Perché una regola di vita (3/3)

La preghiera: per realizzare l'obiettivo - L'uomo è come un recipiente fatto per essere colmato. Il profondo dell'uomo è fatto per Dio e soltanto per Dio. Se non ci rendiamo conto che l'obiettivo principale è Dio, nel quale immergerci grazie alla parola chiave dell'amore, al Tu, non capiamo chi siamo e dove andiamo.

di Giuseppe Pollano



1)       Fatti per Dio e soltanto per Dio

Una regola di vita cristiana comincia sempre dalla realizzazione del primo comando, "Tu mi adorerai" (Dt 5,6). Ciò è del tutto irrinunciabile. L'uomo è per sua natura un adoratore. Una regola di vita che sia decapitata di questo profondo incontro è una regola di vita morta. La nostra civiltà non fa questi discorsi, ma a maggior ragione noi cristiani li dobbiamo fare. È tornato il momento in cui occorre dire forte che ci vogliono adoratori di Dio "in spirito e verità" (Gv 4,33-34).
Dunque la giornata deve essere organizzata partendo dall'incontro con Dio. Innanzitutto dobbiamo superare molti paradossi.
Domenico Chiodo, Gesù e il bambinoIl primo è che Dio è l'essere più vicino, eppure molto spesso ci appare il più lontano: paradosso drammatico che deriva dal fatto che l'uomo con il peccato ha fatto una scelta di apostasìa, di rinnegamento di Dio. Questa distanza, voluta dall'uomo e non da Dio, di fatto crea il primo paradosso che porta all'assenza di Dio.
Il secondo paradosso deriva dal fatto che Dio senza dubbio è l'amico più prezioso, ma spesso lo trattiamo come il più insignificante. È un paradosso doloroso che attraversa l'esperienza di tutti e comporta la noncuranza.
Gli uomini si sono sempre resi conto di portare dentro questi dolorosi paradossi, sicché organizzare la preghiera è un affrontarli e un esorcizzarli.


2)     Mettere Dio al primo posto

Per afferrare che Dio è presente qui e adesso non bastano né i desideri, né gli sprazzi interiori, ci vuole una regola molto umile, molto fissa e molto imposta. Imposta perché il nostro essere è indisciplinato, è disordinato, è superficiale per sua natura. Allora la mia giornata sarà tale che, pur con mille cose da fare, programmo di mettere al primo posto Dio.
Non bisogna mai accontentarsi e dire: Io a Dio ci penso sempre. Può essere anche vero, ma può anche essere illusione, può non arrivare al nucleo profondo del nostro intimo. Dio a Mosè dal roveto ardente disse: Io sono colui che sono (Es 3,14). Non è una definizione metafisica; vuol dire "Io sono e sarò con te". Tutta la Bibbia non fa altro che sviluppare questa tematica; il Dio che ci interessa è il Dio qui, adesso. Però per rendersi conto di questo, Mosè ha dovuto far qualcosa, lasciare un momento da parte il pascolo e inoltrarsi verso il roveto che ardeva, togliendosi i sandali dai piedi. Si è messo a camminare con umiltà, si è organizzato.

2.1)     La preghiera esige dei qui precisi

Se Dio è qui, io devo farmi un piccolo luogo di preghiera qui, il mio luogo. I posti in cui sto nella giornata sono innumerevoli, ma il luogo dove incontro Dio è inconfondibile. Per noi cattolici il qui dove Dio si incontra non è neppure uno solo. È il qui della Parola: tu apri la Sacra scrittura e attualizzi Dio che ti dice qualcosa. È il qui dei sacramenti: tu vai in chiesa e lì c'è la presenza misteriosa di Dio che attualizza un incontro. C'è ancora un terzo, grande modo per incontrare il Signore: raccogliersi, prendere coscienza di essere dimora dello Spirito e scoprire in noi Dio, e ritrovarsi in un silenzio interiore, in una interiorità tranquilla, avvertendo la sua presenza.
La Parola, i sacramenti, la coscienza abitata da Dio sono i tre grandi qui c'è Dio. Se io passo una giornata senza aprire la scrittura, senza passare in una chiesa e senza avere un momento di raccoglimento, ho perso l'incontro qui e adesso.

2.2)     Le condizioni per pregare

2.2.1)     precisione strutturale
La prima caratteristica della preghiera è la precisione strutturale. Vincent Van Gogh, Natura morta con BibbiaNon si prega quando capita, si prega quando si vuole che capiti. E si vuole che capiti col criterio che Dio è il primo: Mi adorerai prima di tutto, Cerca prima il regno, il resto ti sarà dato in aggiunta.

