Restituirci ai fratelli (2/2)

Pubblicato il 01-08-2014

di Rosanna Tabasso

Ogni opera e ogni servizio ai più poveri è frutto di restituzione nostra e di tanti amici che ci vogliono bene.

 

La restituzione è il dono completo di mani, intelligenza e cuore. Saper fare con le proprie mani, messe a servizio dell’intelligenza ma con tanto cuore, con la gioia di donare, fa davvero progredire il bene in mezzo a noi.

Il cuore poi ci guida a restituire alle persone che avviciniamo quell’attenzione, quella delicatezza di gesti che fanno sempre la differenza. Pascal diceva “Non si vede bene che con il cuore” e per restituire l’attenzione alla persona il cuore è necessario. 

 

Ma restituzione è anche saper fare insieme. Nessuno può fare tutto da solo, c’è sempre una sinergia, uno scambio, un’unione per realizzare un progetto: chi sa fare ha bisogno di chi sa progettare ma tutti ci mettono lo stesso cuore. Saper fare insieme è necessario ed è più facile all’interno di un progetto comune, un progetto le cui finalità sono conosciute e condivise. Penso al nostro gruppo Re.Te. (restituzione tecnologica) dove proprio la sinergia tra persone con competenze e abilità diverse - il contadino e l’agronomo, il falegname e l’ingegnere - permettono di studiare, progettare, realizzare soluzioni semplici, economiche e funzionali a servizio dei più poveri.

 

La restituzione investe poi i beni materiali. È delicato parlarne ma fin dai primi secoli di vita cristiana i padri della Chiesa lo raccomandavano: “Non sei forse un ladro tu che delle ricchezze di cui hai ricevuto la gestione, ne fai cosa tua propria?... All’affamato appartiene il pane che tu conservi, all’uomo nudo il mantello che tieni nel baule, a chi va scalzo le scarpe che marciscono a casa tua, al bisognoso il denaro che tu tieni nascosto. Così tu commetti tante ingiustizie quanta è la gente cui potevi donare” (San Basilio).

Anche in tempi di crisi bisogna fare i conti con questa esortazione e decidere nel cuore un uso corretto dei nostri beni materiali, denaro, proprietà. La forma poi si trova, che si sia padroni di poco o di molto. Anzi, spesso sono le persone che hanno poco quelle che più facilmente decidono di dividere il poco con i più poveri. Per noi è una commozione continua toccare con mano la generosità di persone anziane, di bambini, di persone modeste che ci inviano mensilmente il loro poco denaro per sostenere chi bussa alla porta degli Arsenali o ci scrivono di averci lasciati eredi dei risparmi di tutta una vita. Non smettiamo di provare gratitudine, riconoscenza per queste persone che a volte nemmeno conoscevamo e che sono per sempre nelle fondamenta, nelle radici delle nostre opere. Lì, nella parte più profonda, quella che non si vede ma che sostiene tutto, ci sono anche i beni spirituali che molti hanno imparato a restituire. Sono beni invisibili ma essenziali, come la preghiera, come l’offerta della propria sofferenza per le persone e per i progetti che sostengono i più poveri. Quando hai dato tutto quello che avevi, non sei un contenitore vuoto! Sei un’anima che non smette di donarsi e lo fa pregando, lo fa offrendo incessantemente la propria fragilità fisica, la debolezza di una malattia  per chi continua ad essere in prima linea e per chi continua ad essere accolto e aiutato. Penso a Carla Zichetti che nella sua vita di malata, fino alla morte, ha restituito se stessa aiutando le sue Briciole, altri malati come lei, ad imparare la via della restituzione spirituale. E da loro quanto bene ci è arrivato!

 

Nel dono di noi stessi agli altri Dio esprime il suo essere novità continua. Sperimento ogni giorno le parole del Signore Gesù: “Si è più beati nel dare che nel ricevere!” (At 20,35). Ed è una gioia che non conosce stanchezza anche se partecipa alla croce di tanti disperati di oggi. So per chi lo faccio, e questo mi basta e mi riempie.

Sento così vero per me quanto nel libro di Tobia Dio promette a Gerusalemme: “Egli ricostruirà in te il suo tempio con gioia, per allietare in te tutti i deportati e per amare in te tutti gli sventurati, per tutte le generazioni future” (Tb 13,11). Nel restituirti Dio si fa davvero vicino, presente, abita in te.

Sono convinta che oggi la povertà più grande sia non sentirsi dono di Dio per qualcuno. La povertà più grande è aver perso la consapevolezza che un filo invisibile ci lega gli uni agli altri, a formare un tessuto di fraternità dove ognuno può ritrovarsi e trovare altri cui donarsi e da cui ricevere.

 

da NP luglio 2014

 

Restituirci ai fratelli (1/2)

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