Una fotografia
Pubblicato il 06-02-2025
È successo così anche questa volta. Sento un rumore, come quando nelle acque calme di un lago cade una pietra.
È quasi sempre un suono ad attirare la mia attenzione, allora mi giro in quella direzione, inquadro e scatto. In quel punto c’è sempre una fotografia.
Definire cos’è una fotografia, in questo caso entrare nel dettaglio di una “bella fotografia” è un argomento tutt’altro che semplice. Lo scopo per cui scrivo non è quello di risolvere la questione o tantomeno di fare cambiare idea a qualche lettore, ma piuttosto dare qualche spunto su cui riflettere a una manciata di parametri per riconoscere una “bella fotografia”.
Parametri e spunti che immagino saranno differenti per ognuno di noi, ma ci voglio provare comunque. Parto dalla certezza che il concetto universale di “bella fotografia” non esista. É piuttosto il punto di arrivo di considerazioni soggettive dettate dalla cultura, dal contesto e dalle esperienze dentro le quali ci muoviamo e che contaminano il nostro giudizio.
Una considerazione che vale per tutte le arti in generale, musica, pittura, poesia al cospetto delle quali la fotografia risulta essere, tra l'altro, la più giovane. Allontanandoci per un attimo dal concetto di specifico di fotografia ed esaminiamo piuttosto il macro-genere della comunicazione al quale la fotografia appartiene.
La fotografia, è bene ricordarlo, è un linguaggio.
Nella comunicazione sono indispensabili almeno tre elementi: l’autore, l’interlocutore a il codice condiviso da entrambi. Se per esempio parlassi in italiano con un cinese che non conosce la mia lingua, decantando la Divina Commedia, questo non capirebbe nulla. Se il mio discorso venisse sottotitolato, il cinese capirebbe cosa sto dicendo, ma per apprezzarlo dovrebbe avere un minimo di conoscenza della cultura italiana. Quindi si può dire che la Divina Commedia non è bella solo perché l’interlocutore non ha capito?
Ovviamente no. Allo stesso modo, una musica, una poesia, un quadro a una fotografia per essere apprezzate dalla maggior parte delle persone devono essere riconoscibili o codificate da chi le osserva più che da chi le produce. L’artista non può sapere che vedrà le sue opere, ma se vuole avere successo su larga scala può mantenersi in una zona sicura.
Ma diciamo che un vero artista non cerca il successo e non rimane nella sua zona di comfort. Semplificando molto, le fotografie più apprezzate appartengono quasi sempre a una di queste categorie: Tramonti, fiori, cuccioli di animali o più in generale immagini legate alla natura. Oppure a luoghi, persone o cose estremamente riconoscibili come la luna, le piramidi, la sagoma del Monviso, la Tour Eiffel o la Mole Antonelliana. Fotografie che, come si dice appunto “parlano da sole”. Purtroppo, o per fortuna, non è così semplice e per quanto mi riguarda evito sempre di definire una fotografia “bella” piuttosto preferisco dire “buona”.
Uno dei più grandi fotografi italiani, Berengo Gardin (94 anni) in un'intervista, alla domanda: «Maestro, ma lei quante fotografie belle ha fatto nella sua vita?» rispose: «Sinceramente non ricordo, belle credo nessuna, forse quando mi sono impegnato ho fatto un paio di buone fotografie all’anno, ma non tutti gli anni». Per quanto mi riguarda, quando seleziono una fotografia voglio che chi la guarderà abbia la possibilità di farsi delle domande e preferisco che non sia la fotografia a dare le risposte. Come per esempio: cosa ci fa un uomo con dei sacchetti di zucchero filato appesi a un bastone, e chi sono quei militari? Mi sto ancora chiedendo cos’era quel rumore.
Roberto Cristaudo
MIND THE GAP
NP novembre 2024