2.2.2)     preparazione del cuore
È togliersi di dosso tutto quello che è la quotidianità, è uscire dall'ambiente che ci portiamo dentro. Se non ci accorgiamo che Dio è dentro di noi è soltanto perché tra noi e Dio c'è uno strato di contenuti psicologici (i nostri pensieri, i nostri immaginari, i nostri affanni, le nostre soddisfazioni) che sono uno strato abituale di nebbia che ci impedisce di andare al di là.
La preghiera non inizia con un segno di croce o aprendo la Bibbia, ma con un atto interiore che è mettersi alla presenza di per non perdere il qui e ora di Dio.
Staccarsi da tutto ciò che non è Dio non è facile quando abbiamo in noi delle spine permanenti come un dolore o un affanno, o anche qualcosa che ci attira molto. Spesso siamo condizionati senza nostra colpa. Dio accoglie anche questa fragilità che lo invoca dal profondo della propria pochezza, soltanto bisogna non assecondare questa superficialità.
Dio lascia che da un colloquio allaltro con Lui ci siano distrazioni; l'essenziale è voler essere lì per Lui.

2.2.3)     purezza di cuore
Viviamo in una società altamente dissipante, che ha mille attrattive che giocano sulle nostre emozioni. Occorre allora avere una certa vigilanza abituale. La persona che è abituata a pregare non perde mai la percezione che Dio è lì, che Dio c'è. Come Mosè che si toglie i sandali, anche noi dobbiamo prepararci, elevare il cuore e metterci fede. E la fede ci dice che Dio è qui, anche se non percepiamo quasi niente.

2.3)     I modi di pregare

Dio preferisce la preghiera del cuore. Biblicamente inteso, l'intimo del cuore si mette in comunione con Dio senza tanti mezzi o parole, senza intermediari.
Non è l'unica preghiera.
Abbiamo un corpo, dei pensieri. E allora Dio accetta la nostra preghiera in modo che mobiliti tutta la nostra personalità. C'è tutta una organizzazione da dare alla preghiera. Organizziamo dunque il luogo, il silenzio, ma soprattutto organizziamo la nostra mente per Dio. Ecco a cosa serve la Parola. Essa ci informa, ci immette nel panorama di Dio, nel suo orizzonte, ci fa capire i suoi fini, ci fa entrare nella sua storia, ci dà i concetti che ci illuminano. Come faremmo a metterci davanti a Dio, sia pure con delle belle intuizioni interiori, se la nostra intelligenza non fosse alimentata dalla sua, dal pensiero di Cristo, come dice Paolo?
La preghiera quotidiana, il visitare la Parola, ci trasforma la mente. Se ciò è fatto con fedeltà, se siamo docili, se ci lasciamo istruire, se diamo ragione a Dio, a poco a poco la nostra intelligenza si trasforma e ci mette in sintonia con Dio non soltanto a momenti, ma con continuità. La Parola è diventata la nostra mentalità.
Sono troppi i cristiani oggi che usano male lintelligenza e che si inventano un incontro con Dio giocato su altri aspetti non altrettanto validi. Tutto il cattolicesimo è un forte appello all'intelligenza umana che deve impregnarsi di Parola. E quando uno è impregnato di Parola non è che diventi un inesperto del resto. La Parola di Dio non disturberà mai l'intelligenza, lascerà freschi, autonomi, capaci; vi verrà però spontaneo quel tale commento, quella tale lettura della situazione che non è più vostra ma che avrete acquisito pregando. Ed è così importante questo che i grandi spirituali dicevano di non lasciare mai la meditazione della Parola. Infatti se io non sono impregnato di Parola, come partecipo all'eucaristia? Rischio di trasformarla solo in un rito.
Ogni giorno non solo il tempo ma anche l'intelligenza devono essere immersi nella Parola.
Un giovane legge la Sacra BibbiaLa lettura della Parola poi è varia. Lasciate fare a Dio, voi mettetevi solo a sua disposizione! La Parola è come un'arpa celeste ed è sempre Dio che la suona! A volte siete un po' vuoti e avete bisogno di leggerne tanta, altre volte bastano poche parole e lo Spirito vi incanta e vi lavora.
La caratteristica della preghiera cristiana è che non è mai solo Parola; è sempre una parola espressivo-comunicativa, è sempre una parola tra noi due, una parola che coinvolge laltro, affettiva. La Parola di Dio infatti è sempre affettiva, anche nelle pagine che sembrano essere più storiche, più prescrittive, più legalistiche. La preghiera non finisce mai soltanto con una lettura, altrimenti diventa un monologo morale, ma con una risposta di affetto. Ed è qui che la preghiera ha il suo epilogo affettivo.

tratto da un incontro allArsenale della Pace
testo non rivisto dall'autore

 

Vedi anche le riflessioni inedite di Mons. Giuseppe Pollano per la Fraternità del Sermig in Spiritualità

 

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