Suona, prima di sparare…

Pubblicato il 12-04-2013

di Mauro Tabasso

di Mauro Tabasso - Musica e sociale: due mondi, un metodo comune.  (NP Giugno 2007)

Credo che le parole "pace" e "integrazione" celino due tra le più grandi menzogne dei nostri tempi.
In nome della pace, infatti, spesso si intentano guerre, cacce alle streghe, operazioni poco pulite di governi e/o privati  che il più delle volte nascondono i reali interessi di queste stesse azioni. Così è per anche per l'integrazione, sostantivo usato più a scopi politici, demagogici e populisti che razzeper indicare un impegno concreto nella ricerca della convivenza; così come la pace, anche integrazione (fatte rarissime eccezioni) di fatto non esiste, i paesi ospiti spesso mal sopportano certi disagi, e ai nuovi arrivati tutto sommato non interessa integrarsi più di tanto, ma trovare una sistemazione decorosa e/o migliore tale da permettere di continuare a vivere secondo i propri credo, le proprie abitudini e le proprie tradizioni.
Sia chiaro, non c'è giudizio in queste poche righe, solo mi pare che la realtà sia grosso modo questa.
"E' un mondo difficile" come disse un vate di nome Tonino Carotone, ma la realtà muta magicamente e miracolosamente quando da un contesto sociale ci spostiamo in un ambito musicale.
L'abbiamo toccato con mano durante il convegno "Medio Oriente Terra Amica" (Dicembre 2006 – Gennaio 2007) quando durante un Laboratorio musicale siamo riusciti e far cantare e suonare insieme trenta ragazzi, parte ebrei, parte palestinesi, parte libanesi.
E di nuovo la stessa magia si è verificata in occasione di un lavoro commissionato al Laboratorio del Suono da un noto quotidiano nazionale, pubblicato da pochi giorni, che si è fatto promotore di una iniziativa musicale e discografica multietnica.
Così ci si è trovati in studio per curare  la produzione di un brano scritto ed eseguito da un ensemble torinese emergente formato da tre italiani (due uomini e una donna), una ragazza ivoriana, un ragazzo nigeriano, un persiano, due marocchini, un egiziano e un tunisino. Qualcuno cristiano, altri atei, altri ancora musulmani. Insomma un bell'assortimento.
Tre giorni di lavoro passati (oltre che a registrare e a suonare) a parlare di strumenti strani, esperienze, personaggi, cibo e quant'altro, in un'atmosfera tutto sommato colorata e rilassata, cercando di capirsi nonostante il coacervo di lingue e di inflessioni.
Merito della musica ? Forse sì. Ma più che della musica io direi dell'obiettivo comune che queste persone (noi compresi) avevano, e cioè realizzare un bel disco. Una meta che incontrava l'entusiasmo, l'interesse e la soddisfazione di tutti, e di conseguenza vedeva tutti impegnati a dare il meglio, a esporsi e a confrontarsi per crescere e migliorare il prodotto finale. Mota
A me pare che quella nota sia calante, in quel punto il ritmo cade, l'armonia non sorregge, va cambiata, posso suonare meglio di così quindi ci riprovo, lo rifaccio, ne faccio una versione più grintosa, meglio di così non mi viene ma può andare, così è perfetto, va bene, non toccare più nulla… Frasi che in tre giorni abbiamo detto e sentito tutti quanti; frasi che si dicono quando si entra in studio disposti a mettersi in gioco veramente.
Non è che in musica funzioni sempre così, intendiamoci, come nella vita di tutti i giorni, del resto. Però a me pare che persone anche molto distanti tra loro, quando si riuniscono intorno a un fine comune, se non altro, almeno per un periodo, riescono a convivere pacificamente senza prendersi a randellate, creando le basi per un dialogo vero.
Le domande che ora mi pongo sono quindi le seguenti: questi obiettivi… Li cerchiamo veramente ?
Dopo una canzone o un CD, riusciamo a farci venire in mente qualcos'altro ? Riusciamo a fare in modo che un Laboratorio musicale sia un punto di partenza ?
E infine… Lo vogliamo ?

 

 
DIAPASON – Rubrica di Nuovo Progetto

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