Perché una regola di vita (2/3)

La strada per arrivare all’obiettivo - Come organizzare la propria vita tramite una regola: mettere in ordine le risorse che abbiamo a disposizione.

di Giuseppe Pollano
 
 
Una regola di vita tiene conto del tempo, del luogo, delle forze e degli strumenti che abbiamo a disposizione. E deve organizzare tutto questo, persona per persona, comunità per comunità, in maniera da realizzare l’ottimale: metti Dio al primo posto, l’incontro con Lui al centro e togli di torno continuamente quelle cose che ti farebbero ritornare a te stesso.
Naturalmente le regole di vita possono essere estremamente precise, scandire i passi delle persone atto per atto, come ad esempio nei conventi. Ciò perché devono contemplare gesti che si svolgono in luoghi ristretti, spazi di tempo molto lunghi, vite intere, ma anche perché sono legate all’obbedienza, cioè ad un invisibile filo di dipendenza che regge tutto: la regola è una cosa che regge. Il sistema potrebbe addirittura sembrare oppressivo, e lo sarebbe se non lo si facesse per un insieme di oblazione d’amore che supera la pesantezza di una tale organizzazione della vita. Giorgio De Chirico, Salita al conventoInfatti, una regola conventuale non condita dall’amore è un penitenziario vero e proprio.
Ma noi non siamo un convento, pertanto dobbiamo avere regole di vita elastiche, adattate, ma che comunque restino capaci di tenere insieme la vita.


1)       Il tempo

Abbiamo 24 ore al giorno a disposizione e pertanto è molto saggio regolare la nostra vita, con l’umiltà di riconoscere che abbiamo dei limiti, su un certo tempo di cui siamo sicuri di poter normalmente disporre. Questo tempo è regolato dalle istanze della nostra civiltà, dalle sollecitazioni, dalle nostre stanchezze. Bisogna dividere il tempo delle 24 ore in maniera saggia; ognuno avrà i suoi orari, ma bisogna averli. Ognuno, sembra strano ma è così, dovrà decidere di quanto tempo per dormire ha bisogno per sapere quante ore ha a disposizione per il resto.
Questo tempo è un tempo che in primo luogo deve essere dedicato a incontrare Dio, a livello personale e comunitario. Chi prega improvvisando, chi prega in modo spontaneistico, è apprezzabile ma non è produttivo. E neppure è nel giusto chi con una certa sincerità ma anche illusorietà dice di pregare sempre, e si esenta dal fissare alcune ore per Dio perché ha l’impressione che il pensiero diffuso di Dio sia già preghiera.
Non bisogna confondere la preghiera con lo spirito di preghiera, che non è mai sufficiente a creare l’incontro reale. Dobbiamo con umiltà riconoscere che per un incontro ci vuole l’organizzazione della nostra personalità.
Le grandi regole monastiche dividono un po’ idealmente il tempo in tre parti. La giornata è di 24 ore e allora 8 saranno per pregare, 8 per lavorare e 8 per riposare. Un monaco di clausura può permettersi l’ipotesi di otto ore di preghiera, noi no. La vita urbana ha esasperato le sollecitazioni; due ore al giorno sono proprio un minimo, che però è considerato un minimo di sopravvivenza, perché si tratta di disinquinarsi da quella vita di dissipazione permanente che ci porta via da Dio senza che noi lo vogliamo. Due ore sono la soglia minima per garantire una tenuta spirituale e anche per permettere che la preghiera salga, cioè che diventi quel famoso spirito di preghiera che però richiede questa base.
Questo è il tempo privilegiato, l’intangibile tempo di Dio, che equivale grosso modo a quello che la domenica, giorno del Signore, è per gli altri giorni. Il tempo del Signore è per il Signore. Questo ci trascende e chi non crede o non prega non capirà mai.


