SUSANNA TAMARO ...sullo scrivere

Pubblicato il 30-07-2013

di Susanna Tamaro


Cos’è per uno scrittore la propria attività?
Quali sono gli obiettivi che si prefigge quando impugna la penna?
Risponde Susanna Tamaro

 

Scrivere è un lavoro molto difficile e doloroso. È un talento "artistico", un grandissimo dono che deve essere sfruttato nel modo migliore. Il dono per uno scrittore è la capacità di immergersi nell'oscurità del cuore, nel "cuore di tenebra". Io sono come una spugna: assorbo veleni dappertutto e poi li uso per parlare della disperazione, per parlare alla disperazione… Ma non per esaltarla, bensì per trovare in fondo ad essa quella molla che la fa diventare un cammino di salvezza, di speranza.

Io penso che sia meglio una vita disperata che una vita annoiata, perché nella vita annoiata c'è solo noia, mentre quella disperata è una vita dalla quale può nascere qualcosa… Per cui le storie dei miei libri sono sempre storie di persone disperate. Credo che sia importantissimo parlare alla disperazione. In Africa, ad esempio, c'è una natura che parla, c'è un rapporto con il creato e con la comunità che è un rapporto di vita; da noi c'è l'individualismo più sfrenato, ognuno vive nel suo mini-appartamento, ha il suo maritino, il suo figlioletto… È tutto un mondo di chiusura, non si conosce la natura se non per via ideologica. Io mi immergo in questo deserto di desolazione per scuotere, per portare qualche cosa.

Qualcuno mi ha detto: "Ho letto il tuo libro e non ho più avuto pace". "Bene!" gli ho risposto. Sono contenta di avere seminato delle inquietudini, perché è dal fondo della tenebra che si apre la dimensione dell'assoluto.
Io ho capito molto tardi che scrivere era uno dei miei talenti, anche perché andavo molto male a scuola: ho avuto anche dei "3" o dei "4" in Italiano, dunque tutto potevo pensare tranne che diventare uno scrittore. La mia ambizione massima era quella di diventare maestra d'asilo (e infatti lo sono). Verso i 22, 23 anni ho sentito questa grande energia, questa forza dentro di me che in principio non riuscivo a capire: era un qualcosa che mi scuoteva…

Nel giro di un mese ho scritto un libro senza neanche aver mai pensato di scrivere e poi, quando l'ho finito, ho capito che scrivere era l'unica cosa che sapevo fare. Per dieci anni tutti hanno rifiutato i miei libri dicendo che ero incapace, che era meglio che mi sposassi, mi dessi all'ippica. Però io insistevo, perché sapevo che la mia vocazione era quella di parlare, con i libri, alle persone. Alla fine, dopo molti anni, questa vocazione si è confermata anche con un pubblico.

Quali consigli o suggerimenti potrei dare ad un giovane che sente dentro di sé la vocazione a scrivere? Ma io dico a tutti di scrivere, perché è un modo per conoscere se stessi: tenete un diario, perché è lo specchio della vostra anima. Poi è una cosa che resterà con voi tutta la vita, e che un giorno potrete lasciare ai figli, che vi conosceranno attraverso al diario. Scrivere è quindi innanzi tutto una forma di conoscenza di se stessi. Per chi ha qualche ambizione in più, ovvero quella di fare lo scrittore, devo dire che la strada è quasi impossibile, cioè se non si ha un'illuminazione come ho avuto io, il mondo delle case editrici è un mondo orribile. Si deve scrivere per il piacere di farlo, e pensare che, se un giorno avverrà, sarà un dono dello Spirito. È una via di grande frustrazione e di grande umiliazione, se si vuole essere riconosciuti socialmente. Però, se lo si vuole fare per sé, è un grandissimo piacere. Dunque scrivete… comunque!

Susanna Tamaro

 

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