Un buon samaritano

Pubblicato il 19-06-2022

di Annamaria Gobbato

Modena, 21-2-1944. Carissima indimenticabile moglie, in questo momento supremo vissuto insieme mando questo ultimo saluto a te, che sei stata sempre la ragione della mia vita. Perdonami; perdona anche gli altri nel nome del Signore.

I buoni samaritani esistono, ogni periodo storico ne ha visto nomi e azioni. Uno di questi in particolare offre l’occasione del loro apparire: gli ultimi tristissimi anni del secondo conflitto mondiale. In Italia si vive la guerra civile, la “normalità” appartiene al passato. Alfonso Paltrinieri, padre di 5 figli, è un figlio di emigrati che hanno fatto un po’ di fortuna in Argentina, e una volta rientrati lo aiutano a metter su un caseificio. Arrivano i tempi bui e il ’44 trova l’Italia divisa in due: il nord invaso dai tedeschi e il sud liberato dagli alleati. Vicino allo stabilimento di Paltrinieri c’è una fattoria dove si rifugiano soldati evasi dai campi di prigionia del regime. Alfonso dà loro una mano per fuggire verso il sud. Avviene però che tra essi ci siano prigionieri inglesi, spesso feriti. Uno di questi viene scoperto e segnalato ai nazifascisti.

Come conseguenza immediata, Paltrinieri e un altro “samaritano” modenese, l’ottico Arturo Anderlini, vengono arrestati e fucilati dopo un processo farsa, mentre la moglie di Alfonso, Ines, viene condannata a 24 anni di carcere. Qui affiora la grandezza di questo cristiano: non soltanto perdona chi l’ha tradito e ucciso, ma la vigilia dell’esecuzione esige dal figlio Ernesto che faccia altrettanto: «Al momento di salutarci – racconterà – si sfilò l’anello matrimoniale e me lo diede da custodire. Poi aggiunse: “Se verrai a sapere chi ci ha fatto la spia e non gli perdoni, non sei degno di essere mio figlio”. E con buona probabilità noi abbiamo saputo chi era stato a denunziarci. Ma cosa potevo fare? Come venire meno all’impegno preso con mio padre?». Buon sangue non mente.


Annamaria Gobbato
NP febbraio 2022

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