2)       Alcuni elementi oggettivi

L’eucaristia è l’ incontro degli incontri, organizzato da Dio e non da noi, strutturato in modo tale che si entri in comunione con Lui, e questa comunione permane se noi non la spezziamo. Mani del sacerdote che alzano l'eucaristiaIl sole del tempo di Dio è l’incontro eucaristico. Però questo valore oggettivo può essere da noi degradato se non disponiamo con un altro tipo di preghiera la nostra persona, rendendola profonda e capace di accogliere Dio. In altre parole, se noi non abbiamo la nostra preghiera tutti i giorni, quella che ci toglie un po’ dall’ambiente e ci mette dinanzi a Dio in adorazione e in silenzioso ascolto, noi vanifichiamo l’incontro eucaristico o lo riduciamo di molto, perché riceviamo Dio in un cuore ingombro, non mettiamo a sua reale disposizione la profondità dell’anima.
I grandi maestri spirituali dicevano: “Se a qualcuno dovessi consigliare di scegliere tra meditare Dio o fare la comunione io gli direi di meditare Dio’’. Evidentemente non mettevano a confronto due valori, perché l’eucaristia è insorpassabile, ma erano ben convinti che la conversione, il prepararsi a Dio richiede questa disposizione interiore, in assenza della quale siamo condannati alla superficialità.
Aspetto fondamentale di queste due ore, dopo l’eucaristia, è sicuramente una preghiera profonda, tale che noi possiamo dire “ho pregato”. La preghiera prima di tutto deve essere precisa (ecco il tempo) e non improvvisata, cioè che afferro quando riesco, e poi profonda al punto tale che poco per volta sale dalle mie maniere di pregare a quelle di Dio. Finché la preghiera rimane soprattutto cosa nostra, mie parole, miei pensieri, miei gesti, miei canti, è già preghiera, ma solo un approccio. Le due ore allora si riempiono in fretta. Bisogna però che queste due ore non siano fatte di tanti dieci minuti, ma di alcune unità che consentano di metterci in comunione con Dio.
Nel resto del tempo poi si deve organizzare la vita secondo le varie responsabilità. Un poco di tempo cosiddetto libero, scaricato di responsabilità, ci vuole. Non possiamo continuamente vivere sotto tensione. Quando Antonio abate, che pregava ore e ore, ebbe la visione dell’angelo che pregava come lui e che a un certo punto smise di pregare per fare altro, imparò che non si può vivere sempre in tensione. Ci vogliono dei momenti distensivi, che però non ci distraggano da Dio. Di responsabilità pure e semplici non vive nessuno. Dio non ci vuole sempre tesi.


3)       Il luogo

Il luogo ha la sua importanza, soprattutto per l’incontro con Dio. La Chiesa ha capito subito che c’è luogo e luogo. Se la Chiesa si è costruita dei templi, ha sì seguito una tradizione, ma ha anche capito come nessun altra religione che il tempio è un luogo che va costruito apposta per aiutarci a parlare con Dio viso a viso. Ai laici che hanno le chiese lontane, la Chiesa dice di costruirsi in casa un angolino per la preghiera, che è un angolino diverso, che serve solo per pregare. Famiglia in preghiera attorno ad un piccolo altare domesticoÈ quello che per i monaci è la cella, un piccolo deserto che ci salva.
Non si può far tutto dappertutto, altrimenti si banalizza il divino.


4)       Le forze e gli strumenti

Dobbiamo poi tener conto delle forze e degli strumenti. Ciascuno è strutturato per una sua regola di vita. Anche la regola di vita oggettiva deve poi essere personalizzata. Ognuno reagisce alla stessa norma con capacità che sono proprie. Tutto questo allora vuol dire che so quando prego, so come prego, so come ordino la giornata. La vita non si improvvisa.


5)       I punti di vigilanza

Infine ci sono nella regola di vita dei punti di vigilanza, che sono quelli in cui più facilmente il nostro ordine si rompe. O perché siamo stanchi, o perché ci sono cose che ci attirano e alle quali non sappiamo dire di no o altro. Anche il sonno vuole la sua parte, non si può andare a letto solo quando si crolla. E non si può stare ore ed ore davanti al televisore.
Su tutte le virtù cristiane c’è bisogno di vigilanza. La vita cristiana, essendo amore, ci porta più facilmente all’Amato.

tratto da un incontro all’Arsenale della Pace
testo non rivisto dall'autore


 

 
 
Vedi anche le riflessioni inedite di Mons. Giuseppe Pollano per la Fraternità del Sermig in Spiritualità

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