Oltre in Covid

Pubblicato il 07-10-2021

di Alberto Pregno

Il 6 dicembre credevo di avere un brutto raffreddore. L'8 dicembre il tampone rapido mi dava invece positivo al Covid (ma essendo l'8 me ne preoccupai abbastanza poco essendo sotto il manto dell'Immacolata), il 10 il tampone molecolare confermava la diagnosi.
Dal 10 al 19 terapie in isolamento a casa con eparina, cortisone e antibiotici.
Febbre a 40, in realtà a parte difficoltà alla piena respirazione non mi sentivo così male – la mia famiglia diceva invece che ero fuori di testa e davo i numeri –, fatto sta che il medico di base il 19 dicembre mi manda l'USCA a casa (non è una unità di polizia segreta, si tratta di Unità Speciali Continuità Assistenziali – Covid) che, malgrado le mie rimostranze, immediatamente mi spedisce con autoambulanza protetta fino ad arrivare nel reparto malattie infettive appositamente allestito presso l'Amedeo di Savoia con i due polmoni intaccati al 50% da polmonite da Covid.

Reparto eccellente, personale fantastico molto comunicativo malgrado le protezioni sanitarie che li rende dei barilotti bianchi con strisce blu per cui non è agevole comprendere se chi hai davanti deve rifarti il letto (uffa che barba), portarti la colazione (ottima idea), prelevarti il sangue per vari esami compreso il doloroso arterioso (pessima idea), o visitarti tramite monitor vari con quella grazia lieve che hanno i medici di questo reparto (bene, così comprendiamo come sto).
Da subito, tolti gli occhiali, mi infilano il casco ad ossigeno e mi sembra di essere in quei film ove ti trovi in una tempesta con venti che soffiano ai 300 all'ora e ti escludono da ogni possibilità comunicativa.
11 mattina: normalmente mi lasciano solo la mascherina ad ossigeno in modo da farmi riacquistare un aspetto umanoide.

Il 21 si fa notare alla porta un cappellano: sono felice posso fare la santa comunione tutti i giorni, magari anche il giorno di Natale! Lo ricevo con comprensibile entusiasmo, mi lascia un suo biglietto di auguri natalizio intelligentemente senza alcun suo numero di cellulare, mai più visto.
Cosa si prova a stare malati di Covid in un apposito reparto presso l'Amedeo di Savoia, letto 6B? Credo che molto dipenda dal male che si prova, poi dal proprio carattere e dalla fede.
Chi è intubato con ventilazione forzata non può fare nulla. Chi come me è meno grave può fare molto nel suo silenzio statico.
Il telefonino si può usare a piacimento ma senza occhiali, dentro un casco di plastica che non è un vetro ottico, con le braccia distese in quanto vincolate da una serie di aghi afferenti tubicini di flebo varie... beh, non è così facile comunicare e mandare messaggi.
Siamo tutti monitorati costantemente da sensori e controllati da telecamere, non potendoci muovere essendo collegati anche solo all'ossigeno non vediamo altre persone al di fuori del vicino di letto. Il mio si chiama Luigi, una cara persona, sembra peggio di me, nei giorni risponde per ben alle cure: quando lo lascerò sarà però ancora in mezzo al guado.
Il 21 dicembre alle 9 e 55 ricevo questo messaggio: «Sei un amico prezioso la preghiera ti avvolga, ti voglio bene e ti aspetto»; conosco da 40 anni Ernesto e quando dice una cosa la fa o l'ha già fatta: mi sento più sicuro, sono nella preghiera di un uomo di fronte al quale anche Dio si commuove.
Le notti sono lunghe e insonni con il rumoroso casco pneumatico.

