Nulla di scontato

Pubblicato il 17-02-2025

di Stefano Caredda

Ci sono norme e leggi di cui si dà per scontata l’esistenza, che si immagina siano da tempo immemore previste e rispettate, anche solo per buon senso, ma che in realtà, a conti fatti, nell’ampio e complesso sistema legislativo italiano proprio non ci sono e non ci sono mai state. Regole spesso legate ai diritti delle persone più fragili o vulnerabili, ai quali non è rivolta l’attenzione dovuta. Fino a novembre accadeva proprio così sul tema dell’assistenza sanitaria di base alle persone senza dimora: senza un domicilio e una residenza, essi erano sostanzialmente impossibilitati a contare sul primo e importante punto di riferimento in ambito sanitario, quello che tutti conosciamo come il medico di famiglia. Incredibilmente, c’è voluta una legge, finalmente approvata nell’anno 2024, per provare a riconoscere appieno questo diritto, percepito dai più come basilare.

In un Paese come l’Italia, dove è risaputo che il sistema di welfare ha previsto un Servizio sanitario nazionale che, seppur attraversato da moltissime criticità, rimane comunque di buona qualità, tutti sanno che l’assistenza medica è garantita a chiunque. Almeno in teoria. È vero, del resto, che i medici curano, e curano chiunque indipendentemente dalla condizione giuridica della persona che hanno di fronte. Come gli articoli 3 e 32 della Costituzione, del resto, sanciscono: l’assistenza sanitaria va garantita in maniera uguale a tutti coloro che risiedono o dimorano nel territorio della Repubblica, senza distinzione di condizioni individuali o sociali.

Eppure, finora, l’iscrizione nelle liste degli assistiti delle asl – e dunque la libera scelta di un medico di medicina generale e la possibilità di fruire di tutte le prestazioni sanitarie inserite nei lea (Livelli essenziali di assistenza) – era, per chi non ha una casa, un’opzione nei fatti preclusa: quel diritto, infatti, è collegato alla residenza anagrafica, e in assenza di questa non poteva essere esercitato. Un danno e insieme una beffa, considerato che proprio chi vive ai margini della società ha maggiormente bisogno di supporto e di inclusione sociale. E non si può certamente sostenere che il diritto alla salute si esaurisca nelle pur indispensabili cure d’emergenza in Pronto Soccorso, queste comunque garantite.

Ora, una legge approvata all’unanimità (tutti in Parlamento hanno votato a favore: qualche volta ancora accade, per fortuna), scioglie il nodo e permette anche a chi non ha una casa la scelta del medico di famiglia. Un passo atteso da tempo, anche perché l’escamotage che era stato trovato e posto in essere da molti comuni (quello della residenza fittizia, cioè dell’assegnazione di un indirizzo inesistente ma comunque validamente considerato ai fini burocratici) manteneva comunque nella pratica molte criticità. Ora le cose cambiano o, meglio, cambieranno, visto che la norma sarà valida dal 2025 e prevede una prima sperimentazione nel territorio delle 14 maggiori città metropolitane. Insomma, è solo un primo passo quindi, ma è importante che ci sia stato. Con la speranza che un muro odioso sia destinato davvero a cadere.


Stefano Caredda
NP dicembre 2024

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