Si comincia da 1

Pubblicato il 13-05-2021

di Max Laudadio

Voi credete nei miracoli? Noi cristiani siamo chiamati a farlo perché fanno parte del complesso meccanismo che porta alla fede. Nei Vangeli sono presentati come la normalità e hanno permesso conversioni che forse non sarebbero mai avvenute. Ma i miracoli continua- no ad accadere? Molte testimonianze ci dicono di sì ma sembrano raccontare la vita di pochi eletti. Io però non la penso così!

Non voglio sembrare né blasfemo né saccente perché, come sapete, ho imparato che la fede chiede di avere fiducia e rispetto totale della sua dottrina e non permette interpretazioni personali che rischierebbero di creare correnti parallele o false illusioni, ma ho la convinzione che i miracoli non siano così esclusivi. Io credo che ogni giorno avvengano miracoli, in occasioni non prevedibili di vita quotidiana e quando meno ce lo aspettiamo. Li chiamo i miracoli dell'anima.

Sono quelli che non risuscitano i morti o che curano i malati terminali, ma riescono comunque a stravolgere l'esistenza di qualcuno. Ne sono certo perché li ho visti accadere con i miei occhi, in persone comuni, e anche non credenti. Un miracolo dell'anima è quello che è successo a mia figlia adottiva Ina, che dopo aver perso la speranza nell'amore della famiglia, e risposto con azioni sbagliate che le hanno condizionato la gioventù, ha ascoltato il suo cuore per scegliere gli ingredienti che avrebbero composto in suo futuro. Ma un miracolo è accaduto anche in Stanley, un ragazzo nigeriano che era arrivato in Italia per delinquere, dopo aver abbandonato la moglie e i suoi quattro figli, ma che invece ha scelto la strada dell'onestà, del sacrificio, dell'impegno, facendo riaffiorare in lui il desiderio di ricongiungimento con i suoi affetti e la volontà di assumersi la responsabilità del loro mantenimento. Di questi miracoli dell'anima potrei raccontarne migliaia ma vorrei porre l'accento su uno in particolare, quello avvenuto all'interno dell'istituto penitenziario di Opera.

Qualche anno fa, io e mia moglie abbiamo presentato un progetto che prevedeva la creazione di un coro formato da 21 ergastolani, 18 musicisti e 40 persone provenienti dal piccolo paesino di montagna dove vivo. L'obiettivo era quello di portare questo improbabile coro a cantare nel duomo di Milano durante la festa dell'Immacolata celebrata dall'arcivescovo Mario Delpini. La proposta sembrava complessa perché i miei paesani non erano mai entrati in un carcere ed erano molto diffidenti e giudicanti, ma anche perché i detenuti non erano mai usciti dall'istituto penitenziario. A rendere la situazione ancora più difficile c'era anche un problema di sicurezza non indifferente.

Per due mesi abbiamo lavorato con quell'amore che, in occasioni come queste, riesce a superare ogni ostacolo e le reazioni di tutti i protagonisti non si sono lasciate aspettare. Ho visto sguardi di speranza sostituirsi a quelli di diffidenza, quelli di paura con quelli di coraggio, e quelli di giudizio con quelli di fiducia. Ho sentito parole che mi hanno commosso e scambiato abbracci che hanno abbattuto le distanze. Ho percepito uguaglianza, fraternità, e il desiderio di condivisione come fossero brividi continui che segnavano la mia pelle. Abbiamo pianto, riso, cantato, gioito, pregato, scherzato, e vissuto come mai era accaduto prima, senza nessuna aspettativa ma godendo di ogni secondo, e di ogni respiro che scandiva le ore. Il giorno della santa messa siamo arrivati al Duomo di Milano senza sapere cos'altro sarebbe potuto succedere e quali emozioni avremmo potuto provare ancora, ma gli occhi dei detenuti ci hanno risposto subito. Esprimevano stupore, meraviglia, estasi per quel dono inaspettato. E anche i miei concittadini, ormai cambiati nei loro giudizi, hanno risposto mostrando appartenenza al gruppo e cercando addirittura il contatto fisico, la vicinanza dei corpi, come alla ricerca di un amalgama umano dove un solo cuore riesce a battere all'unisono. I musicisti hanno ceduto alla commozione, più volte e senza la vergogna di mostrarlo.

Al termine della canzone, l'arcivescovo ha modificato imprevedibilmente il cerimoniale dell'importante ricorrenza e si è avvicinato a noi con umiltà, per salutare e ringraziare tutti, uno a uno, nessuno escluso. Le migliaia di occhi che avevano assistito alla messa raccontavano tutto quello che l'amore stava facendo in quel momento. Il miracolo dell'anima si era compiuto nuovamente, in tutti i presenti, senza eccezioni.

Oggi amo pensare che questi miracoli, che evidentemente ognuno di noi può contribuire a far accadere, siano il mezzo che Dio ha scelto per confermarci che noi uomini siamo pedine importanti nel complesso meccanismo che porta all'amore vero, quello che brucia tutto ma che non lascia dietro di sé disperazione ma grande pace interiore.
Non ci resta che pregare perché ognuno di noi possa diventare, quanto prima, una miccia capace di accendere continui fuochi d'amore.


Max Laudadio
NP febbraio 2021

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