Prima la fiducia

Pubblicato il 19-02-2021

di Gabriella del Pero

Nella nostra consueta vita quotidiana siamo soliti muoverci e comportarci in base alla percezione di avere una buona capacità di conoscere e quindi poter controllare la realtà che ci circonda.

È in forza di quella percezione che facciamo progetti, compiamo scelte, prendiamo decisioni. Ma cosa succede se quella percezione all’improvviso vacilla, si fa incerta o addirittura scompare sotto l’onda travolgente di eventi imprevisti e altamente traumatici come la pandemia che sta sconquassando il mondo? Ai suoi tempi Freud scriveva: «Con l’espressione “traumatico” noi designiamo un’esperienza che nei limiti di un breve lasso di tempo apporta alla vita psichica un incremento di stimoli talmente forte che la sua liquidazione o elaborazione nel modo usuale non riesce…».

Ecco, ci troviamo oggi proprio alle prese con l’impresa di “liquidare” – o almeno ridurre il più possibile – l’alto livello di stress da cui siamo stati tutti inaspettatamente colpiti una prima volta nella scorsa primavera e che ora si ripresenta una seconda volta con un’intensità non certo minore. L’impresa non è facile, sia a livello individuale che comunitario.

Camminiamo dentro l’incertezza, che spesso si fa confusione.
Siamo bombardati quotidianamente da messaggi a volte contraddittori, quando non francamente fuorvianti. Il senso di imminente pericolo e il clima emotivo di paura e sfiducia che alla fine dell’estate speravamo di esserci lasciati alle spalle è nuovamente calato sulle nostre teste, questa volta condito con un misto di rabbia, insofferenza, esasperazione.
Questa terribile “seconda ondata” di contagi è entrata in contatto con la nostra vulnerabilità già così profondamente ferita, dandoci la sensazione di un logoramento progressivo e rendendo sfuocato e lontano un orizzonte temporale prevedibile oltre il quale collocare la fine dell’emergenza.

Accanto agli indispensabili ed urgentissimi provvedimenti di sostegno economico, sarebbe quindi necessario pensare presto anche ad una grande e potente azione di “ristoro” umano e psicologico rivolta ai singoli ed alla collettività. Da questo punto di vista i moderni mezzi di comunicazione (di tutti i tipi!) di cui siamo più che abbondantemente forniti potrebbero darci una grossa mano. Al contrario si ha spesso l’impressione che si limitino a bombardarci a qualunque ora del giorno e della notte di informazioni, dati, numeri, grafici e tabelle… il tutto incorniciato da un incessante sottofondo di polemiche, scontri, conflitti, discussioni sterili e scambi al vetriolo, con un susseguirsi di personaggi più o meno seri e credibili, ma tutti fondamentalmente interessati alla promozione ed esibizione (a volte penosa) di se stessi!

Sappiamo invece che altre parole e altre immagini potrebbero produrre un effetto positivo sulle persone. Visto che «non possiamo non comunicare» (Paul Watzlawick), visto che ascoltiamo o guardiamo continuamente qualcuno o qualcosa e parliamo ogni giorno gli uni con gli altri e conversiamo continuamente anche con noi stessi, perché non utilizzare altri linguaggi per trasmettere non solo “notizie”, ma speranza e fiducia, creatività e fantasia, vicinanza e solidarietà?

Le parole sane possono rendere più comprensibile il mondo, mostrarci una regolarità in mezzo al caos, offrire un sostegno, risvegliare in noi atteggiamenti positivi ed energie nascoste per affrontare meglio le difficoltà. Un messaggio incoraggiante, una telefonata affettuosa possono mantenere vitali legami ed amicizie e contrastare le nuove e terribili solitudini.
Una trasmissione televisiva intelligente può sollecitare interessi, stimolare riflessioni, suscitare sentimenti positivi. Per non parlare del profondo potere terapeutico del linguaggio della musica, dell’arte, della lettura, della scrittura… Spalanchiamo occhi, mente e cuore: il bene non può che fare bene, in ogni situazione!

Gabriella del Pero
NP dicembre 2020

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