Non è solo un letto
Pubblicato il 26-06-2024
Prima del 1988, quando abbiamo aperto il dormitorio maschile, non avevamo mai organizzato in maniera strutturata un’accoglienza vera e propria.
Come Sermig, sin dagli inizi, avevamo chiaro il desiderio di seguire Gesù, ma le modalità si sono definite nel corso del tempo. Alcuni episodi ci hanno fatto capire che il problema di chi non aveva un letto dove dormire ci toccava direttamente.
Una telefonata per avvertirci di un ragazzo che dormiva su una grata, di quelle che vengono usate per far sfiatare i riscaldamenti, la morte di alcune persone senza fissa dimora. Infine, quel ragazzo che puntando il dito contro Ernesto gli chiese a bruciapelo: «Ma tu Ernesto, questa sera dove dormi?». Episodi e incontri che ci hanno interrogato in profondità e che ci hanno portato alla decisione di impegnarci in prima persona. Iniziammo a girare tutto il nord Italia per capire come funzionavano gli altri dormitori, per imparare come fare.
Siamo partiti così, con i primi ospiti che ci venivano segnalati dall’Ufficio Stranieri.
Accanto a me c’erano sempre Guido, Claudio e Rinaldo della Fraternità. Poi si sono avvicinati tanti volontari che ancora oggi sono presenti: Adriano, Marco, Francone e Sandro, solo per fare alcuni nomi tra i tantissimi che mi vengono in mente. Pian piano siamo cresciuti e con noi è nato un metodo. Da subito abbiamo capito che non bastavano le buone intenzioni.
Pensavamo bastasse un po’ di buon senso e collaborazione, ma le persone che vivono per la strada guardano alla realtà con occhi diversi. L’esperienza che vivono li porta spesso a essere arrabbiati e sospettosi.
Nei primi tempi, molti arrivavano in accoglienza ponendosi con prepotenza. Noi, con pacatezza e fermezza, abbiamo fatto capire che c’erano delle regole di convivenza che chiedevamo loro di rispettare, non abbiamo tollerato i comportamenti aggressivi o violenti, abbiamo vietato l’introduzione in accoglienza di bevande alcoliche e droghe, e richiesto il rispetto degli orari.
I primi due anni sono stati veramente difficili.
Abbiamo toccato con mano cosa significasse accogliere i poveri! Ci sono state notti difficili, ma ci hanno permesso di mettere in piedi un servizio che ha iniziato a ingranare e a funzionare. Siamo diventati più attenti e pronti e poco alla volta abbiamo allargato la possibilità di accoglienza arrivando, nel giro di qualche anno a ospitare oltre100 uomini. E con il crescere del numero di posti, sono aumentati anche i volontari. Nel frattempo la tipologia degli ospiti cambiava.
A fine anni ’90 la prevalenza degli ospiti era di origine maghrebina, poi c’è stata una vera e propria ondata di uomini provenienti dai Paesi dell’Est, specialmente dalla Romania e dal 2000 in avanti rifugiati dall’Africa Subsahariana, dal corno d’Africa e poi ancora Pakistan, Afghanistan. In quegli anni sono cominciati ad aumentare gli ospiti italiani che negli anni precedenti erano in numero esiguo. Oggi la situazione si è complicata parecchio.
Tantissimi – soprattutto italiani – vivono in condizioni di marginalità sociale da cui è complicatissimo uscire. Vuoi perché sono anziani, vuoi perché è da troppo tempo che sono sulla strada. Eppure, ci sono tantissime storie di caduta e riscatto.
Un dormitorio come il nostro non può risolvere tutti i problemi del mondo.
Però può dare un’occasione a chi ha bisogno di un tempo e di uno spazio per ripartire. Proprio qualche giorno fa è venuto a trovarmi un nostro ex ospite che si era ritrovato sulla strada.
Una persona in gamba piena di risorse, con tanto di patentino da allenatore ottenuto a Coverciano.
Allora ci aveva messo due mesi per rimettersi in piedi, trovare lavoro e riprendersi la propria vita. Storie di speranza che ripartono quando vengono accolte.
Gianni Giletti
NP Focus
maggio 2024