Andiamo (2/2)

Andiamo... (2/2) - Come discepoli dietro a Gesù.
di Giuseppe Pollano

 

A Torino, a San Paolo del Brasile, a Madama in Giordania e là dove il Signore vuole mandarci, a Pechino, a Roma, a New York,... andiamo. Andiamo perché il Signore Gesù ha scelto di mandarci. Andiamo per amarlo, convinti che, in noi, Lui traspare ed evangelizza. Andiamo con il desiderio di diventare uomini e donne di preghiera e di azione, vivendo alla sua presenza ventiquattro ore su ventiquattro. Andiamo per essere un segno visibile della sua bontà. Andiamo per portare il carisma della speranza e la spiritualità della Presenza, che il Signore ha donato alla Fraternità. Andiamo con la volontà di fraternizzare con gli amici che incontriamo, ma senza perdere la nostra identità e vivendo la fedeltà alla missione universale della Chiesa, guidata dal Santo Padre. Andiamo con il desiderio di aiutare, pur con la nostra pochezza, i nuovi amici, con la disponibilità ad essere da loro aiutati, vivendo sempre rapporti di sincerità. Andiamo per realizzare con gioia, ordinatamente, la volontà del Signore, attraverso l'obbedienza ai responsabili della Fraternità e al vescovo locale. Andiamo perché ogni Arsenale abbia lo stesso volto dell'Arsenale di Torino, dove ci condividiamo con i giovani e i più poveri. Andiamo per continuare a vivere l'armonia dei nostri tempi, dei nostri ritmi, alla presenza del Signore, con la certezza che la Madonna ci proteggerà sempre in questa missione.


2)  nel cristianesimo andare è diventato andare dietro a Gesù Cristo

Noi cristiani abbiamo capito che il nostro andare è andare dietro al Signore. Abbiamo avuto l'immensa grazia di capire che se è bello andare, se è bello non aver frontiere, la cosa più bella però è andare dietro a Dio, il quale tutte queste cose ce le fa fare a meraviglia e ce ne fa fare di molte altre. Noi siamo dei discepoli, quindi non scolari seduti al banco ma coloro che camminano dietro. Noi abbiamo scoperto dietro chi andare, sappiamo cosa vuol dire andare, perché ce lo ha detto Gesù. Questa è una ragione di immensa gratitudine.
Gesù ci ha detto con molta chiarezza: "Chi segue me non camminerà nelle tenebre" (Gv 8,12). È importante valutare la forza, anzi la pretesa, di questa affermazione. Di maestri, capi dittatori ne abbiamo avuti tanti nella storia, ma nessuno ha fatto un'affermazione così definitiva. Gesù lo dice con molta sicurezza e tranquillità perché è Dio, è la luce. Beati noi se cogliamo il bagliore di questo invito, perché se seguo Gesù cammino bene, ma se non lo seguo metto subito il piede nel buio. Non c'è una zona di penombra! Gesù ci dice che è impegnativo, ma di non aver paura, perché lui è Dio.
Camminare dietro a Gesù è camminare nella luce. Non è un'abitudine del giorno d'oggi, abituati come siamo alle penombre; gli stessi giovani di vent'anni fa, come dicono gli educatori, erano più conflittuali, erano più solo sì o no, oggi la conflittualità è molto più tranquilla, tutto va bene. Ma se tutto va bene, dove è il bene? Dappertutto e da nessuna parte.
Questa parola è uno straordinario strumento di giudizio su tutti i nostri andare. Nello stesso tempo non è ancora un giudizio morale, perché uno può camminare nelle tenebre senza saperlo, è però un avvertimento amichevole: se cammini nelle tenebre ti inciampi, cadi, ti scoraggi.
La Bibbia è molto ricca di questi avvertimenti dove appare chiaro (ad es. Sap 13,1-9) il concetto che chi è nelle tenebre non riesce a collegare il creato col suo creatore. Tanti considerano la natura come reggitrice del mondo, però la natura non è persona, non la incontrerai mai. È grande e potente, però è solo la natura.
Al termine della Bibbia c'è la grande conclusione dei valori del mondo (Ap 18,21-24), e anche qui troviamo che il mondo che non va dietro a Gesù si sfascia e crolla. Noi sappiamo dove andiamo perché stiamo camminando dietro a Gesù, ma percepiamo il senso di provvisorietà della vita, il che ci aiuta ad aiutare gli altri.

2.1)  muoversi, dirigersi, spostarsi, sconfinare alla maniera cristiana

Per crescere abbiamo bisogno di sconfinare sempre. Non si finisce mai di andare ancor meglio dietro a Gesù. Soltanto lo sconfinare in Gesù ci salva perché superiamo gradatamente la frontiera, ferrea, dell'amore che abbiamo verso noi stessi. Si infrange una frontiera, ma subito ci accorgiamo che ce n'è una ancora più larga che dobbiamo ancora sfondare: diventare più umili, generosi. Stringetevi a Gesù come pietre vive ci dice la Bibbia: l'abbraccio stretto che il cristiano fa con il suo Signore è comunione, può diventare sempre più stretto e trasformante, e sarà gloria, sarà eternità.
Lo sconfinare è il vero segreto cristiano: portiamo in noi una frontiera che deve ancora essere violata con coraggio e disinvoltura, quella dell'amore verso se stessi.

