Regola del Sermig, "Sogno che fra cent’anni"

Fiera Internazionale del libro di Torino. Nella Sala Rossa alle ore 19 si è svolta la presentazione del libro di Ernesto Olivero “Sogno che fra cent’anni”, editrice Effatà.

a cura della redazione

relatori C’era il pienone dei grandi avvenimenti per un libro scritto “per chi crede, per chi non crede, per chi crede di non credere”, libro che è la regola di vita del Sermig.

All’incontro, moderato dal giornalista della Rai Gian Mario Ricciardi, hanno partecipato Sandro Calvani, direttore dell’UNICRI, Mons. Giuseppe Pollano e l’editore Paolo Pellegrino.

Massimo D’Alema, che non ha potuto essere presente, ha inviato un breve messaggio: “Caro Ernesto, mi avrebbe fatto molto piacere essere con te a raccontare della nostra amicizia. Raccontare delle cose che abbiamo fatto insieme, del dialogo tra noi che dura oramai da molto tempo e che è stimolo continuo per la riflessione, ma anche per cercare di agire concretamente nel nome della solidarietà verso gli altri. Spero che avrò occasione per parlare del tuo ultimo libro in un altro momento, a Torino o a Roma, dato che, oltretutto, avrò ora anche più tempo per dedicarmi allo studio e alle cose che mi appassionano. Con amicizia, Massimo D’Alema.”

Nell’intervista rilasciata a Roberto Levi, giornalista del quotidiano Cronacaqui, il fondatore del Sermig Ernesto Olivero spiega il senso di questa iniziativa editoriale.
«Nella mia vita ho scritto oltre trenta libri, ma questo è senza dubbio il più importante. Vi si narra l'anima del Sermig e la sua storia spirituale. Quarantaquattro anni fa eravamo una quindicina di ragazzi e lo stimolo che ci ha spinto è stato quello di abbattere la fame nel mondo. Da allora abbiamo aiutato cento milioni di persone in 137 nazioni. Io sono stato il primo uomo sposato a creare un ordine religioso e abbiamo trasformato un Arsenale militare in uno di pace. L'impossibile ha bussato alla nostra porta e moltissima gente ci ha portato la sua disperazione e ha puntato sulla nostra speranza di cambiare le cose».
"Sogno che fra cent'anni" – commenta l’intervistatore - contiene contributi molto diversi: di Giovanni Paolo II, del suo segretario Stanislav Dziwisz, del cardinale Xavier Nguyên Van Thuân, del teologo della Casa Pontificia Georges Cottier, di Norberto Bobbio, di Luca Nicolotti, ergastolano delle Brigate Rosse, Piero Reinerio consigliere delegato dell'Armando Testa, e di Adriano Sofri.

«Il titolo del libro - osserva Olivero - esprime il desiderio che il Sermig anche fra cent’anni possa essere come aggi, aperto 24 ore su 24 e con l’animo disponibile nei confronti dell'imprevisto, pronto a migliorare la vita delle persone. Dovremo insomma essere sempre gli stessi, cambiando però i nostri metodi secondo i segni dei tempi». Ma qual è il grande obiettivo del presente? «Dare un ideale ai giovani, per offrire loro un buon motivo per dire no alla droga, alla violenza e al bullismo. Ogni anno in centomila ci vengono a cercare. Bisogna aiutarli a capire cosa sia bene e cosa male. La società deve trovare la severità che educa. Il problema dei giovani è uno dei più significativi del mondo occidentale e non solo ed è necessario viverlo come una grande opportunità».


Alcuni passaggi tratti dagli interventi dei relatori ci aiutano a capire il senso, lo spessore e le sensazioni che questo libro suscita.
Ricciardi

Sono felicissimo di essere qua… Perché sono contento? Perché essere qui stasera con questo libro vuol dire essere arrivati ad un punto forse il più alto della storia di un gruppo di giovani che tanti, tanti anni fa, ha creduto in un sogno, ha lottato … ha creduto in un sogno e adesso realizza una comunità che diventa fraternità…
È questo il punto finale, ma è anche il punto iniziale della storia del Sermig perché vuol dire davvero “sogno che fra cent’anni”, al di là delle persone che ci potranno ancora essere, questo è un movimento che andrà avanti oltre alla vita di chi l’ha creato.


Gian Mario Ricciardi
A me è successo di portare tante volte all’Arsenale delle persone che avevano dei dubbi (sull’operato del Sermig). Hanno trovato una città che è la città dei poveri, una città dove ci sono ambulatori per chi non può pagarsi il medico, una città che mobilita migliaia di volontari ogni volta che c’è una occasione, una città che ha riempito decine di aerei per le persone che più avevano bisogno in giro per il mondo…

Pollano

Il mio è un intervento che ha un’intenzione di testimonianza. Questo piccolo libro in realtà è un grande libro e bisogna prenderlo nella sua grandezza.
Inizierei affermando che questo libro intitolato “Sogno che fra cent’anni” non deve trarci in inganno, nel senso che Ernesto non è un sognatore all’umana, cioè di quegli uomini e quelle donne che descrivono una società ideale, ma possibile soltanto nell’immaginario. Ernesto non è questo tipo di sognatore, ma piuttosto un tipo di sognatore biblico: il futuro, per chi crede, è sempre più ricco del presente, perché Dio è un Dio che aggiunge storia. E dunque mentre si fa storia oggi occorre fermamente sperare che questa storia diventerà più bella e più grande domani. Questo è il sogno biblico, e allora sì, “Sogno che fra cent’anni”.

