Un dono da difendere
Pubblicato il 31-07-2020
Il terzo settore cruciale, ma fragile. Serviranno fantasia e nuove strade per ripartire.
I periodi di crisi sono normalmente quelli in cui, nonostante le difficoltà inattese, il mondo della solidarietà organizzata riesce a sorprendere per la grande capacità di azione e di ambientamento alle mutate condizioni di intervento. La pandemia da Covid-19 che caratterizza questo 2020 non fa eccezione, e ha mostrato – fin dal principio – quanto l’azione coordinata di associazioni, organizzazioni, cooperative sia risultata decisiva nel supporto di intere fasce di popolazione fragile.
L’azione di operatori e volontari si è confermata cruciale soprattutto laddove il distanziamento sociale non poteva essere praticato, e le capacità di relazione si sono rivelate essenziali nei rapporti con le persone particolarmente bisognose, dai senza dimora alle persone con demenza. Un aiuto semplicemente essenziale, in assenza del quale avremmo pagato sulla carne viva di uomini, donne e bambini, un prezzo ancor più alto di quello già immane che purtroppo è stato versato.
È proprio in tempi difficili che si sprigionano nella società civile, e in particolare nel mondo del terzo settore, un’ampia gamma di nuove progettualità, nuove energie e nuove sperimentazioni sociali che hanno un impatto immediato sui territori e che hanno normalmente il vantaggio di essere replicabili in altri contesti e in altri luoghi, spesso anche se rivolti verso destinatari differenti.
Anche l’uragano legato al Coronavirus ha fatto nascere un patrimonio di idee e progetti – quelli che normalmente vengono definiti “buone pratiche” – che costituiscono oggi un tesoro prezioso ma che ancor più costituirà un’eredità forte per i mesi e gli anni futuri. «Nulla sarà più come prima», dicono in tanti. «Che sia tutto più umano e solidale di prima», è la sfida che l’universo del non profit proverà a portare avanti nel prossimo futuro.
Non sarà semplice, perché la pandemia ha scosso violentemente lo stesso universo del terzo settore, anche nei suoi equilibri interni. Una delle cartine di tornasole più importanti, cioè i dati delle donazioni (che sono la benzina grazie alla quale molte organizzazioni possono vivere), hanno mostrato una vera rivoluzione nei mesi che abbiamo alle spalle. A fronte di un numero di enti che per oltre l’80% hanno mantenuto attiva l’offerta dei propri servizi di supporto, pur con le dovute modifiche, le donazioni si sono concentrate sul settore sanitario, lasciando in una condizione di fragilità di fondo tanti soggetti non individuati come immediatamente utili nella fase di emergenza sanitaria. Quattro organizzazioni su dieci denunciano un calo superiore al 50% della raccolta, una su dieci perfino del 100%, con interi settori – come la cooperazione internazionale – particolarmente colpiti*.
La fase di ripartenza che ci vede tutti protagonisti solletica ancor più la fantasia che è insita nel fare del bene: il dono del proprio tempo e della propria fatica cerca nuove strade per esprimersi e manifestarsi. L’ennesima sfida di un mondo che mai si è arreso all’impossibilità della vicinanza e del prendersi cura.
*#ildonononsiferma – Istituto Italiano della Donazione
Stefano Caredda
NP maggio 2020