La solitudine
Pubblicato il 03-12-2024
La speranza, a volte, passa per i più anziani. Passa attraverso quelli che la loro vita l’hanno vissuta, che ne hanno viste tante e tante ne potrebbero raccontare, e che ora hanno sempre un futuro davanti, ma ormai oggettivamente non troppo lungo. La speranza passa anche per le parole e i gesti di chi, ormai anziano, continua a rappresentare una risorsa per i propri familiari e i propri amici, a cui si offre aiuto e sostegno. Molto spesso ricambiato.
In una società sempre più anziana come quella italiana, la condizione di vita degli over 65 è diventata uno degli indicatori che maggiormente pesano nel quadro complessivo dello stato di salute del Paese. C’è una consapevolezza diffusa del ruolo degli anziani e delle ovvie differenze che mediamente accompagnano la condizione di chi è uscito da poco (o da qualche anno) dal mondo del lavoro (65-75 anni) e di chi invece si avvicina o ha già superato (e talvolta di molto) la soglia psicologica degli 80 anni. È risaputo quanto gli anziani nonni possano essere “una mano santa” per i propri figli e nipoti, vale a dire non solo un aiuto valido e utilissimo nei frenetici ritmi quotidiani, ma un vero e proprio pilastro di welfare familiare e sociale, peraltro completamente gratuito. Il report Passi d’Argento dell’Istituto Superiore di Sanità evidenzia come oltre un anziano su quattro sia una risorsa per i propri familiari o per la collettività, e, ciò nonostante, il fatto che la frequentazione di luoghi di aggregazione come parrocchie o centri anziani sia in calo significativo: si è passati dal 29% del 2018/19 al 25% del 2022/23.
In effetti, secondo quanto ci riportano tutte le principali indagini su questo universo di popolazione, il vero e grande nemico di chi ha più di 65 anni si chiama solitudine: è l’assenza di reti e relazioni che espone al rischio di isolamento sociale, e viceversa è la presenza di reti e relazioni a dimostrarsi essenziale per il benessere di questa comunità.
L’Istituto Superiore di Sanità evidenzia come negli ultimi anni si stia osservando una lenta ma costante riduzione della quota di persone a rischio di isolamento sociale: esso si attestava al 20% degli ultrasessantacinquenni nel 2016/17 per scendere al 17% nel 2018/19, al 16% nel 2020/21, al 15% nel biennio 2022/23. Un calo che la pandemia sembra aver rallentato ma non bloccato del tutto.
Interessante poi che la condizione di isolamento sociale non mostri significative differenze di genere e sia più frequente fra gli ultra-ottantacinquenni (32% rispetto al 10% fra i 65-74enni), tra chi ha un basso livello di istruzione (24% rispetto al 10% fra persone più istruite), fra chi ha maggiori difficoltà economiche (27% rispetto all’11% fra chi non ne ha) e fra i residenti nelle regioni meridionali (20% rispetto il 13% nel Centro e 10% nel Nord). «È necessario – sintetizza il presidente dell’ISS – spezzare il cerchio di solitudine che si stringe intorno agli anziani perché questa condizione psicologica influisce in modo significativo sulla qualità della loro vita e della loro salute».
Stefano Caredda
NP ottobre 2024