Nel carrello degli altri

Pubblicato il 14-05-2025

di redazione Nuovo Progetto

Povertà alimentare e spreco: i paradossi della nostra società. Ne parliamo con Andrea Segrè e Ilaria Pertot, ospiti dell’Università del Dialogo del Sermig

Lo spreco e la povertà alimentare: due facce della stessa medaglia, uno dei paradossi della nostra epoca che mina alla base l’idea stessa di libertà. L’economista Andrea Segrè e la fitopatologa Ilaria Pertot studiano questi temi da sempre, tra buone pratiche e obiettivi ancora da raggiungere. Nel loro ultimo libro La spesa nel carrello degli altri, l’analisi lucida della situazione, ma anche idee concrete per andare oltre.

Nel nostro Paese, l’8,5% della popolazione vive nella povertà assoluta. Oltre 5,7 milioni di persone, tra cui oltre un milione di bambini. Sono dati inquietanti…
Andrea Segrè - Decisamente, soprattutto se pensiamo che non è solo una questione di statistiche o numeri, ma di persone. Le abbiamo volute mettere al centro.
Ilaria Pertot - Proprio così. Abbiamo visitato periferie e mercati per conoscere cosa si mette nel carrello. Abbiamo scoperto tante forme di povertà, chi non riesce a mangiare ma anche chi mangia male. È una forma di impoverimento alimentare che ha molte sfumature.

In tutto questo si spreca ancora tantissimo: 100kg di cibo all’anno per famiglia per un valore di 13 miliardi di euro…
Segrè - Sì, il dato è enorme ed è sottostimato. Teniamo conto che sprecare vuole dire non solo rifiuto, ma anche perdita. Mi spiego. Un prodotto alimentare che potrebbe essere ancora utilizzato viene buttato e diventa un rifiuto, ma poi c’è anche un costo economico ed ecologico perché bisogna smaltirlo. Il problema è cruciale.

Perché si spreca così?
Pertot - I motivi sono molti. Prima di tutto, non diamo importanza al cibo. Per tanti, sono più importanti altre voci del budget famigliare. Se c’è da tagliare, lo si fa con il cibo, non per esempio sull’abbigliamento o la tecnologia che sono aspetti più legati al nostro status. Poi è un fatto di mentalità: quando mangiamo abbiamo sempre paura di non averne abbastanza, soprattutto nelle cene con amici e parenti. Infine, ricordiamoci un’evidenza psicologica e cioè comprare è gratificante. Dovremmo provare sempre a differire l’acquisto dal desiderio, perché a volte il desiderio è fittizio.

È vero che i poveri sprecano di più?
Segrè - Sì, lo abbiamo scoperto dai nostri studi. I dati confliggono con il senso comune che ci fa pensare il contrario. Il fenomeno riguarda soprattutto i cosiddetti poveri relativi che per risparmiare comprano prodotti al limite dell’integrità e del marciume. Con conseguenze ancora più serie.

Quali?
Segrè - Più la dieta è scarsa, più gli effetti sono pesanti sulla salute e quindi anche sui costi del sistema sanitario. I dati sull’obesità e sul sovrappeso sono in aumento soprattutto tra i più giovani. Un altro paradosso è che ciò stia avvenendo in Italia, il Paese della dieta mediterranea, di tutte le sagre alimentari e prodotti eccellenze. Alla fine, solo il 5% segue fedelmente i principi della dieta mediterranea.

Come si risponde a una situazione così contraddittoria?
Segrè - La legge attuale propone la possibilità di recuperare in sicurezza i prodotti invenduti e distribuirli a chi ne ha bisogno. Ma non basta. Studiando tutta la filiera alimentare, ci siamo accorti che dalla terra alla tavola la massima percentuale di spreco avviene alla fine del processo, cioè a casa nostra. Con le leggi non possiamo fare molto perché tutto è nelle mani delle singole persone e delle famiglie. In questo ambito contano veramente i comportamenti: dobbiamo quindi studiare le scelte e le azioni quotidiane e lavorare sulla mentalità. Anche per questo abbiamo creato una app.

Come funziona?
Segrè - Si chiama Sprecometro e serve a misurare la quantità di spreco. Se per esempio devo buttare 50 grammi di formaggio, la app è in grado di dirmi quanto costa quel bene che voglio sprecare, quanta acqua è servita per produrlo, quanto costerà lo smaltimento. In un poco più di un minuto posso fare un questionario per capire se sono o no uno sprecone e ricevere indicazioni importanti per modificare le mie abitudini. Sono piccoli gesti, ma importanti.

Dai singoli al mondo. Una domanda secca: la Terra può sfamare tutti?
Pertot - Sì, il problema non è la produzione, ma la distribuzione, la realtà di chi ha troppo e di chi non ha nulla. Al tempo stesso, il paradigma della produzione industriale è entrato nell’ambito agricolo creando gravi squilibri. Ci siamo illusi che la natura funzioni come una fabbrica, con produzione in serie e in scala, ma non è così. Inoltre, non siamo capaci di riequilibrare le risorse che consumiamo. Poi mi sembra manchi una riflessione seria sul come uscire dalla condizione di povertà. Non sono le erogazioni in sostegno al reddito a risolvere la povertà, ci vuole uno sforzo in più per cambiare le condizioni che portano alla povertà. E grandi risorse devono essere dedicate all’istruzione perché il rapporto tra mancanza di istruzione e povertà è purtroppo evidente.

La povertà alimentare tra l’altro rischia di diventare anche povertà sociale, educativa, relazionale. Voi vi siete soffermati anche sulla solitudine…
Pertot - Sì, tutti i personaggi del nostro libro associano sempre la povertà alla solitudine, sono fuori da ogni rete. Per esempio, ci sono persone con ottimo reddito che però dilapidano tutto al gioco d’azzardo, non avendo più soldi per fare la spesa. Raccontiamo in particolare una storia di una donna che ha perso tutto e per mangiare viene aiutata dal suo negoziante di fiducia straniero, perché «tra poveri ci si aiuta». La solitudine è l’aggravante della povertà.

La povertà è anche una minaccia per la democrazia?
Pertot - Sì, se sei povero, hai bisogno e quindi sei ricattabile. Sarai sempre dipendente da qualcuno. La povertà è quindi una privazione di libertà.
Segrè - Il cibo è un diritto e si lega in maniera assoluta all’idea di libertà e democrazia. In particolare, abbiamo il diritto ad alimentarci in maniera adeguata, sana, completa. È un diritto proprio dell’uomo che sarebbe bello inserire all’interno anche nella nostra Costituzione. In molti Paesi che conoscono la fame è già un diritto scritto e tutelato. A Bologna ci siamo riuniti in tanti, esperti, associazioni, produttori ed esercenti, gruppi per arrivare a trovare delle soluzioni per rendere effettivo questo diritto. Le comunità locali possono essere protagoniste per trasformare la realtà: la responsabilità è nelle nostre mani. Siamo tutti d’accordi sul diritto a mangiare bene, allora accordiamoci per trovare gli strumenti.
 

A cura della redazione
NP febbraio 2025

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