Lebron, una storia americana

Pubblicato il 04-07-2016

di gianni

di Gianni Giletti - Per me che sono appassionato di basket americano, mi colpiscono, oltre che le gesta sportive, le vite e le vicende dei singoli giocatori.
Lebron James, quando scrivo, ha appena vinto il suo terzo titolo NBA – la lega professionistica del basket americano, considerata il migliore del mondo - in sette finali disputate, di cui sei consecutive.

Lebron1LeBron Raymone James nasce ad Akron, Ohio, nel 1984 e la sua infanzia si distingue per la precarietà.
Non ha mai conosciuto il padre, vive con la mamma che non ha una casa fissa e chiede ospitalità a chi capita, in perenni difficoltà economiche, finchè nel 1999 Lebron entra nella squadra di basket della scuola superiore e comincia a far sfracelli. L'anno dopo le sue partite sono seguite da una media di 16mila persone.

Nel 2003 entra direttamente in NBA come prima scelta, senza passare per il college, come quasi ogni professionista ha fatto, e viene scelto dalla squadra di Cleveland, la capitale del suo Stato di nascita, con il soprannome di The Choosen One, il Prescelto.

La squadra non è certo brillante, ma grazie a lui, in capo a quattro anni arriva alla sua prima finale NBA, nel 2007, dove perde davanti allo strapotere tecnico e tattico dei San Antonio Spurs.
Altre due stagioni dove il titolo non arriva e allora nel 2010 la grande decisione di tentare di mettere insieme uno squadrone.
In diretta televisiva, vista la concitazione dei media, Lebron comunica la sua decisione di andare a giocare a Miami con Duane Wade e Chris Bosh, formando un dream team che punta a vincere il titolo subito.

Le critiche sono feroci, i suoi ex-tifosi lo contestano violentemente, bruciano la sua maglia per le strade della città.
Viene messo all'indice da tutti, giocatori ed ex-giocatori, addetti ai lavori, giornalisti, tutti deprecano la scelta fatta da Lebron. Il presidente dei Cleveland Cavs ha parole di fuoco verso il suo ex.-leader e giura in diretta televisiva che mai e poi mai Lebron vestirà di nuovo la maglia che ha tradito.
 
Dopo un estate di veleni, tutti sono pronti, con i coltelli in mano, alla ripresa di ottobre, a vedere se davvero i Miami sono lo squadrone che vantano di essere, se davvero vinceranno il titolo al primo anno.  Lebron2
Non lo vincono, ma ci arrivano vicino, in finale, dove sono battuti, in una serie rocambolesca, dai Dallas Mavericks di Dirk Novitzki.

Altra estate di "fuoco mediatico", dove ogni show televisivo parlava del fallimento di Lebron, buon giocatore ma perdente, altro che Michael Jordan o qualche altro grande del passato.
Lui zitto, a lavorare.

Nei due anni successivi (2011 - 2013), improvvisa, la consacrazione.
Vince due titoli consecutivi con Miami, viene eletto MVP (miglior giocatore) in entrambi i casi, sia dell'intera stagione, che delle finali. La sua onnipotenza fisica e tecnica, unita alla capacità di far giocare la squadra, lo portano sull'olimpo del mondo NBA, zittendo buona parte dei gufi che lo volevano perdente.

Nel 2014 è di nuovo in finale con Miami, ma perde in una serie stratosferica dai nemici di sempre, San Antonio Spurs che, ancora piccati dalle finali perse in modo incredibile l'anno precedente, sfoderano una prestazione maiuscola, chiudendo un'era fantastica.

Leb3Nell'estate 2014, scoppia la bomba: Lebron torna a Cleveland, per vincere il titolo che una città intera - la sua d'adozione - aspetta da cinquant'anni e che mai è riuscita a vincere.
Cleveland è una delle città più brutte degli States, è soprannominata "the mistake on the lake", l'errore sul lago Erie. I suoi abitanti hanno un complesso di inferiorità - soprattutto sportiva - nei confronti delle altre città del Paese e un titolo di campioni nel basket lo sognano anche di notte.

Naturalmente, Lebron viene criticato anche stavolta, ma i tifosi dell'Ohio sembrano aver dimenticato tutto e lo riaccolgono a braccia aperte.
Inoltre, questa volta, chiede e ottiene di avere una squadra in cui ci siano delle altre superstar, come è successo a Miami. Arrivano Kyrie Irving, uno dei migliori play Nba, e Kevin Love, un lungo atipico, capace in area e nel tiro da tre.

