Un calcio all'esclusione

Pubblicato il 19-02-2023

di Stefano Caredda

Nelle settimane che vedono il Qatar ospitare un’anomala edizione autunnale dei campionati mondiali di calcio, il mondo del pallone si è trovato a dover fare i conti con tante parole e tante riflessioni extra-calcistiche: il rispetto dei diritti umani, la lotta al razzismo e alle discriminazioni, la tutela delle minoranze e delle categorie più fragili. Argomenti quanto mai importanti che rischiano in realtà di sfociare assai spesso in considerazioni standardizzate e poco approfondite, figlie più di una momentanea necessità mediatica che di un reale interessamento.

Il calcio è da tempo diventato qualcosa di più di uno sport, o se preferite qualcosa di diverso da esso: è ormai un prodotto globale, un bene di consumo, un mercato che vive di interessi economici e delle sue regole. Ha nel suo livello di élite un legame fortissimo con il denaro, ma nonostante le tante contraddizioni che si vivono nel sistema, non manca di suscitare passioni ed emozioni, di risvegliare istinti, di suscitare interesse e coinvolgimento. Sono la trepidazione per la propria squadra, i tormenti e le gioie legati a un pallone che rotola, l’imprevedibilità di uno sport capace ancora di sorprese, a caratterizzare ancora oggi, e nonostante tutto, il calcio. Un passatempo che nel suo complesso, schiacciato dalla varietà e completezza della copertura televisiva, rischia di perdere per strada la genuinità della presenza allo stadio, dell’essere presenti fisicamente nel luogo in cui, come in un teatro, lo spettacolo va in scena.

Negli anni della pandemia a lungo gli stadi sono rimasti vuoti o a capienza ridotta, ed è apparso chiaro – per difetto – come in realtà il pubblico faccia parte dello spettacolo e contribuisca a costruire un’esperienza che coinvolge e che rappresenterebbe, se non fosse troppo spesso rovinata, un’occasione di socialità e di sentire comune. Eppure, gli esempi positivi in tal senso non mancano.

Ad esempio in Italia, un bel progetto di Milan e Inter, le due società milanesi, premiato con il Premio Braille dall’ Unione italiana ciechi e ipovedenti (UICI), ha colto nel segno promuovendo la presenza allo stadio di San Siro di persone con disabilità visiva: per loro un servizio di assistenza dedicato che le accompagna in un settore esclusivo a bordo campo, nel quale possono godere di tutta l’emozione dei suoni dello stadio, con l’ausilio fondamentale di una speciale radiocronaca curata da giornalisti in tribuna stampa, per “vedere” e capire cosa succede sul terreno di gioco. Così, il racconto parlato della partita e le emozioni e i suoni dell’ambiente circostante sono messi insieme con un’idea semplice che regala accessibilità e inclusione, facendo cultura e promuovendo coinvolgimento e pari opportunità per tutti.

Il calcio, con le sue eccellenze e le sue pecche, è in fondo lo specchio di un Paese intero, fatto anch’esso di luci e di ombre, di buoni e di cattivi esempi. E anche per esso varrebbe un auspicio sempreverde: molto meglio lasciar da parte tante chiacchiere inutili per dare invece spazio a idee e progetti che garantiscano coesione e coinvolgimento del pubblico.


Stefano Caredda
NP dicembre 2023

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok