Preghiera e perdono

Pubblicato il 03-11-2020

di Cesare Falletti

Vivo con alcuni libanesi e dei siriani: lo ritengo una grazia, eppure sono vivamente confrontato con alcune delle più grandi catastrofi del mondo d’oggi ed è impossibile (per fortuna) sottrarsi al peso di dolore, di sofferenza che i semplici nomi di questi miei amici evocano.
Tutto questo bussa al cuore e mette in luce quanto siamo disarmati di fronte al Male del mondo: grande fiume alimentato da tantissimi rigagnoli che scaturiscono da diversi monti, dai terreni differenti. Contro il Male siamo disarmati e Gesù, che lo sa bene, ci insegna a chiedere: «Liberaci dal Male».
Non è una domanda inutile o retorica, è un grido che scaturisce violento dai nostri cuori, mentre siamo sommersi da quanto sentiamo, vediamo o addirittura ci tocca da vicino. Ogni preghiera chiede a chi prega una profonda trasformazione del cuore: non è una lista della spesa che si sgrana davanti ad un commerciante aspettando di essere serviti, ma un sedersi a un tavolo con il Signore, per mettere davanti a lui quel male che ci ferisce e chiedergli di aiutarci a vincerlo e quando non possiamo muovere neppure un dito di liberarci come un Padre o una Madre fa col suo piccolo appena nato.

Abbiamo, però, due possibilità che non vengono mai a mancarci: la preghiera con il suo arcobaleno di possibilità, che cominciano sempre con il chiarore della lode e della fiducia, per passare all’intercessione e alle tinte più scure del grido: «Signore, salvami, Signore salvaci!». La preghiera è un vero modo per essere presenti nel cuore del dramma del mondo e non solo quando non possiamo fare nulla, ma anche, e in modo forte e reale, quando possiamo entrare nella lotta col Male con il nostro povero fare, pensare, organizzare...
Senza quei semi di vita eterna che la preghiera fa cadere nella terra arida e riarsa, ogni nostra azione non ha futuro. Gesù ha detto: «Senza di me non potete fare nulla».
Ma abbiamo anche un’altra possibilità per combattere il Male: il perdono.

Perdonare a chi ci fa del male non è piccola cosa e non si risolve con due paroline: è qualcosa che ci chiede di ricominciare ogni giorno, per estirpare ogni rigurgito, anche piccolissimo, di odio, di desiderio di vendetta, di rabbia. Il perdono ci è chiesto anche per il male che non abbiamo subito direttamente, perché ogni cosa malvagia ferisce tutto il mondo, tutti gli uomini, che spesso non hanno voce per annunciare il perdono. Gesù l’ha fatto per tutti noi, ma noi siamo i messaggeri che portano sulle piaghe del mondo questo unguento, questo balsamo di vita e di guarigione. Senza perdono non c’è guarigione. Questa verità, tanto sconosciuta, è l’unica salvezza per la nostra umanità tanto mal messa; eppure davanti al male che incombe, che colpisce, che distrugge, si sentono solo parole di vendetta, di accusa, di una lotta che fa sì che la ferita sia più profonda e più infetta. Cos’è la giustizia, che bisogna cercare assolutamente, senza un futuro di perdono, senza un clima di perdono? È solo una male che si incancrenisce nel cuore, con amare soddisfazioni che non portano vita.

Con queste due armi, non di metallo duro o di esplosivo devastante, ma di grande impotenza, noi possiamo partire nella continua lotta contro il Male e raccogliere le lacrime dei poveri per renderle quel mare di cristallo che nell’Apocalisse è il segno che non c’è più separazione tra i popoli e che gli abissi che inghiottono avidamente coloro che vogliono lanciarsi contro i loro fratelli o trovare una terra che doni la vita, diventano un cammino di pace luminoso su cui tutti possono darsi la mano e combattere insieme contro quel Male non generato dal cuore dell’uomo, ma che è segno di quel disfacimento che porta la crisalide ad essere una splendida farfalla.

Cesare Falletti
NP agosto / settembre 2020

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