Le tende di Reynosa

Pubblicato il 15-04-2022

di Lucia Capuzzi

È il codice magico. Una sorta di assicurazione antisequestro. Tutti i migranti del campo improvvisato sulla Plaza de la Republica di Reynosa, a pochi passi da Hidalgo, negli Usa, ce l'hanno. L'hanno ricevuto dal “coyote” – trafficante di esseri umani – al momento del pagamento: cinque, nove o anche ventimila dollari per raggiungere gli Stati Uniti.
Con istruzioni precise: impararne a memoria la sequenza e ripeterla quando si viene intercettati da un gruppo criminale nel percorso verso Nord. Significa che si è già pagato il pedaggio alle organizzazioni criminali che controllano il territorio messicano. O, meglio, che il “coyote” lo ha fatto per loro. È l'unico modo di “lavorare” in terra di narcos.

I sequestri dei migranti sono continui. «Ci hanno preso a Monterrey, a Gustavo Ordaz... Ma è soprattutto qui che occorre il codice. Chissà se funziona ancora». “Qui” significa il confine, l'ultima tappa del periplo, la più lunga da quando, prima il programma Remain in Mexico di Donald Trump e poi la pandemia, l'hanno blindato anche per i richiedenti asilo. Trasformandolo in un imbuto lungo 3.300 chilometri. Lungi dal ridurre il flusso, le ultime misure di contenimento l'hanno reso più caotico e crudele.

Dentro le città a ridosso del Rio Bravo – da Tijuana a Nuevo Laredo – nascono enclave anarchiche popolate da chi aspetta, spesso invano, il momento propizio per presentare istanza di rifugio. Come Claudia, accampata dal 15 agosto nella piazza di Reynosa, insieme ad altri 2.700 aspiranti profughi provenienti da Honduras, Guatemala, El Salvador, ma anche Haiti e Cuba.
Un labirinto di tende e coperte ammassate le une sulle altre, con sedici bagni e dodici docce in totale, dove i profughi trascorrono il tempo cercando di sopravvivere. Sotto l'occhio vigile de La Maña, come tutti chiamano il cartello del Golfo, la mafia che controlla una città di 700mila abitanti. E gestisce l'industria dei sequestri, in piena espansione. Impossibile avere delle cifre.

Ma è sufficiente parlare con i profughi per toccare con mano la paura. O vedere i bambini giocare "al rapitore e al sequestrato”. «Ho visto portare via due ragazzi, la notte. Per cosa? Chiedono il riscatto a parenti e amici negli Usa. Se non paghi vieni rivenduto nel mercato del sesso, degli organi, del lavoro schiavo. Per questo non dormivo mai, avevo paura prendessero mia figlia», racconta invece Belgis, venuta dall'honduregna San Lorenzo insieme al marito e alla bimba di 7 anni. La Maña e la sua rete di spie – in primo luogo i taxisti – non mollano la presa sul “bottino umano”.

La concentrazione fisica dei migranti nella piazza fa comodo ai narcos perché favorisce la caccia. Non sorprende, dunque, che sia stato proprio il cartello del Golfo – come confermano fonti ben informate – a regalare le prime tende, la scorsa primavera, con cui è stato creato l'accampamento.
Fino ad allora, era Matamoros – distante 90 chilometri e sempre sotto il controllo de La Maña – l'epicentro del flusso. Appena entrato alla Casa Bianca, però, Joe Biden ha sospeso Remain in Mexico, il piano che costringeva i richiedenti asilo negli Usa ad aspettare la decisione dei giudici in territorio messicano.
Dopo due anni di limbo, in 70mila sono stati trasferiti oltreconfine, inclusi i tremila abitanti del maxi-campo di Matamoros, simbolo della tolleranza zero trumpiana.
Svuotata una tendopoli, però, ne è spuntata subito un'altra. Perché, retorica a parte, la frontiera non ha mai riaperto per i profughi venuti dal Sud, ferito dalla violenza, dal cambiamento climatico e dall'instabilità politica.

Il democratico Biden ha lasciato in vigore il controverso Titolo 42 emanato dal predecessore: in tempo di Covid è consentita l'espulsione express – meno di 15 minuti – di chi bussa ai posti di controllo per fare domanda di rifugio. La gran parte viene “risputata” a Reynosa. Gli altri – turisti, imprenditori, professionisti – possono passare. I più giovani e forti scelgono la migrazione irregolare per il deserto.
Nella piazza si accumulano donne e bimbi, rispettivamente il 60 e il 40 per cento del totale. Ufficialmente, per volere di Biden, ai minori è consentita l'entrata in deroga al Titolo 42. Le famiglie di profughi, così, si autoseparano.

Ora la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente: il 2 dicembre, un giudice del Missouri ha costretto Biden a ripristinare Remain in Mexico. I richiedenti asilo già negli Usa iniziano a essere spediti oltreconfine. Non a Reynosa, però. Almeno non ancora.
L'accampamento, comunque, continua a dilatarsi. Nell'indifferenza delle autorità, di entrambi i lati del confine.


Lucia Capuzzi
NP gennaio 2022

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