Non sono numeri

Pubblicato il 18-01-2023

di Matteo Spicuglia

In guerra non muoiono simboli o numeri. Muoiono persone. Come noi. Né più, né meno. Prova a negarlo di fronte a Viktoria e Bogdan. In una delle ultime fotografie sorridono: la serenità così facile da vivere quando sei giovane e innamorato.

Due trentenni, sposati dal 2019, una vita in grembo che sta per arrivare. Kiev è la loro città, amata, scelta, soprattutto negli ultimi anni sull’onda di quel fermento economico e sociale che abbraccia tutto il Paese. Bogdan lavorava in una ditta del settore high tech: grande flessibilità, la possibilità di lavorare da casa, uno stipendio ottimo. Vika invece, era una sommelier della Wine Bureau, l’azienda di importazione di vini più famosa dell’Ucraina. Oltre un milione e duecentomila bottiglie vendute, quasi il 40% proveniente dall’Italia. Vino scelto, selezionato sul posto attraverso decine di viaggi, incontri, trattative. Per Vika non era un peso. Nonostante fosse al sesto mese di gravidanza, si sentiva carica e piena di energie. Si sarebbe fermata a dicembre per vivere con Bogdan la loro nuova vita a tre. Un sogno infranto. Quel lunedì di ottobre era mattina presto, poco dopo l’alba. Non si sono nemmeno accorti del drone iraniano sparato dai russi che ha raggiunto il loro appartamento a due passi dalla stazione ferroviaria. Non c’è stato nulla da fare. I soccorritori li hanno ritrovati carbonizzati ancora a letto, uniti in un abbraccio eterno. La sera prima Vika aveva affidato una frase al suo amico Roman: «Dobbiamo lamentarci di meno». Parole di speranza nel cuore di una guerra terribile.

Anche babushka Vera cercava di sorridere nonostante la paura. Dopo mesi di bombardamenti, si era quasi abituata alla routine della sua città, Mykolaiv, nel sud del Paese, vicino a Odessa. Giornate sempre uguali, come le notti nei rifugi. Proprio lì, aveva conosciuto i volontari dell'Operazione Colomba che oggi la ricordano: «Vera ci voleva bene! Ci sorrideva, sempre contenta di vederci, ci abbracciava e la sera chiacchierava e scherzava con noi. Una volta che il figlio è venuto a farle visita, l’abbiamo vista seduta in disparte in giardino con la sua nipotina. Chissà di cosa le stava parlando. La piccola era tutta assorta ad ascoltarla e non ha tolto lo sguardo un attimo dalla sua nonna. Qualche volta l’abbiamo aiutata a portare la tanica dell’acqua fino alla fermata del tram». Una cluster bomb, una bomba a grappolo, quelle che scoppiano in mille pezzi per far male a più gente possibile, l’ha uccisa il 29 settembre, probabilmente mentre aspettava proprio il solito tram. «A noi fa tanto male perché è come se fosse stata uccisa la nostra nonna», dicono oggi i volontari.

E che dire di Liza, una delle piccole vittime del bombardamento di Vinnytsia di quest’estate? Aveva quattro anni, la sindrome di down e una madre che la adorava. Giornate fatte di passeggiate, nuove scoperte, amore gratuito. Quel giorno stava andando dalla logopedista, spingendo il suo passeggino rosa sul marciapiede. L’arrivo improvviso dei missili ha cambiato tutto, come una lotteria macabra: Lisa raggiunta e morta sul colpo, la mamma rimasta senza una gamba. Vite interrotte. Viktoria e Bogdan, Vera e Liza, non sono lontani. Siamo noi, quando ci troviamo nel posto e nel momento sbagliati.


Matteo Spicuglia
NP novembre 2022

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