Non nel mio nome

Pubblicato il 21-10-2024

di Flaminia Morandi

«Quando la religione trasforma gli uomini in assassini, Dio piange. Così ci narra il libro della Genesi. Avendo fatto gli esseri umani a sua immagine, Dio vede il primo uomo e la prima donna disobbedire al primo ordine, e il primo figlio dell’uomo commettere il primo omicidio. Entro un breve spazio di tempo, “la terra era piena di violenza”. Dio “vide che la malvagità dell’uomo sulla terra era grande”.

Poi leggiamo una delle frasi più devastanti della letteratura religiosa: “Il Signore si pentì di avere fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuore” (Gn 6,6). Troppo spesso nella storia della religione le persone hanno ucciso nel nome del Dio della vita, mosso guerra nel nome del Dio della pace, odiato nel nome del Dio dell’amore e praticato la crudeltà nel nome del Dio della compassione. Quando ciò accade, Dio parla, talvolta con una voce tenue, sottile, quasi inaudibile dietro il clamore di coloro che sostengono di parlare a suo nome. Quello che dice in queste occasioni è: Non nel mio nome».

Ho riportato per intero l’incipit di questo straordinario libro di Jonathan Sacks, Non nel nome di Dio. Confrontarsi con la violenza religiosa (Giuntina 2017), perché è un libro da meditare per chiunque pianga sulle guerre e sull’odio che ormai percorre la terra, globalizzato da Internet. Rav Sacks, morto nel 2020 a 72 anni, è stato la più grande autorità morale e spirituale ebraica della Gran Bretagna, autore di libri sorprendenti come questo: un testo denso che cerca di risalire ai motivi che hanno portato le grandi religioni monoteistiche nate per la pace a quella che lui chiama “la malvagità altruistica”, di cui la violenza in nome di Dio è l’esempio chiave. «La religione sotto la forma del politeismo è entrata nel mondo come giustificazione del potere. Perché c’era la gerarchia sulla terra? Perché c’era la gerarchia nei cieli […] Il politeismo era la difesa cosmologica della società gerarchica […] La religione era la veste della santità indossata per mascherare la nuda ricerca del potere […]». Fu su questo sfondo che il monoteismo abramitico emerse come una potente protesta con delle straordinarie affermazioni: ogni essere umano, senza distinzione di colore, cultura, classe o credo, è a immagine e somiglianza di Dio, la vita è sacra, l’omicidio è un crimine e un peccato. «Abramo stesso, l’uomo onorato da 2,4 miliardi di cristiani, 1,6 miliardi di musulmani e da 13 milioni di ebrei non regnò su alcun impero, non comandò su nessun esercito, non conquistò nessun territorio, non operò alcun miracolo né pronunciò alcuna profezia […] Cercò di essere leale alla sua fede e una benedizione per gli altri a prescindere dalla loro fede […]

Fu Machiavelli, e non Mosè o Maometto, a dire che era meglio essere temuti piuttosto che amati: il credo del terrorista o dell’attentatore suicida. Fu Nietzsche, l’uomo che per primo scrisse le parole Dio è morto, e la cui etica era la volontà di potenza. Invocare Dio per giustificare la violenza contro gli innocenti non è un atto di santità ma un sacrilegio».

Oggi siamo noi, dice Sacks, come ebrei, cristiani e musulmani, a dover farci le domande più scomode. Una è: abbiamo letto i nostri testi sacri correttamente? E cosa ci sta dicendo Dio, qui e ora?
È quello che il libro di Sacks cerca di fare, con un continuo rimando tra Scrittura e modernità. Oggi Dio ci chiama, ebrei, cristiani e musulmani a essere finalmente una benedizione per gli altri a prescindere dalla loro fede. A onorare il nome di Dio onorando la sua immagine: l’umanità.


Flaminia Morandi
NP giugno / luglio 2024

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