che ci conosce ed ha un certo potere di suggestione sulla nostra psiche, adopera le nostre debolezze, le sfrutta.

In parte ci tratta in maniera subitanea e fulminea: certi momenti di improvvisa tenebra, disperazione, rivolta ti scoppiano nel cuore e nella mente ed entri in conflitto con Dio. In questo caso, se sei una persona che mai e poi mai avrebbe pensato di combattere Dio, ti accorgi che stai subendo una tentazione di satana.

Ma ci sono casi in cui non è facile accorgersi subito dell’azione di satana. Poiché ci conosce bene, sa dosare le tentazioni, insinuandole in modo subdolo prendendoci per il nostro verso: pensiamo quante volte siamo condotti a mancare di amore e a farci nel cuore dei fieri sentimenti di ostilità sulla base di una cosa giusta. Una cosa ingiusta ci indigna, e ci possiamo lavorare sopra al punto tale che ci carichiamo di risentimento, di rancore, etc. e non siamo più capaci di guardare in faccia, con umile amore e perdono, la persona che ci ha procurata quella ferita. Evidentemente su un sentimento giusto si è inserita una forza negativa e noi, in nome della verità, abbiamo dimenticato la carità, mentre il vangelo continua a dirci verità nella carità, amore e verità. Anche tra i cristiani capita che in nome della verità io ti offendo, ti ferisco, sono intransigente e non ti perdono. Questo è il tipico modo di tentare finissimo di satana: continui ad essere virtuoso e la tua virtù, come direbbe Agostino, diventa un vizio, tu credi ancora di essere virtuoso, ma se tu dici quella cosa perché è vera e fai soffrire una persona mentre potresti fare diverso, allora è chiaro che sei tentato.

Occorre essere attenti perché il demonio tenta e soprattutto cerca di tentare i migliori, perché l’economia satanica non spreca energie. D’accordo, ci sono persone che si lasciano facilmente andare, ma quando una persona ci tiene ad essere cristiana, si aspetti pure di essere particolarmente tentata e quindi sia vigilante, perché ciò che dà fastidio a questo antagonista di Dio è l’uomo di Dio. L’esperienza dei santi è stata spesso ricca di tentazioni profonde che hanno vinte con l’umiltà e la preghiera, come ad esempio la tentazione fortissima di disperarsi: Elisabetta della Trinità, una grandissima mistica, alla fine della vita soffriva molto e chiedeva di non lasciarle vicino dei farmaci pericolosi perché aveva la tentazione di suicidarsi.

Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede” (1Pt 5,8). Al demonio bisogna resistere, e resistere si può sempre perché i più forti siamo noi. Molto sbagliato è avere paura del demonio, perché la paura è proprio la sua arma preferita. La paura è pericolossima, il terrore smonta tutto, una non prega più, si lascia andare.

La resistenza alla tentazione è la calma serena e tranquilla, perché con il battesimo abbiamo ricevuto un potere di esorcismo sul demonio, possiamo dirgli con lo spirito di Cristo “Vattene!” ed egli se ne va. Resistere, anche appoggiati alla grande convinzione che “Dio non permette che siamo tentati oltre le nostre forze” (1Cor 10,13). A noi spesso pare che non sia così, ad esempio ci pare di non poter perdonare. Rassicurati, la fede ti dice qualcosa di diverso: Dio permette che tu sia provato, ma con la sua grazia tu riesci lentamente nella sofferenza a superarti e ad arrivare alle acque calme del perdono. E’ una strada che tu percorri, credilo, non è una distruzione. E questo è molto confortante e ci permette di non comportarci come se fossimo dei vinti. Il demonio vince solo chi si lascia vincere.

La tentazione è un quadro complesso, ma che si può ricondurre alla domanda “che cosa mi può separare da te, Signore?”. Umilmente cerco nella mia coscienza quello che oggi mi può ancora separare da Gesù, oppure posso dire, se la mia esperienza mi conforta, che mi sono riattaccato a te prontamente e col tuo aiuto spero di poter dire che non c’è nulla che possa separarmi da te.

Questa è l’economia della fedeltà cristiana, perché ogni tentazione vinta lascia nel cuore un senso di pace, di libertà, di serenità grandissima, perché Gesù ci fa sentire la sua gratitudine per non esserci lasciati separare da lui. Vincere le tentazioni è un cammino continuo, fino alla fine della vita. Chi si abitua a vincere vive bene e tranquillo.

Non c’è giorno in cui non siamo tentati, ma siamo contenti se alla fine della giornata possiamo dire che siamo rimasti fedeli. “Saremo giudicati secondo l’amore”, dice Giovanni della croce, che vuol dire che saremo giudicati su questa forza che non si è lasciata separare da Gesù. Se poi non ce l’abbiamo fatta e abbiamo chiesto perdono, è come se non fosse accaduto nulla.

tratto da un incontro all'Arsenale della Pace
testo non rivisto dall'autore

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