Trovare speranza

Pubblicato il 25-04-2025

di Chiara Vitali

«Sì, la speranza esiste», rispondono due voci da due angoli diversi del pianeta. La prima è di suor Erika Guaragni, missionaria delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth. Da otto anni vive a Gitega, la capitale del Burundi. Questa fine d’anno non è stata facile: «L’inflazione ora è altissima ed è quasi impossibile trovare il carburante. Le persone non riescono a muoversi e nemmeno le merci o i beni di prima necessità, così i prezzi sono saliti alle stelle. In più, vediamo gli effetti della crisi climatica, succede che i raccolti non vadano bene e questo è un grosso problema per tante famiglie» racconta al telefono suor Erika. Vive con altre religiose della sua congregazione, insieme gestiscono una scuola professionalizzante con corsi alberghieri e di cucito. «La necessità qui per i più giovani è imparare un mestiere – continua – E la cosa più bella è vedere la trasformazione dei ragazzi e delle ragazze. Spesso arrivano a scuola impauriti, spaesati, e tornano dopo alcuni anni con un invito al loro matrimonio e una professione avviata». Non è sempre così, specifica suor Erika, ma le storie buone ci sono. E la speranza? «Io la trovo proprio in loro, nei più giovani che qui sono tantissimi, l’età media è 17 anni. Loro hanno una forza interiore in più, grande desiderio di vita e voglia di cercare la giustizia. Spesso fanno scelte coraggiose senza avere grandi mezzi a disposizione e con una grande fede, io imparo molto da loro».

Dall’altra parte dell’oceano, a raccontare cosa sia per lei la speranza è anche Kathia Di Serio, suora comboniana che da alcuni anni vive a Città del Messico. «In questo tempo di Natale e inizio anno nuovo – racconta, alla fine di dicembre – Dio viene di nuovo a piantare la sua tenda in mezzo a noi, mai stanco della nostra umanità». L’immagine della tenda non è casuale: suor Kathia lavora con le persone migranti, accampate a migliaia per le strade di Città del Messico. «Non è facile, ci sono grandi ingiustizie – rimarca suor Kathia – Qui rispondiamo come possiamo. Per questo Natale, ad esempio, stiamo provando a coinvolgere alcune famiglie migranti in momenti di convivialità, accoglienza, preghiera, insieme alle persone che vivono quotidianamente la nostra diocesi. Sono momenti belli perché per un attimo ci si sente tutti un unico popolo in cammino». Può essere un esercizio, chiedere che cosa sia la speranza, dove trovarla. Così che questo 2025 possa esserne pieno. E che ognuno possa trovarne, sempre, anche per sé.


Chiara Vitali
NP Gennaio '25

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