Pace sì e comincio io

Pubblicato il 15-10-2022

di Redazione Sermig

I numeri di NP di questo periodo segnato dalla sciagurata guerra in Ucraina hanno raccontato l’enorme flusso di bene che si è opposto al male, alla guerra, alle armi di cui il Sermig è stato testimone.
Tantissimi, giovani e non, hanno partecipato alla raccolta, preparazione, distribuzione degli aiuti ribadendo la determinazione di scegliere la pace e rifiutare la guerra come soluzione dei problemi.


NO ALLA GUERRA

Il cortile dell'Arsenale della Pace ha visto passare migliaia di persone che si sono coinvolte per gli aiuti all’Ucraina.
Sembrava rimbalzare l’eco delle vibranti parole di Sandro Pertini quando l’11 aprile 1984 era venuto per l’inaugurazione. «Sono a Torino a esaltare, con i giovani, la pace che è vita e a condannare la guerra che è morte». E poi, il suo ricordo di aver partecipato a «due guerre e soltanto un nostro poeta decadente ha osato dire che la guerra è bella. La guerra è un mostro, amici che mi ascoltate.
Io ho partecipato alla prima quando avevo 18 anni e alla seconda, quando ne avevo un po' di più, come partigiano: ma la guerra è un mostro che bisogna bandire dall'umanità se vogliamo che l'umanità viva».
Il no alla guerra e alle armi è la scelta delle ragioni della pace e il rifiuto di quelle della guerra per la risoluzione dei conflitti.
Il nostro impegno per combattere la fame nel mondo ci ha fatto subito comprendere come la fame e la povertà si leghino in maniera fortissima con la guerra. Gli amici missionari, raccontandoci i problemi del Terzo Mondo, ci hanno subito indicato nel commercio delle armi e degli armamenti come una delle più importanti cause delle guerre, delle ingiustizie, un traffico che alimenta sete di potere di governi e di fazioni.
Così, per il Sermig la pace è diventata la priorità, un chiodo fisso. Ancor più conficcato nella coscienza dopo che Ernesto incontra Giorgio La Pira che gli trasmette la sua speranza in un mondo dove è possibile la pace, ricordando la frase del profeta Isaia «Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci». Era il 1973. Oggi, a distanza di 49 anni, la lettera aperta di Ernesto Olivero Pace cosa posso fare per te ribadisce e dà ragione del perché del no alle armi.


SPESE MILITARI IN AUMENTO

La dimensione profetica di Isaia indica la direzione da seguire, ma per ora sembra una strada chiusa al traffico! Secondo il rapporto del Sipri (Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma) nel 2021 sono stati stanziati per le spese militari nel mondo 2.100 miliardi di dollari, poco meno di 2.000 miliardi di euro, una cifra mai raggiunta in precedenza anche se da 7 anni si registri un aumento.


LA BONTÀ È DISARMANTE

In che modo possiamo comportarci di fronte a questo tempo di guerre e in cui assistiamo a un incremento delle spese militari? Abbiamo toccato con mano che il bene fatto bene contrasta il male. È l’antidoto.
La bontà che disarma è fare qualcosa di buono e, attraverso i nostri comportamenti e il nostro impegno, mettere radici di bene e di bontà nella società; è fare il bene per costruire una mentalità di pace, capace di non piegarsi alla logica della forza, dell’odio e della violenza e per dimostrare che è possibile pensare a un mondo senza armi. L’esperienza di tanti anni in “prima linea” dimostra che il bene è contagioso e che possiamo reagire al male con il bene.
In tutti gli Arsenali chi entra viene accolto da un muro costruito incompleto, sbrecciato, come a indicare che c’è ancora molto da fare, con la scritta la bontà è disarmante.
Rappresenta la nostra convinzione che, di fronte a tutte le grandi difficoltà che noi possiamo incontrare nella storia, che la bontà non è affatto un buonismo facile, è molto forte, disarma, polverizza tutta la cattiveria e realmente fa ritrovare la speranza.


ARTIGIANI DI PACE

La pratica quotidiana della bontà è disarmante dimostra l’ideale che è la pace ad avere l’ultima parola, non le armi. È un impegno che ci coinvolge in quanto cittadini del nostro Paese e del mondo: tutti siamo impegnati a diventare “artigiani di pace”, titolo che usiamo da cinquant’anni da quando abbiamo conferito il primo “Premio Artigiano della Pace” a Sandro Pertini e Michele Pellegrino nel novembre 1981. L’artigiano della pace fa concretamente il bene, semina chicchi di pace attraverso l’impegno quotidiano e costante, opera direttamente con le proprie mani, non delega altri perché non si può delegare ad altri ciò che è responsabilità personale. L’artigiano della pace è responsabile del suo pezzo di mondo. Fa una battaglia giusta: la battaglia del bene, dà un contributo di vita, non di morte, non ammazza, ma fa vivere. Come la guerra può nascere da piccole cose e poi si allarga, anche il bene che nasce “dal basso della terra” ha la capacità di contagiare la vita delle persone.


GESTIRE I CONFLITTI

L’artigiano della pace non ha paura del coinvolgimento personale: mi coinvolgo e pago in prima persona le parole che dico. Quindi significa essere disposti a pagare in prima persona perché altrimenti restano delle parole, fanno perdere autorevolezza e credibilità. Una chiave che ha permesso di affrontare tante situazioni difficili, di gestire i conflitti.
E si può estendere questo “filone” dal livello più piccolo a livello famigliare a quello tra gli Stati, rifiutando gli strumenti violenti.
Alla fine la nostra sintesi sia a livello pratico che a livello di linguaggio è sempre il disarmare. Quando diciamo che le armi non dovrebbero esistere diciamo una cosa teorica, quando invece agiamo per disarmare ti dimostro che veramente le armi non servono, ti dimostro con la mia vita offerta fino alla fine che l’unico cammino è quello della riconciliazione.
Negli Arsenali disarmiamo tantissimi conflitti, tante situazioni pronte a esplodere specie nella realtà delle accoglienze. Noi comunque le fasciamo, le disarmiamo e le mettiamo sulla strada della pace. Quindi il nostro è già un lavoro di resistenza nonviolenta, di disarmo continuo ma che passa dalla offerta della nostra vita fino alla fine. La nostra sintesi, l’idea forte è dare la vita per quello in cui si crede.


FORMAZIONE PERMANENTE

Costruire con la pace implica prepararsi per tutta la vita, tenere allenata l’intelligenza, saper usare occhiali giusti, avere orecchie attente, non abituarsi e soprattutto non sentirsi mai arrivati, appagati come chi crede di sapere. Il Sermig sin dagli inizi ha puntato su questo, sono nate tante attività sociali e progetti culturali, tra cui NP e l’Università del Dialogo. Il nostro stile è la bontà che disarma, su questo dobbiamo lavorare in continuazione. Tutto il resto viene da lì.


A cura della redazione
Focus
NP giugno / luglio 2022

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok