Vita tra i banchi

Pubblicato il 05-01-2019

di Maria Claudia Brunello

di Mariaclaudia Brunello - La scuola di italiano dell'Arsenale: cultura, amicizia, integrazione.
Un pakistano con la tunica e una nigeriana in minigonna seduti allo stesso banco, un pastore protestante e un prete cattolico che giocano insieme a calcetto, un analfabeta e un laureato: questo si può trovare passando una mattina per i corridoi della zona dell’Arsenale dedicata alla mondialità.
I nomi dei continenti sono i nomi delle aule. Si parte dall’Oceania quando sei all’inizio, poi voli in Europa, se nel tuo Paese di provenienza non sei mai andato a scuola: è la classe di secondo livello per i poco scolarizzati. Se nel tuo Paese un po’ di scuola l’hai fatta, vai direttamente in America. Alla fine solo i più bravi arrivano in Africa.

Alla scuola di italiano per adulti stranieri solo nel 2017 sono passate oltre 25 nazionalità, dall’Afghanistan alla Romania, dal Perù all’Armenia, Bangladesh, Nigeria, Marocco, Cina, Costa d’Avorio, Siria. C’è proprio tutto il mondo rappresentato, ma qui non ci sono mari o muri a dividere persone che vogliono soltanto ricominciare una vita nuova in un Paese che spesso conoscono solo da pochissimo tempo.

Tutti insieme cerchiamo di imparare le regole di un posto, di una cultura a volte molto diversa da quella d'origine. Nascono delle amicizie improbabili, ma vere, come quelle tra una donna albanese cristiana e un ragazzo pakistano musulmano che anche dopo la scuola, a distanza di anni, continuano a vedersi e a parlarsi, in italiano ovviamente
Chi “arriva da ieri” segnato dalla sua storia passata – storia a volte molto dura, fatta di torture, di guerre, carcere, costrizioni a vendersi sui marciapiedi – trova la possibilità di ricominciare, a partire da un linguaggio comune per tutti. Siamo in Italia e si parla l’italiano, anche se con gradualità.



In Oceania si fanno lunghe, estenuanti lezioni a ripetere solo le sillabe: ba be bi bo bu! Noureddine, per esempio, è tutta l’estate che le ripete con l’aiuto paziente di un volontario che lo segue individualmente, ma ancora fa fatica a mettere insieme lettera e suono. Non si tratta ovviamente di essere poco intelligenti, ma è che certe cose se non le impari a 6 anni, poi fai davvero fatica… e lui a 6 anni non ha avuto la fortuna di andare a scuola tutti i giorni. Joseph ci ha impiegato tutta una mattina a capire bene la differenza tra nome e cognome, perché nel suo Paese è un po’ diverso rispetto a qua.

Le iscrizioni sono sempre aperte per dare a tutti la possibilità di inserirsi subito nel percorso che è insieme conoscenza della lingua e accoglienza; di non trovare sempre solo porte chiuse, ma qualcuno che c’è per te e ti vuole aiutare a volte può essere l’alternativa a finire in brutti giri.
L’imprevisto accolto per noi ha sempre un nome, un volto e lo sanno bene i maestri volontari che si ritrovano da un giorno all’altro uno studente in più in classe. Non è facile programmare le lezioni, ma è la ricchezza che vogliamo dare agli studenti e che anche noi riceviamo cercando di non chiudere le porte in faccia a nessuno che voglia impegnarsi seriamente.

Avere la porta sempre aperta, infatti, non vuol dire che può entrare chiunque a fare quello che vuole. Ci sono alcune regole semplici e chiare che condividiamo subito. Ogni studente riceve un tesserino: è il suo “passaporto” per poter entrare a scuola. Bisogna arrivare puntuali. Alcuni volontari hanno proprio il compito dell’accoglienza alla porta. Quando varchi quella soglia non importa se sei bianco o nero, se hai avuto la possibilità di studiare o a 12 anni lavoravi, conta l’impegno che ci metti adesso nel prenderti in mano la vita. Nelle classi più avanzate abbiamo regalato il testo della Costituzione e abbiamo parlato dei principi su cui si basa la nostra società. Il valore della scuola? In sintesi è espresso dalla cartolina che ci ha fatto avere Lea: «Grazie a tutti i professori per loro aiuto, pazienza e motivazione. Sono contenta, oggi, di potere scrivere questa cartolina in italiano!».

Riuscire finalmente a comunicare è uno degli obiettivi fondamentali che cerchiamo di perseguire. A volte l’obiettivo è centrato in pieno: Romaric, per esempio, è diventato mediatore culturale e adesso accompagna tanti nuovi studenti a scuola.

Mariaclaudia Brunello
NP FOCUS

 

 

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