Mai senza gli altri
Pubblicato il 29-11-2024
Un salmo nella Bibbia, il 132/133, comincia con un versetto che può piacere molto, aprire orizzonti di speranza, ma anche suscitare una serie di interrogativi. «Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!». Nella Sacra Scrittura questa idea è contraddetta da molte storie che non parlano della bellezza di essere fratelli o del vivere insieme, a partire da quella di Caino e Abele, continuando con Esaù e Giacobbe o anche con Giuseppe figlio di Giacobbe e i suoi fratelli, o con l’uomo che dice a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità» – sappiamo infatti quale sorgente di litigi e processi sono le eredità! – «L’amore del denaro è radice di ogni specie di mali» dice San Paolo: in particolare, come vediamo spesso, della distruzione delle famiglie, delle comunità, anche religiose. Il Signore, però, ci dà un magnifico esempio di vita fraterna negli Atti degli Apostoli: «La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune». Posso dunque tirare una conclusione: la vita fraterna2024nasce ed esiste, dura e fruttifica quando si è vinto l’attaccamento alla ricchezza e ci si libera da ogni calcolo che ruota intorno a se stessi. La buona novella del Vangelo, che ci fa scoprire che siamo tutti fratelli perché figli dell’Unico Padre, ha le sue radici in quel gesto che è il “dare”, mettere in comune, liberare il proprio cuore dall’avidità. «C’è più gioia infatti, nel dare che nel ricevere» ha detto Gesù.
Anche se è un lungo e faticoso cammino, con molti ritorni indietro, la vera vita fraterna, quella che il salmo 133 ci ha annunciato con entusiasmo, può esistere solo se la meschinità dell’attaccamento all’avere viene fatta fuori. Sempre gli Atti degli Apostoli ce lo fanno capire con l’esempio di Anania e Safira. Non è tanto la loro morte improvvisa che ci è d’insegnamento, ma il significato di quella morte. La meschinità dell’avarizia e della falsa immagine di generosità che si vuole dare taglia fuori dalla vita fraternaLa vera morte è quella del non creare fraternità, non il fatto di cadere stecchiti ai piedi di Pietro ed essere portati via.
“Vita fraterna” significa amare, non semplicemente convivere; l’amore non è mai rinchiuso in un cerchio, fosse pure la famiglia naturale, la religione, la razza, la cultura o la nazionalità. Per questo non c’è cammino più esigente e che conduce più in profondità nel cuore della vita, che l’essere veramente fratelli senza confini.
Il salmo termina dicendo: «Là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre». Benedizione del Signore significa vita vera, pace, gioia, fertilità, opera di costruzione del mondo secondo il piano creatore, che non ha dato un dominio sanguisuga del creato, men che meno dell’umanità. È certo il contrario del detto: mors tua vita mea, la tua morte è mia vita, che sembra aver retto e reggere ancora il mondo, dai grandi conflitti mondiali alle piccole discordie famigliari. È invece giusto il titolo del libro di Michel de Certeau: Mai senza l’altro che, parla dell’incontro e quindi della vita fraterna. Come troviamo nella prefazione alla traduzione italiana: «Comunione attraverso il conflitto, la vita dell’uomo non è mai concepibile senza l’altro: tragedia allora non è il conflitto, l’alterità, la differenza bensì i due estremi che negano questo rapporto: la confusione (o fusione delle personalità come nelle sette) e la separazione».
Cesare Falletti
NP Agosto/Settembre '24