Pace solo a parole
Pubblicato il 16-12-2024
La GUERRA CIVILE SIRIANA si inserisce nel contesto delle cosiddette “Primavere arabe”. Il regime siriano è un sistema politico laico che prende origine dal socialismo baathista arabo del Novecento, ma l’alto tasso di disoccupazione, la diffusa corruzione e la mancanza di libertà politica rivelano la sua debolezza e causano una protesta contro il governo che risponde alle manifestazioni attraverso la repressione armata. La rivolta degenera presto in una guerra civile dagli esiti imprevedibili e caratterizzata da un progressivo coinvolgimento di potenze straniere che mirano a prendere il controllo di una delle aree strategiche più importanti del Medio Oriente.
La Russia di Putin, l’Iran degli Ayatollah sono tra i sostenitori del governo, mentre la Turchia, le potenze occidentali e diversi Stati arabi del Golfo, parteggiano per l’opposizione durante il corso del conflitto. In questa guerra si inserisce prepotentemente l’estremismo jihadista (2014), con il gruppo dello Stato Islamico (ISIS) e al-Qaeda che, entrando nel conflitto e reclutando miliziani da ogni Paese islamico, cercano di realizzare il califfato. A complicare il quadro geopolitico, occorre ricordare la questione curda.
I curdi della Siria (come quelli in Iraq e Turchia) desiderano l’autodeterminazione e l’indipendenza e hanno combattuto duramente contro l’ISIS, a loro volta però sono stati (e sono) osteggiati dalla Turchia. Dopo la sconfitta dello Stato islamico (2017), il governo siriano ha riconquistato le città più importanti, ma una vasta parte del territorio, situata a nord-est della Siria, è sotto il controllo di forze curde.
«Vengo dalla Siria, dalla città di Homs, ho 32 anni e sono in Italia da un anno e mezzo circa.
Avevo 17 anni quando è iniziata la guerra nel mio Paese». Inizia così il racconto di Marina, una giovane donna siriana fuggita dalla guerra. Una guerra civile che scoppia nel marzo del 2011 come rivolta contro il regime di Bashar al Assad. Dopo tredici anni, le divisioni non sono finite, come anche la sofferenza del popolo siriano costretto a piangere le proprie vittime, oggetto di frequenti sfollamenti e da anni obbligato a convivere con privazioni e povertà. Proprio come è accaduto a Marina.
«Io sono cristiana: prima della guerra eravamo circa il 20% della popolazione, ora sono pochissimi. Nella mia famiglia siamo in cinque tra fratelli e sorelle, solo una di noi, insieme ai miei genitori è rimasta in Siria. Nel 2015 mi sono laureata alla facoltà di Belle Arti dell’università di Damasco. Dal 2016 è iniziato il mio impegno umanitario verso le persone più deboli, in particolare donne e bambini vittime della violenza. Quello che ho vissuto in questi anni di guerra è stato un dolore che mi ha segnato profondamente ». Come Marina anche tanti altri siriani: «È impossibile dimenticare, non è un film dell’orrore ma è un continuo adattarsi a vivere con le bombe, con il vicino che muore, con le case che crollano, svegliarsi di notte e scappare al buio senza sapere dove andare. La guerra è un’esperienza piena di dolore, ma in cui anche la sofferenza può diventare una ricchezza se viene condivisa con gli altri».
Nel 2018 io e altri giovani di Homs avevamo bisogno di uno spazio per noi. ricordo che andavamo in un bar tutti i giorni per condividere le nostre storie e i nostri sogni. Era per noi uno spazio di normalità.
In uno di questi incontri abbiamo incontrato i membri di un’associazione svizzera che aiuta i giovani a portare avanti piccoli progetti per continuare a vivere nonostante la guerra. Abbiamo chiesto e ci hanno aiutato: abbiamo trovato una casa che era stata bombardata e abbandonata nella parte antica di Homs.
All’inizio eravamo sole due persone a portare avanti questo progetto che abbiamo chiamato Harmony, poi siamo diventati 15 amici. Quando abbiamo cominciato, abbiamo deciso di lasciare la porta aperta per far entrare tutti coloro che, giovani e adulti, volessero sentirsi al sicuro.
Un posto dove potersi conoscere e raccontare». Oggi Harmony, è un’associazione di volontariato che riunisce i siriani che vogliono costruire la pace attraverso l’arte, la cultura e la condivisione.
«Questi sono dei mattoni per ricostruire una società nuova, ma anche l’anima ha bisogno di mangiare. Harmony, è cresciuta piano piano attraverso l’arte, abbiamo raccontato la sofferenza che stavamo vivendo e i sogni di pace e di armonia. Ad oggi Harmony, ha coinvolto oltre mille persone con i suoi progetti che hanno spaziato dalle arti visive dal teatro e musica, alla letteratura».
Nonostante tutte le energie e i sogni di Marina, la guerra è continuata, mancavano luce, acqua, riscaldamento.
«Lavoravo tanto e potevo permettermi solo il cibo per nutrirmi. Per quanto volessi essere forte di fronte a queste difficoltà ho capito che non potevo più stare in Siria. Ho capito che anche io avevo bisogno di aiuto. Non volevo andare via dalla mia casa, ma non potevo più restare. Nel 2022 ho avuto la possibilità di frequentare un master internazionale in lingua inglese sulla conservazione dei beni culturali nei Paesi in crisi a Torino in Italia. Non avevo una borsa di studio e per me che venivo da tanti anni di guerra civile era impossibile avere i soldi per pagarmi gli studi. Mio padre mi chiedeva: “Dove vivrai? Come farai?” e io gli rispondevo che Dio non lascia indietro nessuno. Ho iniziato a chiedere in giro: per tre mesi ho ricevuto solo dei no, fino a quando è arrivato un sì. Il Sermig mi ha accolto, per me è diventato una famiglia.
Vivo in una casa del Sermig, il “Rifugio di Maria”. Dopo il master ho frequentato la scuola di italiano in Arsenale e quella per artigiani e restauratori. Voglio rimanere in Italia e trovare un lavoro.
Qui la mia vita è cambiata totalmente: una nuova famiglia e la mia vita ha trovato un nuovo significato. Ringrazio il Sermig per la nuova famiglia che mi hai dato, per un amore che non si può dimenticare».
Ma per tanti siriani, il presente è ancora difficile. Tredici anni di guerra hanno devastato le infrastrutture civili, con gravi conseguenze sull’accesso all’assistenza sanitaria, elettricità, istruzione, trasporti pubblici, acqua e igiene. È difficile fare delle stime, ma è possibile pensare a circa mezzo milione di vittime (Syrian Observatory for Human Rights).
14 milioni di persone hanno dovuto abbandonare la loro casa: circa 7.2 milioni sono sfollati interni, altri 6 milioni sono rifugiati o richiedenti asilo all’estero.
Nel 2023, l’onu ha dichiarato che oltre 15 milioni di persone in Siria necessitavano di assistenza umanitaria. Senza dimenticare che, nel febbraio 2023, un terribile terremoto ha colpito il nord-ovest del Paese e la Turchia, peggiorando di molto la già precaria situazione umanitaria della zona.
Le prospettive future della Siria sono molto fragili, ma la storia di Marina dimostra che la speranza di ricominciare non muore con i conflitti a patto che la società civile – e non solo la politica – dia il proprio contributo.
Renato Bonomo
Focus
NP ottobre 2024
Foto Harmony