Don Giuseppe Pollano

È un libro piccolo che ha la caratteristica – tra i vari generi letterari – di una regola. È una regola di vita. Il che significa due cose importanti.
Prima caratteristica: è un libro che racconta. “La regola è il racconto della nostra storia spirituale” (cap. Pilastri di una nuova fondazione, pag. 29 ndr), ossia di cose già vissute. Il rischio di scrivere e non vivere, poi, è diffusissimo, è molto più prudente – e nella storia della Chiesa si fa così se si è onesti – prima vivere, poi scrivere. Questa è la prima caratteristica della regola, è un vissuto che poi, almeno in parte, è stato condensato, descritto e proposto, ma sulla base di cose che si possono fare, tanto è vero che sono già state fatte.

L’altra caratteristica, proprio perché siamo di fronte ad una regola di vita, è che c’è in questo libro la pretesa di chiedere gesti. Non è un libro che debba soltanto ispirare delle buone riflessioni, anche, ma soprattutto chiede di fare gesti, chiede di fare storia. La sfida di Ernesto è di questo genere, è una sfida storica, fatta di persone in carne ed ossa che si lasciano prendere da questo carisma particolare e trascinare avanti con molta serietà…

La patologia della umanità d’oggi è il disamore… C’è una asimmetria tragica tra il progresso del sapere e il pochissimo progresso dell’amare. Qui, nel libro, si parte proprio da questa crisi del disamore. Si affronta frontalmente la questione: una mentalità per crescere nell’amore. Il valore di questa regola ritengo sia essenzialmente qui, poi con tutti i suoi sviluppi e conseguenze. Dunque, una regola di vita giusta? Direi di sì, ma aggiungerei che è urgente. Quando i grandi della terra si guarderanno in faccia e arrossiranno ammettendo finalmente che stanno amando troppo poco, ci sarà una svolta superepocale della storia. Mi sembra anche questo un sogno a occhi aperti. Noi abbiamo il difetto di crederci perché è lo Spirito di Dio che smuove i secoli, che gioca con le generazioni, ma non puntiamo meno in alto che a questo livello di civiltà vera.


Calvani

Ernesto… trova un altro cuore della comunicazione, quella che viene dalla vera forma di comunicazione che è la communio, cioè sentirsi in comunione. Chi legge questo libro fin dalla prima pagina si sente in comunione con un progetto, il progetto di pace. È quella pace disarmante, come si trova scritto entrando al Sermig, è quella pace che conviene a tutti.. Uno sente che conviene. Non è che questo libro convince chi la pensa diversamente. Il libro coinvolge, congloba i sentimenti…
Sandro Calvani

Questo libro comincia a pag. 9 con la parola "incontrando" e chiude a pag. 198 con la parola "affidarci". In mezzo c’è il libro, tra l’incontrando, cioè vogliamo andare incontro, quindi ascoltare, non insegnare… e l’affidarci perché è un libro sull’affido, cioè fidarsi degli altri, mettere se stessi in mano agli altri.

Dentro ci sono tre principali temi… tre principali categorie. La prima riguarda le regole di vita. Una cosa ben strana oggigiorno. Chi è che ama le regole? Chi è che cerca le regole?… Queste regole sono state scritte da una vita vissuta da decine di giovani, quelli che sono stati membri di questa comunità, da centinaia, migliaia di altri, si potrebbe quasi dire milioni se contiamo anche quelli che sono andati nelle piazze di Torino, nelle piazze del mondo insieme al Sermig, cercando forse anche delle regole di vita. Cosa costruiscono queste regole di vita. Costruiscono un’identità della persona che non è identità contro qualcuno. È la riscoperta di sé stessi basata anche su un senso di fede, ma certamente in senso non antagonista ad altre culture, ad altre religioni…
Questi brani di Ernesto fanno sognare anche me. Ci si sente già parte di un progetto, un progetto di pace per sé, per le persone vicine, quelle amate, quelle lontane, per tutto il mondo…

Pubblico sala La seconda area di questo libro è una mappa che ci aiuta a essere più che a sapere… sono delle mappe che non dicono da quale parte svoltare, però dicono che cosa scegliere. Scegliere la pace, soprattutto la pace dell’anima, la pace delle relazioni tra le persone.
Questa mappa aiuta a costruire quello che tutti cercano ogni giorno, la libertà dalla paura. Siamo tutti schiavi della paura. Questa mappa che c’è nel libro… è il sogno di costruire uomini e donne coraggiose che sanno liberare gli altri dalla paura, cioè ricostruire quel tessuto umano che è quello che dà vera felicità al dna umano… Le persone più felici che io ho incontrato sono quelle che sono capaci di mettersi a servizio. Tutti vorrebbero riuscirci e una mappa come questo libro aiuta…

L’ultimo contenuto che io metterei sono tutti i suggerimenti che questo libro fa scoprire riguardo alla nostra capacità di fare miracoli. Quello che succede al Sermig sono miracoli. State pur sicuri che nessuno andrà a fare una causa di santificazione domani per nessuno dei membri del Sermig. Far miracoli vuol dire trasformare la morte in vita ed è quello che succede quotidianamente. Chi di voi ha letto alcune delle storie recenti di chi è stato accolto al Sermig, tra cui assassini, terroristi, ragazzini che avevano fatto cose veramente brutte, sa che hanno scoperto la vita. Questo è un contenuto che aiuta a dare ricette per applicare la nostra creatività alla speranza. È la speranza che può costruire questi miracoli… Non vi posso convincere tutti a leggere questo libro, ma di una cosa sono quasi certo: alla fine di questo libro uno si sente meglio e si sente più capace di rendere migliori gli altri.
la Redazione
 
 

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