Laboratori di Pace

Pubblicato il 10-01-2022

di Chiara Genisio

Mettersi al servizio della pace dentro le mura del carcere. Lo hanno vissuto in concreto una trentina di detenuti della Casa Circondariale di Vercelli. Nonostante la pandemia e le ristrettezze imposte per difendersi dal Covid, uomini di diverse culture e religioni, da ottobre a luglio scorso, si sono confrontati sul tema della pace, che non è solo assenza di guerra, attraverso un interessante progetto promosso dalla Comunità di Sant'Egidio. Dibattiti e scambi di idee tra detenuti-studenti ed educatori. Un "taglio" scelto per approfondire e valutare l'attuale momento di crisi, perché anche il carcere è un luogo privilegiato per fornire gli strumenti necessari per l'educazione alla pace.

L'iniziativa di formazione è stata sostenuta con convinzione, segno di quanto le persone possono e fanno la differenza nel dare alla reclusione il valore della nostra Costituzione, dalla direttrice dell'istituto Antonella Giordano, dalla vice comandante della polizia penitenziaria Giuseppina Gambino e dalla responsabile dell'area educativa-trattamentale Valeria Climaco.

L'obiettivo del corso era quello di dare vita ad "un'educazione creativa". Giorno dopo giorno gli "alunni" hanno sviluppato una coscienza in grado di trasformare l'aggressività in una ragionevole operatività. «I detenuti di diverse nazionalità si sono confrontati sulla guerra, la violenza e il razzismo nel mondo attuale e hanno espresso il loro sincero desiderio di pace, un bene necessario a tutti come l'aria che si respira», ha spiegato all'Osservatore Romano Paolo Lizzi, volontario della comunità di Sant'Egidio e referente del progetto.

Nei laboratori sono state presentate esperienze di pace, i partecipanti hanno sperimentato come la pace attraversa tutte le religioni. Al termine di ogni lezione c'era uno spazio per la preghiera – a cui ciascuno ha aderito secondo il proprio credo – per tutti i Paesi e le aree del mondo ferite dalla violenza. «Alcuni detenuti – ha rivelato il volontario della comunità Sant'Egidio – hanno ammesso che non è facile vivere con un cuore pacificato perché prevalgono a volte sentimenti di inimicizia, rancore, vendetta, odio. Ma questi sentimenti non aiutano né a crescere né a essere migliori».

Durante i laboratori di pace i detenuti hanno scoperto di poter fare molto per costruirla attraverso la preghiera, la cultura e l'informazione. Come con gesti quotidiani di solidarietà, umanità, dialogo che sono alla portata di tutti. Anche in carcere è possibile mettersi al servizio della pace. «Così facendo – ha concluso Lizzi – si aprono i cieli chiusi e si comincia a gustare il sapore della libertà».

Chiara Genesio

NP Ottobre 2021

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok