La tana

Pubblicato il 25-10-2021

di Marco Grossetti

Alessandro ed Enzo sono tornati all'Arsenale della Pace dopo più di quattrocento giorni. Il loro viaggio lungo, lunghissimo senza uscire praticamente mai dalle quattro mura di casa, è stato disturbato solo da una piccola, inevitabile quanto fastidiosa deviazione verso scuola: hanno detto le maestre che bisognava proprio andarci per forza, si chiama scuola dell'obbligo e non andarci era peggio che prendere il virus, il disturbo rischiava di diventare ancora più grande e poteva addirittura arrivare qualcuno a decidere che tu quelle quattro mura non le vedevi più. Sono entrati facendo attenzione a mantenere la distanza e le distanze, gli occhi rivolti verso terra che incrociavano per sbaglio altri occhi e poi tornavano giù a guardare in basso come in una danza che raccontava la loro vita stravolta, così all'improvviso, dalla paura di un pericolo per cui chiudersi dentro casa era ed è l'unica salvezza: giro giro tondo, casca il mondo, casca la terra, tutti giù per terra.

Si sono fermati nell'impaccio come qualcuno che non si ricorda più la strada, imbarazzati davanti ad un possibile abbraccio come chi non sa più cosa è giusto e cosa o sbagliato, cosa è bello o cosa è brutto, cosa è bene o cosa è male. Finalmente liberi dopo una lunga prigionia, si sono guardati attorno confusi, quasi sentendo nostalgia delle quattro mura in cui erano confinati e del tempo indefinito dove si erano smarriti e dove nessuno poteva turbare il loro viaggio: tablet, televisione, cellulare, tablet, televisione, cellulare, ogni giorno all'infinito sino a perdersi in un'altra dimensione, dove tutto era diventato relativo e accumulavi rabbia per ogni batteria scarica che ti costringeva forzatamente ad una pausa di cui tu non sentivi la necessità.

I bisogni primari diventano secondari, quando anche mangiare e dormire viene dopo e di molto, alla promessa di felicità ed evasione a portata di touch a cui hai avuto magicamente accesso. Il giorno o la notte, il pranzo o la cena, l'inverno o l'estate, il vestito della festa o quello di tutti i giorni. Ma le altre persone, esistono ancora? E esistiamo ancora noi? O siamo diventati ombre di cui nessuno capisce la lingua e riconosce l'esistenza? Distrazione che diventa terapia e medicina per non sentire il dolore, non conoscerlo più, lasciarlo andare come qualcosa che prima era tuo e ora non ti appartiene, non lo conosci, non ti disturba, non ti tocca. Sei tu a toccare ininterrottamente uno schermo dove persone e cose sono più vere e più belle di quelle reali.

Questi bambini rimarranno chiusi per sempre dentro una prigione o riusciranno a uscire dal rifugio in cui hanno vissuto per più di un anno sotto la ferma raccomandazione di mamma e papà, sino a convincersi di non avere bisogno di nessuno? Rischiano di fare la fine del protagonista di un racconto di Kafka, "La tana": un animale, che scava una fortezza sotto terra per stare al sicuro, luogo di presunta ed illusoria tranquillità, perché nella sua immaginazione, la preoccupazione e la paura per il pericolo imminente di un attacco, un assedio, un agguato di un nemico immaginario, turbano sempre e per sempre la pace e la quiete del povero malcapitato, autocondannatosi ininterrottamente ai lavori forzati per la costruzione di gallerie, uscite di emergenza, cunicoli, roccaforti, riserve per le provviste, nascondigli per fuggire alla minaccia che lo costringe ad una perenne allerta, ad un'eterna infelicità, ad una assoluta solitudine.

Chiuderci è una delle possibilità che abbiamo per difenderci dal male da cui ci sentiamo sopraffatti. Un'altra è spegnerci.

Come stanno facendo in Svezia da anni centinaia di bimbi originari della Siria, dei Balcani o di aree dell'ex Unione Sovietica. È stata definita "sindrome della rassegnazione", scappano con le loro famiglie dalla violenza della guerra o del regime autoritario che ha privato la loro vita di tutto. Rimangono in attesa per mesi di una risposta alla richiesta del permesso di soggiorno che gli garantirebbe una nuova vita. Bambini e ragazzi che non reggono l'ansia e l'incertezza di un possibile rifiuto o lo hanno appena ricevuto e cadono in uno stato di torpore profondissimo, incapaci di rispondere a qualsiasi stimolo, di bere e di mangiare, incontinenti, completamente passivi ed immobili. Nel pieno della loro vita, sono allettati in uno stato vegetativo, nutriti meccanicamente da un sondino, con mamma e papà che ogni giorno li muovono per assicurarsi che siano ancora in vita. Ridotti come la Bella Addormentata, aspettano il bacio di un Principe Azzurro che li conforti e li assicuri come non sono riusciti a fare i loro genitori pieni di spavento per tutta la cattiveria che hanno subito. La promessa che c'è posto anche per loro, il mondo non è un posto così brutto e abitato da gente tanto cattiva da doversi chiudere in una tana.

Marco Grossetti

NP Giugno/Luglio 2021

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