Una nuova strada
Pubblicato il 14-03-2024
Etiopia, Eritrea, Gibuti, Somalia, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Sudan, Stati del Sahel: ecco la geografia delle principali crisi africane
Tornata al centro dell’interesse mondiale, l’Africa con le sue enormi ricchezze, la demografia in continua espansione – anagraficamente è il luogo più giovane del pianeta – e le sue mille contraddizioni è entrata in un anno molto importante per diverse ragioni.
Anzitutto bisognerà capire se scoppieranno nuovi conflitti e se quelli in corso, regolarmente dimenticati, cesseranno. Osservati speciali sono a est la zona del Mar Rosso e il Corno d’Africa (compreso il Sudan) dove il premier etiope Abiy Ahmed rivendica il diritto naturale del suo Paese a riavere uno sbocco sul Mar Rosso, facendo schizzare alle stelle la tensione con Eritrea, Gibuti e Somalia. Abiy infatti ha stretto un accordo con la piccola regione autonoma e indipendentista del Somaliland, che da 30 anni si comporta come una nazione staccata dalla Somalia con una propria valuta, un governo e un corpo di polizia senza essere stata riconosciuta da ONU, Unione africana e da altre nazioni. L’Etiopia ha in sostanza affittato per mezzo secolo il porto di Berbera e 30 km di costa in cambio del riconoscimento della indipendenza del Somaliland e del 20% delle azioni della compagnia aerea di bandiera Ethiopian Airlines.
Mogadiscio, che non ha mai riconosciuto l’indipendenza del nord del Paese, considera il patto un attentato alla propria integrità territoriale e si è detta pronta a rispondere con le armi incassando la solidarietà internazionale. Altra grossa incognita è sapere se cesserà o no il conflitto in Sudan dove, dopo nove mesi, si contano sette milioni e mezzo tra profughi e sfollati interni e la situazione umanitaria sta diventando catastrofica. Esercito e paramilitari combattono per il controllo di uno Stato che ha lo sbocco sul Mar Rosso ed è ricco di miniere d’oro nella regione del Darfur, dove i mercenari russi dell’ex Wagner estraggono l’oro che finanzia il conflitto di Putin in Ucraina. Il modello sembra essere quello del Tigrai In Etiopia settentrionale dove il conflitto durato dal novembre 2020 al 2022 ha avuto effetti devastanti: almeno un milione di morti tra vittime del conflitto e vittime della carestia causata dall’assedio e dalla distruzione sistematica di ospedali e di raccolti e dove sono stati impiegati, con effetti letali sulla popolazione civile, i droni forniti da Turchia ed Emirati Arabi Uniti.
Sulla sponda opposta l’incognita riguarda anzitutto la Repubblica Democratica del Congo che ha sette milioni di sfollati interni per i tanti conflitti che infiammano soprattutto la parte orientale del Paese per il controllo dei minerali e delle terre rare da rivendere poi a potenze straniere come la Cina, la Russia e gli Usa. In Africa nel 2024 voteranno 19 Stati africani. Alcuni come il Sudafrica e il blocco degli Stati confinanti sono avviati verso una democrazia di stampo liberale, ma nei Paesi francofoni della fascia del Sahel dove ci sono stati colpi di stato in chiave anti UE negli ultimi tre anni si voterà per la transizione verso la democrazia. I francesi hanno intanto abbandonato Niger e Mali, creando una situazione di vuoto militare che i russi e gli americani vorrebbero colmare con i mercenari a scopo predatorio. Questo può innescare nuovi conflitti: dalla partecipazione popolare alle elezioni o da eventuali proteste contro i brogli sapremo che cosa pensa una fetta importante del popolo africano dell’Europa.
Se preferisce come partner la Russia sul piano militare e la Cina su quello economico all’UE e a Washington. Bruxelles può solo impegnarsi – per quanto possibile – a far cessare i conflitti e aiutare lo sviluppo della società civile. Ma tutto il resto appartiene al necessario e tormentato cammino dell’Africa che sta cercando di voltare pagina, scegliendo una nuova identità e la strada da percorrere.
Paolo Lambruschi
NP Febbraio 2023