Piazza IV marzo
Pubblicato il 14-04-2023
Qualche giorno fa rientravo in bicicletta da un incontro: guanti, sciarpa e una giacca super imbottita che mi tenesse al caldo.
Sopra la testa un cielo invernale azzurro slavato. La temperatura superava di poco lo zero. “Sfrecciando” tra le vie mi trovo in un’inaspettata piazza IV Marzo. Inaspettata non perché mi fossi persa, ma perché non immaginavo di trovare così tanta gente seduta ai tavoli dei dehors dei bar e dei ristoranti, in un pomeriggio di un giorno feriale di dicembre. Piazza IV marzo è una piazza antica che è stata recentemente riqualificata, è un salotto all’aperto: dehors, aiuole, panchine, porta biciclette e una buona illuminazione.
Mentre le gambe pedalano, la testa rumina. Questa piazza così gremita in una freddissima giornata di inverno mi parla del bisogno di bellezza, del bisogno di rallentare, del bisogno di incontro, di condivisione, di relazione che abita tutti noi. Per dirlo con una parola, molto cara alla nostra Fraternità: del bisogno di presenza.
In accoglienza una delle difficoltà maggiori di chi è all’inizio del suo servizio, è trovare un senso al suo stare, quando non c’è nulla di pratico da fare. Più passano gli anni più mi rendo conto che il senso della nostra presenza non sta tanto nel fare ma nell’esserci; nel contemplare invece che nel vedere; nel saper stare, senza fretta, in modo aperto, accogliente e lieve. Imparare ad abitare quegli spazi offrendo semplicemente la possibilità per chi vuole di “stare con”. In spazi belli, puliti, ospitali – ma soprattutto abitati – accade che se ti siedi e giri l’orologio dall’altra parte, i tavoli misteriosamente si riempiono. E allora può succedere che Exalted, 3 anni, si arrampichi sulla sedia accanto a te e ti chieda di dargli un foglio e dei pennarelli perché vuole farti un disegno o che Ritaj arrivi con la scatola del Memory e ti chieda di fare una partita con lei. Che Amina, lei di anni ne ha 75, decida di condividere il pane arabo appena acquistato tra i banchi del mercato e lo serva in tavola insieme ai datteri, le mandorle e un the fumante alla menta fresca. Che Doina che frequenta la quinta superiore del liceo artistico, vedendoti senza fretta, ti mostri le sue tavole con i bozzetti in acquerello e carboncino e condivida la sua ansia di futuro. Che Adriana inizi ad aprirsi e a parlare, e alla fine ti dica «è tanto che non parlavo di me con qualcuno». Il nostro compito è semplicemente esserci, come quei tavolini all’aperto che sfidano una giornata d’inverno.
Simona Pagani
NP gennaio 2023