Libero a chi?

Pubblicato il 20-08-2025

di Flaminia Morandi

Niente è più ambiguo della parola libertà. C’era libertà nella Grecia antica, basata sugli schiavi, ex prigionieri di guerra, indispensabili per mantenere in vita la sua magnificata “democrazia”? Eh, la politica, si sa…ma chi può mettere limiti a un artista e alla sua creatività? La storia, per esempio.

Dopo il ritorno del papa da Avignone fu necessario ristrutturare la Cappella Magna (in futuro Sistina), fatiscente dopo la lunga assenza della curia pontificia da Roma. L’architetto fu costretto a darle l’aspetto di un fortilizio: per difenderla dalla violenza del popolo e dei baroni romani, che durante l’ultimo Conclave avevano aggredito l’assemblea dei cardinali con mazze e scope gridando: «Lo volemo romano!» Il papa, s’intende. Solo con un romano, secondo loro, non si sarebbe corso il rischio di un nuovo spostamento di sede.

Quando non è la storia, a mettere i “paletti” alla libertà creativa ci pensa il committente. Papa Giulio II della Rovere chiamò Michelangelo ad affrescare la volta della Cappella Sistina (ristrutturata da Sisto IV), ma non gli venne neanche in mente di lasciar libero il suo artista preferito nella scelta del soggetto: i temi li decise lui insieme al cardinal Egidio da Viterbo, umanista di profonda cultura. Fedele al suo motto – «Sono gli uomini che devono essere trasformati dalla religione e non la religione dagli uomini» – Egidio creò un vero e proprio progetto teologico che metteva insieme in un’unica comunicazione visiva la tradizione pagana, ebraica e cristiana.

All’interno di questo confine invalicabile, certo, fu poi il genio di Michelangelo a inventare un modo di fare arte figurativa radicalmente diverso da quello degli artisti che solo un secolo prima avevano dipinto le scene della base della Cappella. Se poi scendiamo dalle vertiginose altezze della grande arte ai piani bassi della creatività televisiva, i “paletti” diventano addirittura delle gabbie. Un “pitch”, cioè un’idea di programma tv, “passa” se si può riassumere al produttore in un minuto e mezzo; la massima parte dei programmi di talk e intrattenimento devono restare fedeli a un format che la rete ha acquistato, pena la perdita dei diritti; anche la fiction nasce da un format che deve seguire nei dettagli le istruzioni della “bibbia” annessa, sia nella durata della puntata che nella struttura della scena, nel carattere dei personaggi, nella costruzione delle battute che, nel caso della sitcom, devono per contratto essere divertenti e servire a far avanzare la storia.

E allora? Può esistere una creatività libera? Sì, risponde il grande russo Pavel Florenskij. La vita della nostra anima ci dà il punto d’appoggio per conoscere il confine tra la vita del visibile e la vita nell’invisibile. C’è un tempo, breve e concentrato talvolta fino all’atomo di tempo, in cui i due mondi si toccano. Il velo dell’invisibile per un istante si squarcia ed ecco, soffia in noi un alito che non è di quaggiù: questo e l’altro mondo si aprono l’uno all’altro. La nostra vita è come sollevata da un fiotto di aria calda e la creazione, libera perché divina, è possibile, persino all’interno dei rigidissimi “paletti” dell’arte dell’icona. Quell’atomo di istante creativo è la verità, dice Florenskij, segno dell’unica arte autentica: perché ispirata da Dio. Quella che preghiamo ogni giorno di ricevere, a brandelli, nel caos biblico della nostra vita interiore quotidiana. Perché la nostra povera vita venga trasformata in un’opera d’arte.


NP Aprile 2025
Flaminia Morandi

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