Quasi tutto cambia
Pubblicato il 24-12-2024
In casa nostra un solo apparecchio televisivo alberga in salotto, non è un maxischermo di ultima generazione e sonnecchia appartato sul lato corto della camera.
Non troneggia su un grande mobile, non ha casse audio esterne e non è al centro prospettico dello sguardo; non ha un comodo divano strategicamente posizionato di fronte e, nella composizione degli arredi e dei quadri, non gode certo di una posizione privilegiata.
Per fruirne è necessario fare scorrere due poltroncine sistemate sul lato opposto e sistemarle davanti a lui, sedersi e pigiare il magico tasto on/off del telecomando.
Non esiste tv in cucina e nemmeno in camera da letto perché la scelta di consumare i pasti conversando e andare a riposare nel buio silenzio della stanza non è mai stata intaccata dalla tentazione di uno schermo acceso che impone le sue regole selvagge. Come dire che in casa la televisione è sempre stata e continua a essere un’esperienza che si sceglie e non si subisce passivamente, un mondo che si apre e si chiude solo se tu lo desideri, mai un sottofondo petulante che azzera la comunicazione e condiziona attenzione e comportamenti.
È una regola che ci siamo dati e che abbiamo sempre rispettato, un’idea di condivisione delle mura domestiche che non contempla la presenza onnivora del tubo catodico disseminato in ogni spazio vivibile. Abbiamo sempre considerato l’apparecchio televisivo come un nobile e funzionale elettrodomestico da utilizzare quando serve, al pari degli altri di casa.
Ma stiamo ormai parlando di una tipologia assai lontana di informazione e di intrattenimento, con l’avvento della globalizzazione e del mondo digitale, la televisione non è più l’oracolo di famiglia che racconta del mondo e delle sue vicissitudini; a relegarla in spazi di fruizione sempre più ristretti hanno provveduto strumenti molto più pericolosi e insidiosi perché in grado di seguirci e inseguirci a ogni passo che muoviamo. Gli smartphone ce li portiamo addosso, anzi, sempre più spesso in palmo di mano e non riusciamo più a separarcene, quasi una protesi irrinunciabile. Ma il piccolo schermo dei cellulari impone una fruizione veloce, qualsiasi tipologia di contenuto creato per la rete e i social si consuma in fretta, ha una rapidissima obsolescenza, non concede spazio e tempo per una valutazione o un ripensamento, al massimo per un’emozione istantanea che si brucia in pochi secondi. Ma quando un giorno scegli di sederti comodo in poltrona a accendere la televisione, rete ammiraglia, il tg Uno della sera e scopri il gran faccione di un ministro che, per un quarto d’ora, piagnucola in primo piano, maturi l’inequivocabile convinzione che almeno due certezze rimangono saldamente ancorate nelle nostre italiche abitudini: la prima è che la televisione di Stato sarà sempre la ribalta privilegiata in mano alla classe politica al potere, asservita, ossequiente e obbediente, e la seconda che, nonostante tutto, la rai continua a essere lo strumento di comunicazione di riferimento per la maggior parte degli italiani… se vuoi che ti vedano vai in televisione… Sangiuliano docet.
Michelangelo Dotta
NP ottobre 2024