Nello stesso anno però, nasce la stella di Stephen Curry ed dei suoi Warriors, che vincono la stagione regolare a mani basse e sono favoriti nella corsa al titolo. Arrivano in finale con i Cleveland, ma la squadra di Lebron è fortemente rimaneggiata per gli infortuni delle altre due stelle, Irving e Love.

Le finali sono da brivido: nonostante l'evidente inferiorità dei Cleveland, Lebron rischia di vincere, praticamente da solo, contro avversari molto più forti, sfoderando prestazioni esplosive - le finali, ricordiamo, sono al meglio delle sette partite - e mettendo paura allo squadrone dei Warriors, che alla fine però la spunteranno.

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E siamo a oggi: l'anno appena concluso è stato un'apoteosi per i Warriors di Curry, che hanno stracciato ogni record in stagione regolare, spianando tutti gli avversari con facilità irrisoria, giocando una pallacanestro diversa, nuova, chiamata "small ball", basata sul tiro da tre da distanze siderali e su tagli in area, improvvisi e letali, senza tanti ruoli fissi.
Dopo una semifinale al cardiopalmo con gli Oklahoma Thunder di Durant e Westbrook, i Warriors piombano in finale, convinti di stracciare la squadra di Lebron.

Praticamente nessuno concede i favori del pronostico ai Cleveland, anche se quest'anno sono al completo, e le prime due partite sembrano confermarlo.
Quando si arriva sul 3 a 1 per i Warriors, la serie sembra finita: delle tre partite rimanenti, di cui due in casa, nella caldissima Oracle Arena, a Curry e compagni basta vincerne una per portare a casa il secondo titolo consecutivo e consegnare la loro leggenda alla storia.
Nessuno in una finale NBA ha mai ribaltato il risultato da 3 a 1 a 4 a 3.

Leb5E invece l'imprevedibile accade. Con una prestazione di rara intensità,  unendo agonismo e tecnica, Lebron e compagni ribaltano il pronostico e vanno a vincere in casa degli avversari ben due volte, portando a casa il titolo sospirato da una città intera.

Dal punto di vista tecnico, Lebron è un giocatore con un gran fisico, non altissimo (2,03), ma potente, capace di giocare in tutti i ruoli del basket, dal play al centro, con una capacità e voglia di miglioramento spasmodiche. Negli anni ha acquisito una tecnica sopraffina, ha migliorato il tiro, ha imparato a giocare per la squadra e le sue statistiche lo confermano: non solo punti, ma anche assist (passaggi) e rimbalzi in continuo aumento, stagione dopo stagione.

Un giocatore completo, degno di stare all'altezza dei grandissimi che l'anno preceduto e un uomo che mi è sempre piaciuto per lo stile raramente sopra le righe fuori e dentro il campo. Sposato con tre figli - l'ultima ha due anni - la moglie che è la fidanzata di quando erano al liceo, è a capo di una "squadra" di fondazioni benefiche che portano il suo nome e distribuiscono i soldi di uno degli sportivi più pagati del mondo ai piu' poveri.

Non mi ricordo di averlo mai visto in gossip torbidi o violenti, mi ha colpito la sua forza di fronte al mondo intero che prima lo osannava, poi lo ha distrutto, e poi di nuovo lo ha osannato e così via, come per ogni personaggio pubblico.
Lui non ha certo un carattere morbido - essere chiamato il Prescelto da quando hai 18 anni non ti aiuta molto a crescere - ma mette tutta la sua grinta a servizio della squadra, oltre a tirare fuori dal cilindro giocate stratosferiche, quando i compagni sono in panne.Leb6

Adesso lo chiamano King James, ma mi viene da pensarlo a quando era un povero bambino troppo cresciuto, la tragedia di crescere senza padre, lo penso quando ha ricevuto i suoi primi milioni di dollari ed era ancora un ragazzo, quando una nazione intera gli si è scagliata contro, la smorfia di incredulità e sorpresa di quando ha stretto la coppa del primo titolo, il pianto liberatorio dell'altra sera, accasciato sul parquet dell'Oracle Arena, la dolcezza durante le premiazioni, quando la figlia piccola gli ha detto stanca:"Papà andiamo ?" e lui le ha risposto: "Tranquilla, piccola, qui ho quasi finito".

Una vera grande saga americana.

 

Gianni Giletti.

 

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