Prova tu a fare le equazioni

Pubblicato il 13-02-2021

di Renato Bonomo

Immaginiamo di partire per un paese lontano, la Cina o il Giappone. È assai probabile ipotizzare che ci informeremo sulla cucina, sugli usi e costumi del popolo che andremo a conoscere, magari proveremo a imparare qualche parola della lingua locale. Siamo infatti consapevoli di entrare in contatto con persone che vivono in modo diverso dal nostro. E non ci stupisce. Una situazione analoga avviene con la storia anche se con effetti diversi. Studiare storia è come viaggiare: questa volta non nello spazio ma nel tempo. Conoscere il passato significa essere pronti a incontrare persone che magari vivevano nei nostri stessi luoghi ma che avevano un modo di concepire loro stessi e la realtà che li circondava molto diverso dalla nostra sensibilità.

Non è facile capire questa differenza ed è questo il motivo per cui facciamo tanta fatica oggi a studiare storia. Noi non capiamo il passato perché le mentalità antiche sono profondamente diverse da quelle attuali. In particolare, oggi viviamo in una società che è appiattita sul presente e che quindi non riconosce il senso del passare del tempo, della distanza storica e del cambiamento. Mancando di senso storico, cadiamo nell’anacronismo e giudichiamo il passato in maniera errata perché viene giudicato secondo categorie che non gli appartengono. È come giudicare male un bambino di sei anni per non aver saputo risolvere un’equazione di secondo grado. Riconoscere la distanza storica, capire ad esempio che i romani avevano valori, idee, strutture politiche, economiche e sociali diverse dalle nostre, significa in fondo capirli meglio, comprendere in modo autentico le motivazioni delle loro azioni (senza con questo volerle giustificare!). Scoprire la distanza temporale e culturaleè importante per riconoscere le differenze e, quindi,  comprendere il cammino umano svolto.

Proviamo a fare un esempio. La nostra Costituzione ribadisce come diritto fondamentale l’eguaglianza tra tutti i cittadini. L’anacronismo è pensare che sia sempre stato così e sempre sarà così. La definizione di tale diritto è il frutto di un faticosissimo percorso storico che ha dovuto superare quella che per millenni è stata una delle più diffuse e radicate convinzione umane: la diseguaglianza naturale tra gli uomini. Per capirci proviamo a prendere una linea lunga un metro e pensiamo a lei come la linea del tempo che copra tutta la storia dal 3200 aC (invenzione della scrittura) ad oggi. Se volessimo vedere a che punto della linea del tempo ha cominciato a diffondersi il principio giuridico dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge dovremmo aspettare il cm 95,56 con la Dichiarazione dell’Uomo e del Cittadino del 1789. In tutti i centimetri precedenti, sempre e solo diseguaglianza! L’uguaglianza e con essa la libertà individuali sono pertanto giovani figlie dei tempi recenti e – come ogni figlio – vanno amate, protette dai pericoli da parte di chi continua a odiare ed educate perché possano crescere nel modo migliore.

 

Renato Bonomo

NP dicembre 2020

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