2.2)  l'andare del cristiano

Gesù ha posto come condizione per essere suoi discepoli il rinunciare all'amore verso se stessi. Il tuo andare diventa quel viaggio che solo Gesù ha il coraggio di offrirti: "Prendi la tua croce e seguimi" (Mt 16,24). La croce è ciò che spezza la frontiera: per amare di più gli altri devi sacrificarti, anche sacrificare una cosa buona come l'amore verso te stesso. Ad esempio sei stanco, avresti il diritto di riposarti, ma ti muovi lo stesso perché c'è qualcosa di meglio: il bene dell'altro. La chiave che apre perciò è sempre la croce.
Dicendoci di prendere la croce Gesù di per sé non allude alla massa di dolore che la croce evoca, non ci dice che per seguirlo dobbiamo soffrire. Per Gesù la croce è la misura dell'amore che lui ha voluto vivere e trasmetterci. È come se ci dicesse di amare Dio e i fratelli secondo la sua misura e secondo la nostra chiamata personale.
Nella tua chiamata accetta questa regola, cerca di non dire mai di no quando lo Spirito ti illumina e ti fa intuire che l'amore verso Dio e verso i fratelli ti farebbe fare o ti chiederebbe di parlare in un certo modo. Se dici sì hai infranto una piccola barriera. La vita è un esercizio incessante di questa maniera di essere veri discepoli. Questo è bellissimo, perché ogni sera posso guardarmi in faccia con Gesù e dirgli che anche oggi ho combinato qualcosa di buono secondo la regola dell'amore che ho cercato di vivere e che lui mi ha aiutato a esercitare.

2.3)  i criteri di fondo dell'andare del cristiano: dal "per-me" al "per Dio" (oltre l'ateismo) e dal "per-me" al "per gli altri" (oltre l'egoismo)

Essere discepoli porta a una vera nuova esistenza, che la pagina della Regola sviluppa in modo molto diffuso e ricco di concetti. Vi troviamo le finalità di fondo: andiamo per amare il Signore, per essere segno visibile della bontà di Dio, per realizzare con gioia ordinatamente la volontà di Dio, per continuare a vivere l'armonia dei nostri tempi. Teniamo però presente che abbiamo due frontiere interne che si oppongono a questa nuova esistenza: una è l'ateismo, l'altra l'egoismo.
Ateismo non inteso nel senso generico e classico di negare Dio, ma di vivere come se Dio non ci fosse o non fare per il Signore le cose che faccio. Non spaventiamoci di queste esperienze che ci possono essere, perché ci aiutano una volta di più a capire che solo Dio è buono, che tutto il resto in confronto, anche se sembrava così allettante, è passato presto; Dio è buono non solo perché è buono, ma perché mi riprende, mi dà un gusto migliore, mi perdona. D'altra parte, se guardiamo indietro alla nostra vita, possiamo accorgerci che abbiamo fatto un cammino, che una volta certe cose non positive ci erano normalissime e adesso invece siamo più attenti e amiamo meglio. È bello quando il cristiano ha il pensiero che poco per volta diventerà sempre più per il Signore.
L'altra barriera è l'egoismo, il fratello gemello dell'ateismo. Chi è egoista è ipocrita quando afferma di essere vicino a Dio, perché l'egoismo è, come l'ateismo, un'altra forma di esclusione. Con l'egoismo escludo gli altri: è inutile farsi illusioni, se non ami il fratello che vedi, non puoi andare a dire che ami Dio che non vedi (Mt 25). Il cristianesimo è tremendamente concreto.
Anche riguardo all'egoismo non dobbiamo spaventarci: non solo possiamo tenerlo a bada, ma, ed anche qui con la chiave della croce, romperlo un po', andare un po' oltre.

2.4)  andare dietro a un risorto: un andare che non è terreno

Chiaramente l'andare dietro a Gesù è sempre più lontano dall'ordinamento dei sistemi di questo mondo. Noi però viviamo nel mondo e quindi facciamo tutte le cose che fanno gli altri e che hanno sempre fatto, "come avvenne anche al tempo di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano" (Lc 17,28). In questi cammini nella vita del mondo, che dobbiamo percorrere per giungere a Dio secondo la nostra vocazione, ci accompagna Gesù che ci aiuterà ad essere diversi, a vivere non da orgogliosi ed egoisti, ma amando. Ci darà quel senso di libertà, quel famoso "come se" di Paolo che ritroviamo in 1Cor 7,29-31. Con frasi molto belle, Paolo parla della vita, dicendo che ormai siamo con Gesù risorto. "Fate come se..." non vuol dire prendere le cose alla leggera, ma che si è liberi, capaci di vivere sereni; insomma, un invito a non lasciarsi più imprigionare dalla vita come è.
Questo è andare dietro ad un risorto. Non sarebbe una grande consolazione andare dietro ad un maestro che è in un sepolcro. Invece noi andiamo dietro uno che ogni tanto si volta e ci ricorda che era con noi e che continua ad essere con noi e che il crepaccio della morte lo ha superato.

tratto da un incontro all'Arsenale della Pace
testo non rivisto dall'autore
 

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