Ritorno al futuro

Pubblicato il 09-11-2024

di Gian Maria Ricciardi

Il “grande vuoto” ha radici molto lontane. Comincia almeno vent’anni fa. Diverse le cause. Primo: politicamente, la “scoperta” del grande debito dell’Italia e, quindi, l’indispensabile, ma forsennata e colpevolmente dannata “spending rewiev”. S’è tagliato dappertutto e, di conseguenza, sbagliando, anche nella scuola. “Remember” quando si portava anche la carta igienica. La responsabile è l’Europa e, in parte, i governi tecnici. Si continua a chiudere per tre mesi tutto l’impianto educativo, allora come ora. Una scelta davvero incredibile. Secondo: i cattolici hanno le loro colpe. Per almeno dieci anni, gli oratori sono stati trascurati colpevolmente e anche con il “silenzioassenso” di alcuni vescovi. Soltanto una decina di anni fa, grazie all’intuizione profetica di molti sacerdoti e anche padri, come a Torino Cesare Nosiglia e poi Roberto Repole, Alessandro Giraudo e Associazioni come Noi, si è tornati a investire.

Bastano due dati: a Torino sono oltre 15mila i ragazzi che s’affacciano, d’estate, ai cortili di don Bosco: un esercito che, se molte realtà (tra le quali primissime i salesiani) non avessero saputo rinascere e rifondarsi con gli occhi al futuro, oggi sarebbero senza truppe né condottieri. Invece, no! «Il pomeriggio è sempre azzurro… Neanche un prete per chiacchierar» cantava Adriano Celentano. No, il prete c’è; ci sono i colloqui; ci sono i sorrisi. Soprattutto, non c’è la noia. C’è tutto, nonostante la miopia politica di destra e sinistra: non hanno capito che venuti meno i partiti (agenzie educative) e taglieggiata la scuola, gli oratori (a più religioni e voci) potevano fare la differenza.

Ogni epoca ha i suoi eroi. Noi dai capelli molto bianchi abbiamo avuto I ragazzi della via Pál. I nostri giovani d’oggi hanno avuto il Covid e dopo i lockdown, ma già prima una trascuranza spesso colpevole. Non c’erano animatori, né soldi, neppure “estate ragazzi”.
Ora, ci sono, ma lo Stato non fa nulla o quasi. Suppliscono le parrocchie che, non tutte ma in buona parte, hanno avuto la fortuna di incontrare preti come don Milani e la sua scuola di Barbiana e ora, rappresentano la scialuppa di salvataggio delle ultime generazioni, ma almeno due le abbiamo perse. In questo ripescaggio dell’io che ridiventa noi, oltre ai successori degli straordinari “santi sociali” e alle nuove formule di aggregazione, inventate dal Sermig di Ernesto Olivero, dalla Comunità di Sant’Egidio e dal Gruppo Abele, ci sono cento formule che interpretano nelle città e nei paesi la “Chiesa in uscita” e la “fantasia della misericordia”. A loro vanno gli occhi nostri e dei genitori riconoscenti perché, se così non fosse, le panchine di Orbassano e Rho sarebbero affollate, ma di ragazzi annoiati e in cerca dell’isola che non c’è.

Ben vengano, quindi, gli aiuti delle fondazioni bancarie che sostengono tutte o quasi le iniziative, così come i contributi delle Regioni, dei Comuni (purtroppo pochi) e dello Stato che, come mi diceva spesso un amico cardinale, «brilla per la sua assenza». Dove starebbero i ragazzi senza gli oratori, i campi scuola, le partite, le camminate? C’è stata, in questi anni, una sorta di “sordità sociale” che provocherà ancora, purtroppo, tanti danni perché senza la formazione, sudata nelle sere d’estate e nei pomeriggi freddi, non c’è futuro, non c’è democrazia.


Gian Mario Ricciardi
NP agosto / settembre 2024

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