Recito il rosario come sempre, lo recito anche più volte, ma arrivo a mezzanotte e tutto tace salvo il mio casco con effetto sonoro centrifuga Zoppas. Nella penombra delle luci notturne mi assalgono tanti pensieri anche tristi sapendo ed intuendo la sofferenza e i drammi che si vivono a pochi metri dal mio letto. Qui dentro è cosa normale pregare per coloro che si sentono soli, è infatti brutta cosa la solitudine quando si soffre; Dio stesso mandò gli angeli a consolare suo Figlio che abbandonato gemeva nell'Orto degli Ulivi. Ma quanti saranno questa notte in grado di chiedere aiuto a Dio Padre? È pertanto compito di chi ha fede farlo per loro: in questo aiuta molto la spiritualità della pastorale dei malati assorbita in tanti anni come ministro della comunione per gli infermi e l'essere membro di un antico ordine ospedaliero.
In una antica chiesa di Genova un vecchio cartello vergato a mano in sacrestia recita: «Abbiate l'audacia di credere nella potenza della preghiera! ». È vero, mentre preghi ti accorgi che lo Spirito ti guida vero la preghiera più semplice del cuore e ti sembra di non essere più solo nella notte ma che Gesù stesso e il tuo angelo custode siano ai lati del tuo letto semplicemente per farti compagnia e sono unisoni con la tua preghiera per i malati. Come vorrebbe nostro Signore essere cercato da tutti quelli che giacciono nel reparto ma lui è mite ed umile di cuore ed aspetta. Chissà se la mia preghiera riuscirà ad aprire questi cuori che non conoscono i doni che li attendono. Io vado avanti, la notte è lunga ed è piacevole stare in compagnia di Gesù.

Le notti passano sempre veloci e al mattino non mi pare nemmeno di essere assonnato, aspetto la colazione che normalmente viene preceduta da sciami di infermiere che tirano fuori la loro artiglieria per prelevarmi sangue per esami vari. Per fortuna sono allegre e simpatiche ma ahimè un pò dolorose.
Purtroppo l'addetta alla pulizia della camera un mattino alle ore 7 scopre sulla sedia accanto al mio letto tracce immonde che mi ero dimenticato di far sparire.
Ben quattro cartine di stagnola di cioccolatini fondenti vengono alzate innanzi a me dalla solerte assistente con fare minaccioso e scandalizzato, poco mancava che si strappasse le bianche vesti di protezione come il gran sacerdote del Sinedrio.
Bofonchio con il mio più suadente ed innocente sorriso che avevo la polmonite e che il mio stomaco stava invece benissimo. Era lo strafalcione che aspettava.

Noi che tre volte al giorno le misuriamo la glicemia e che le diamo l'insulina per prevenire il diabete non sa che il Covid le può rovinare i parametri e lei finisce ancora più malato di quello che è? Chiami subito la collega che poco fa le ha misurato la glicemia! Nell'attesa del responso paventato (Dies irae, dies illa!) ero praticamente sprofondato nel materasso e cercavo di mimetizzarmi nel bianco lenzuolo senza grossi risultati stante la mole ed il pigiama azzurro. Tuttavia la vita riserva sempre dei momenti inaspettati di rivincita sociale. Il responso dei miei 4 cioccolatini fu un valore di glicemia perfettamente normale (anzi più basso del solito malgrado le continue somministrazioni di cortisone).
Venne comunque chiamato un consulto di medici, credo per una solenne punizione per aver osato , di farmi portare un pacco di sovversivi cioccolatini in mezzo al cambio di biancheria, ma, inaspettatamente si convenne che evidentemente il diabete non era interessato alla mia persona e, con un sorriso di commiserazione, mi fu ristabilito l'onore perso sul campo e, soprattutto, i restanti cioccolatini fondenti.

Piano piano, giorno dopo giorno sembro risorgere, i polmoni sembrano cicatrizzarsi nella soddisfazione professionale della squadra medica; io amplio volentieri questi lieti momenti con la mia allegria, anche il mio vicino di letto sembra goderne e, per fortuna, anche i suoi parametri iniziano a migliorare.
Il 31 dicembre, anche se formalmente ancora positivo al Covid, ma con tutti i parametri a posto, ricevo l'agognata lettera di dimissioni: forse non ne potevano più di vedermi poco compunto e temevano un mio botto di fine anno con cioccolatini per tutti.
In definitiva si è trattato per me di un'esperienza molto forte: spiritualmente ero in compagnia del Signore ma rimanevo anche solo con un virus che non sai cosa ti riservi il giorno dopo e infine, nel salutarvi, cari miei pochi lettori, sperando di non avervi tediato troppo, vorrei che vi ricordaste sempre in ogni difficoltà di queste coraggiose e forti parole che tanto mi hanno aiutato: «Abbiate l'audacia di credere nella potenza della preghiera!».


Alberto Pregno
NP maggio 2021

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok