Le sedie sdraio del Titanic
Pubblicato il 09-01-2025
Ci sono espressioni su cui merita fermarsi per andare oltre. Perché la parola che va a segno è sempre un messaggio che lascia, appunto, il segno! In una stagione in cui le parole si sprecano, ma in cui di parole profetiche c’è un immenso bisogno, ancorché possano spiazzare.
Per i nostri tempi complessi, in cui i credenti debbono spesso ritrovare un percorso, ecco due battute per nulla banali, anzi che interpellano senza sconti. E che chiedono dei passi in avanti, evitando di mimetizzarsi dietro meline varie.
«Aprirsi a nuovi modi di essere la casa di Dio dove c’è posto per tutti. Altrimenti, come diciamo in Inghilterra, non faremo altro che ridisporre le sedie a sdraio sul Titanic» è quanto tra il resto ha detto in Sinodo Timothy Radcliffe, religioso domenicano, chiamato a suggerire spunti di spiritualità ai padri sinodali in assemblea il mese scorso a Roma. L’invito era a misurarsi con tutte le domande che oggi salgono a diverse latitudini, magari anche scomode. Una sorta di libro aperto in cui abbozzare risposte, affidarsi al coraggio a alla parresia (franchezza) di cui parlano gli Atti degli apostoli. Perché l’umanità attende questa trasparenza evangelica, senza lacerarsi nella sincerità e senza scansare i nodi cruciali e pure intricati. Altrimenti si finisce come il Titanic che affonda, con le sedie a sdraio sulla tolda, cioè con un rinvio a chissà quando, mentre poi si precipita giù, senza scampo.
Questa idea delle sedie a sdraio sul Titanic è intrigante su tanti fronti. Basta pensarci un attimo. Appisolarsi sulla sdraio mentre si sprofonda è ritrovarsi nel disastro, un po’ all’insaputa.
L’altra parola che sa di scossone incisivo viene da papa Francesco. «Prego per te affinché il titolo di “servo” (diacono) offuschi sempre più quello di “eminenza”», ha scritto Bergoglio ai neo-cardinali per un augurio a un impegno. Perché si aprano su logiche evangeliche senza sconti, al di là di tutto quanto può luccicare. Spiegandosi ancora meglio col citare quanto aggiungeva il poeta argentino Francisco Luis Bernàrdez parlando di san Giovanni della Croce: «Occhi alti, mani giunte, piedi nudi».
Insomma, un ribaltamento rispetto all’aria che tira, per farsi significativi nelle dinamiche odierne, su cui essere avvertiti al massimo, andando controcorrente. Con lo sguardo che veda più lontano a in profondità. Con la preghiera nel cuore che impedisca confusioni a appiattimenti od omologazioni.
Con i piedi che affrontano terreni impervi dell’ora presente da non rifuggire ma da assumere sempre, perché lì c’è l’umanità vera che soffre, arranca, fa fatica. Parole che valgono a tutto campo. Parole da metabolizzare. Parole mai perse.
Corrado Avagnina
NP novembre 2024