Ricomporre la fraternità
Pubblicato il 12-11-2024
Nel mondo carcerario la recidiva è intorno al 62%, la plurirecidiva al 18%. L’Italia è tra i Paesi europei che spende di più per i detenuti, circa 154 euro al giorno, di cui 6 per mantenerli e solo 35 centesimi per attività di rieducazione nonostante sia prevista dalla Costituzione.
Una popolazione carceraria poco rappresentativa della società, come analizza Giuseppe Falvo (foto), avvocato penalista, nel libro scritto a più mani Democrazia.
La sfida della fraternità, frutto del lavoro della Comunità di Connessioni creata da padre Francesco Occhetta. L’autore sottolinea come circa il 5% dei detenuti sia analfabeta, il 45% è straniero, il 38% è senza fissa dimora, solo l’1% è laureato. Oltre il 73% delle persone incarcerate sta scontando una condanna definitiva, il 14% è in attesa di giudizio, quasi il 7% è in attesa di una sentenza di appello e il 4% attende il giudizio della Corte di Cassazione. Il 6,6% dei carcerati ha una condanna superiore ai 20 anni, quelli condannati all’ergastolo sono il 4,6%.
Numeri che off rono solo un aspetto della vita di coloro che stanno scontando una pena dentro le mura di un carcere. In questo ultimo anno è cresciuto il numero di coloro che si è arreso, che non ha più trovato la forza di continuare a vivere recluso, la media italiana di suicidi nelle prigioni è del 7,7%. Negli altri Paesi europei si ferma al 5,4%. In un contesto di sovraffollamento e scarsa opera di rieducazione è urgente l’idea di un nuovo sistema penale.
Un percorso suggerisce ancora Falvo è quella della giustizia riparativa. Un «modello di giustizia che coinvolge volontariamente il reo, la vittima e la comunità nella ricerca di soluzioni del conflitto, al fine di promuovere la riparazione del danno, la riconciliazione tra le parti e il rafforzamento del senso di sicurezza. Essa si pone oltre la logica del castigo, proponendo di considerare il reato non più come una condotta che lede l’ordine sociale, bensì come un comportamento che provoca alla vittima sofferenza e dolore e che sollecita il reo ad attivarsi con forme di riparazione dell’oltraggio causato», così definisce la giustizia riparativa il progetto M.E.D.I.A.Re, promosso dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.
Come spiega l’avvocato «la giustizia riparativa è complementare al sistema vigente, rinnova alla radice le risposte sanzionatorie, tradizionalmente improntate al binomio retribuzione- prevenzione, supera la logica del castigo e ha al centro la relazione, perché il fondamento ultimo della giustizia riparativa – conclude Falvo – è la ricomposizione della fraternità».
Chiara Genisio
NP agosto / settembre 2024