Trasparenti

Pubblicato il 16-09-2024

di Stefano Caredda

In un mondo ormai caratterizzato da un’informazione globalizzata, ci sono Paesi e continenti dei quali praticamente non si sente mai parlare. Come se da quelle parti non succedesse mai niente (cosa non vera) o niente che valga la pena di essere raccontata (cosa ugualmente falsa). Anche se il web permette a chi volesse avere informazioni specifiche su un determinato Paese di avere qualche possibilità di soddisfazione, resta problematico il fatto che in termini generali vi siano zone del mondo completamente trasparenti alla grande informazione. E tutto ciò non è meno grave per il fatto che la situazione sia questa da decenni: il punto è che non si giustifica la rimozione collettiva dell’esistenza stessa di una enorme fetta di mondo.

C’è un’indagine che ogni anno racconta con i numeri tutto questo. Si chiama Illuminare le periferie e da oltre un decennio passa in rassegna il contenitore informativo generalista per definizione: il telegiornale della sera. Sì, è vero, molto è cambiato dai tempi in cui esisteva solo un unico tg rai e i social media erano distanti anni luce dall’essere solo pensati, ma in termini di milioni di spettatori raccolti e di importanza il tg serale è ancora in grado di incidere.

Lo scorso anno, nei sette TG serali di Rai, Mediaset e La7, le notizie dall’estero sono state in tutto 15.589, pari al 36% di tutte quelle trasmesse. Non poche, con un dato in aumento trainato dalle vicende Ucraina e Gaza. Il punto è che quasi tutte queste news arrivano però da Europa, Nord America e Asia (93%). L’Africa, tutta intera, vale il 5%. Il Sud America appena l’1,8%. Dieci anni fa era il 13% dell’agenda estera che riguardava l’Africa, e il 6% l’America centro meridionale. Le cose vanno peggiorando.

Nei primi 10 Paesi o regioni coperti dai TG italiani (Usa, Ucraina, Europa, Israele, Medio Oriente, Gran Bretagna, Francia, Russia, Città del Vaticano e Turchia) non c’è nessuno Stato africano o sudamericano, e – dice il rapporto – «non è solo una questione di scelta editoriale ma il riflesso di una struttura di potere che perpetua una visione del mondo fortemente influenzata dalle dinamiche postcoloniali». Perciò è «urgente la necessità di decolonizzare la rappresentazione degli esteri nei media italiani».

Serve anche a raccontare meglio quello che accade. Un esempio: il dramma in Yemen ha avuto 2 notizie nel 2020, 4 nel 2021, nessuna nel 2022, e poi improvvisamente 42 nel 2023, a seguito del coinvolgimento nella guerra tra Israele e Hamas e degli attacchi a navi container nel Mar Rosso da parte degli Houthi. Con le inevitabili domande – che non sempre hanno ricevuto le opportune risposte – su chi fossero, quali alleanze avessero, quali obiettivi perseguissero questi novelli “pirati del mare” (brutta cosa, le semplificazioni lessicali).

In definitiva il problema è che capiamo poco dell’ampio mondo che abitiamo: «La disparità di trattamento e di approfondimento non solo limita la comprensione del pubblico italiano riguardo alle realtà di queste regioni, ma è funzionale a una visione atomizzata delle lotte e delle rivendicazioni sociali, economiche e politiche di molti Paesi del mondo».


Stefano Caredda
NP giugno / luglio 2024

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